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ACCIUGHE E CARCIOFI IN FRICASSEA PER IL CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO

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E te pareva che non ci provassi con le acciughe!!!
E' una vecchia ricetta  ripescata dalla raccolta Un'Acciuga al Giorno dove avevo l'impellenza di inventarne di tutti i colori con le acciughe per riempire le 365 giornate dell'anno + 1 per il bisestile naturalmente!! Ora che ci penso, avrei anche potuto chiamare la raccolta: Il Calendario delle Acciughe.
Sono dunque in sintonia con Il Calendario del Cibo Italiano che oggi dedica una giornata alla fricassea.
La fricassea è sicuramente più usuale con le carni. Per sviluppare la mia idea ero andata dritta a rileggermi  un intoccabile per questi piatti classici: PELLEGRINO ARTUSI, e poi al solito, elaboro a modo mio, anche perché bisogna adattarla ad una cottura breve per le acciughe. Decido di "rendere più grata la fricassea" e, anziché con i funghi, come indica l' Artusi, opto per i carciofi. A questo punto,  ho tutti gli ingredienti, parto con la preparazione, sperando che l'Artusi non si rivolti nella tomba o venga a visitare i miei sogni notturni trasformandoli in incubi!!

Per 2 persone:

20 acciughe fresche pulite e diliscate
2 carciofi morelli toscani
1/2 carota, 1 gambo di sedano, 1/2 cipolla rossa piccola
qualche foglia di basilico
2 uova, succo di 1/2 limone
olio evo, farina, sale e pepe qb

Faccio un battuto di sedano carota e cipolla e faccio rosolare in olio evo con qualche foglia di basilico che poi toglierò "perché potrebbe far bruttura nella fricassea" come sostiene Artusi. Butto i carciofi tagliati finemente, lascio tostare e insaporire poi bagno con un cucchiaio d'acqua e faccio stufare a padella coperta per 3-4 minuti fino a totale assorbimento dell'acqua, dopodichè aggiungo anche le acciughe precedentemente infarinate, salto a fuoco vivace, senza rimestare, solo scuotendo la padella, allungo con un cucchiaio d'acqua e porto a fine cottura per altri 3-4 minuti. Gran finale, secondo le istruzioni artusiane : "quando siete per mandarla in tavola, ritirare la cazzaruola dal fuoco e versateci sopra poco per volta, mescolando, i rossi d'uovo frullati con l'agro del limone" e così ho fatto, sbagliando però perché distrattamente ho buttato le uova intere ma mi sembra che fosse stra-buona lo stesso!!! Si è formata una cremina perfetta, voluttuosa  e agra nel contempo, che  si accompagnava meravigliosamente sia ai carciofi che alle acciughe sostenute dal battuto di sedano carote e cipolle che occhieggiano infatti dalla fricassea.

Una vera delizia. E ancora una volta le mie piccole acciughe si prestano a preparazioni inconsuete e impensabili, non sono fantastiche?



IL MERLO AL LIDO

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Il mare d'inverno ha un fascino particolare, anche in quelle giornate bigie dall'aria greve  che preannunciano "buriana" di scirocco.
Il litorale è semi deserto, negli stabilimenti balneari tutto è chiuso e impacchettato,  spuntano qua e là  scheletri di gazebo, rimanenze di sedie e sdraio.


Una rete di protezione  dal vento vela la vista del mare ma se ne avverte il gorgoglio sulla battigia.
Il suono giunge ovattato e infonde profonda quiete.
Dove d'estate è frastuono, colore  e caos, ora regnano i colori soffusi e  la pace come la tregua dopo la battaglia.

Il riposo del guerriero

Ed è stato proprio in un momento simile di tregua invernale che siamo andati, mio marito ed io, a trovare una vecchia conoscenza, lo chef Angelo Torcigliani,  nella  nuova sede del suo ristorante Il Merlo, a  Lido di Camaiore, all'interno di uno dei grandi stabilimenti storici della Versilia, l'Ariston Mare.

Estimatori del Merlo già da alcuni anni, non ci eravamo persi l'inaugurazione l'8 marzo, in una serata colpita da un vero diluvio che però  non aveva impedito un'incredibile affluenza di centinaia e centinaia  di persone, tutte ansiose di vedere il "nuovo" Merlo.
In seguito siamo tornati una sera a cena a fine settembre e ci siamo gustati la confortevole e solida cucina di Angelo, superbamente declinata tra terra e mare, perfettamente a suo agio nella sua nuova dimora.
Il contesto è molto curato, la sala è splendida  e piano piano si dissolve l'istantaneo sentimento di nostalgia che si prova  per il vecchio Merlo.  Il precedente ristorante enoteca di Camaiore dall'atmosfera intima e speciale, di cui avevo già scritto in un mio precedente articolo, attiguo alla rinomata gastronomia di famiglia,  che prende il nome dal padre, Claudio, si era sviluppato  a piccoli passi, prima per pochi coperti, nel locale dove si tenevano i vini in esposizione e poi in una seconda sala, ricavata da un vecchio magazzino, aggiunta per far fronte alle numerose  richieste fino all'apertura del cortile per le sere estive.
Ma il livello della cucina di Angelo e del servizio curato da  Marco Lemmetti, l'impeccabile maître di sala e sommelier, continuava a salire e a far parlare del Merlo al punto che la sede di Camaiore incominciava a diventare stretta ma soprattutto Angelo e sua moglie Annalisa che lo aiuta in cucina, desideravano mettersi alla prova e tentare un ulteriore salto di qualità.

Annalisa e Angelo

Il salto è avvenuto con l'acquisizione del ristorante inserito nell'immenso ed elegante stabilimento balneare versiliese Ariston.
Frutto di una sapiente ristrutturazione ad opera di Limusé di Gianni Francesconi, amico della coppia che già aveva firmato il precedente locale camaiorese, Il Merlo si presenta oggi con un ingresso importante, fornito di comodi salotti esterni ed interni, contornati da siepi curate e  aree verdi con palme e alberi di limoni, una spaziosa anticamera per gli ospiti con il bel bancone bar e un'ampia,  luminosa ed elegante  sala, dove le pareti sono costituite, per tre quarti da vetrate che offrono una bella vista sulla spiaggia e sul mare, arredata con grande gusto e personalità come quella che contraddistingue la cucina di Angelo e che riflette la sua evoluzione.


Il Merlo zampettando e saltellando è dunque arrivato fino al mare ma non pensiate di scorgere le piccole impronte delle sue esili zampette sulla spiaggia, piuttosto è la zampata di Angelo che si impone decisa e solida e si conferma con piatti eleganti ma di sostanza e di appagante  piacevolezza.
Scorgendo il variegato e ben congegnato menu con proposte che spaziano a 360° tra pesci, crostacei, molluschi, carni e cacciagione, verdure di stagione e prelibati annessi e connessi come funghi e tartufi, si evidenzia lo stile del "cuciniere", che non smentisce le sue radici emiliane quando si esprime in eccellenti e imperdibili paste fresche soprattutto ripiene, anche di pesce,  o si affida alla grande tradizione toscana di terra e di mare, interpretando il pescato con rispetto e maestria o  facendo capolavori con cinte senesi e pennuti nobili ma strizza  l'occhio anche alla blasonata cultura gastronomica d'oltralpe e  piemontese di cui è grande cultore, inclusi i vini che compongono la  sua leggendaria enoteca.


Si parte sgranocchiando dei lunghi grissini friabilissimi e croccanti, una bruschetta irrorata con un intenso e fragrante olio novo lucchese, cultivar Leccio del Corno, una focaccia appena sfornata e squisite olive condite con olio, erbe aromatiche e scorze d'arancia e scatta il primo brindisi con  una bollicina toscana di tutto rispetto: Montellori Pas Dosé, che avrebbe poi accompagnato l'intero pasto


Per la goduria del consorte arrivano degli invitanti  scampi avvolti in pasta brick e fritti, leggeri come nuvole, accompagnati da una crema di carciofi e carciofi croccanti, perché  non è un fan del crudo, ma poi non resiste e  ruba qualche scampo, gambero rosa e cicala dallo stupendo piatto di crudité di mare che include anche mazzancolle, ombrina, gallinella, triglia e seppie, con lattuga di mare fritta, un tocco di salsa di soia e ottimo extravergine e con  l'elegante acidità e vivace colore dei lamponi  è un piacere per gli occhi oltre che per il palato e si aggiunge alla mia sontuosa e gustosa tartare di ricciola con insalata di finocchi e julienne di seppie appena scottate!




A seguire, Angelo ci propone un piatto davvero divertente e indovinato: il calamaro alla carbonara. Calamaro di Capraia cotto alla perfezione e dal gusto intenso, accompagnato da una cremosa salsa alla carbonara, una sorta di zabaione salato e briciole di guanciale croccante dove la dolcezza e la sapidità sia suina  che salmastra si intrecciano e danzano in perfetto equilibrio con le note dolci di calamaro e salsa e la freschezza delle erbe aromatiche abbinate. Da Ola e  da bis!!

Sedendo ad  un tavolo accanto alle vetrate, mi sono divertita a scattare un po' in controluce e l'effetto non mi dispiace affatto, con le sue ombre naturali..


Un suo cavallo di battaglia, già apprezzato in altre occasioni e che riassaggiamo volentieri, per non dire divoriamo che non sta bene,  è l'uovo fritto al parmigiano con insalatina e tartufo bianco. Un'irrinunciabile ghiottoneria dalla tecnica impeccabile.

E finalmente arrivano i raviolini all'astice con la sua bisque che ero riuscita ad immortalare mentre Angelo li stava chiudendo quando,  con un tempismo perfetto, appena arrivata al ristorante, mi ero fiondata subito in cucina perché mi avevano detto che stava facendo i ravioli. Non potevo assolutamente perdermeli!

Una sfoglia che  è meglio non chiedere quanti tuorli ci sono dentro ma il colore giallo intenso ne fa presumere tanti. La generosità emiliana... ne so qualcosa, ho il parmigiano nel mio dna per parte di mamma!

Definirli intensi è riduttivo. Spettacolare anche la presentazione con questa grande ciotola scura che fa risaltare l'arancione dei raviolini. A parte sfoglia e ripieni perfetti, che non sono così scontati ma Angelo gioca in casa, immagino che li vedesse fare dalla mamma ancora in fasce e li potrebbe fare ad occhi chiusi, la bisque è il capolavoro assoluto, concentratissima e con un gusto raffinato esaltato da note fresche e aromatiche che ricordano l'anice (che va a nozze coi crostacei). "E' sfumata con il pastis",   mi rivela il cuciniere con gli occhi che brillano di soddisfazione per  l'apprezzamento. Et rien ne va plus..Amen!

Meravigliosi anche gli spaghetti "il meglio del Tirreno" con una generosa mantecatura in un ricco ragù in bianco di frutti di mare e una cottura al dente precisa, che confermano a pieno titolo la definizione riportata in carta. Non c'è altro da aggiungere se non: chapeau!


A questo punto Angelo ci avrebbe voluto far assaggiare un secondo piatto ma noi, scusandoci,  diamo forfait e lui ride perché "non mangiamo nulla"!! Questo è il bello della cucina di Angelo, che riflette il suo gusto godereccio e le porzioni le fa a sua misura, quindi sono generose seppur ben calibrate.
Ci ripromettiamo di tornare e di dedicarci ai suoi grandi piatti di carne e selvaggina!

Non rinunciamo però al dessert. E anche qui si nota l'impronta personale. Un ghiotto fa dolci ghiotti, non si scappa. La sua carta dei dolci è veramente invitante e varia, dai dolci più complessi e ricchi come lo stupendo millefoglie con crema alla vaniglia e salsa al caffè, provato la volta scorsa  e quelli che abbiamo preso  in questa occasione, ovvero  la sua leggendaria cubana e il mont blanc,  ai più freschi e sobri come  la composizione di frutti rossi, meringhe, gelatina al moscato e yoghurt greco o il simpatico "corbello" di frutta fresca e contempla anche gelati e sorbetti di sua produzione naturalmente. Non ultimo, come dice il proverbio "la bocca l'è no stracca se non la sa de vacca",  si può chiudere con una selezione di formaggi italiani. Per accompagnare i dessert non mancano proposte interessanti di  vini dolci al bicchiere.

La cubana: un semifreddo super cremoso con mousse di cioccolato e crème brûlée al rum, accompagnata da un sorbetto al lampone. Mi viene ancora  l'acquolina in bocca mentre scrivo..


Elegante, delicato e originale nella presentazione  il mont blanc di "spaghetti" di marroni  in equilibrio su una base di meringa e panna montata con bocconcini di marroni, guarnito con violette candite, che non sono la mia passione ma qui ci stanno proprio bene e donano un tocco di grande classe.

E con un buon caffè si conclude il nostro pranzo, si fanno ancora un po' di foto al locale, mettendo in posa anche l'inossidabile maître Marco Lemmetti ed Elisa la ragazza di sala;  si saluta l'ultimo tavolo rimasto, due irriducibili che danno soddisfazione al cuciniere e  fanno il bis di millefoglie dopo essersi scolati una bottiglia a testa che noi a confronto, sembriamo malati!!


Infine si saluta anche Angelo e si chiacchiera ancora un po' con lui mentre ci fa fare il tour dello stabilimento balneare che è immenso, con un'enorme piscina che d'estate viene riempita con l'acqua di mare. Le eleganti cabine in muratura sono chiuse da grandi tapparelle protettive e sono inserite in una cornice  verde molto curata e coreografica.


Nel  piccolo spazio esterno del ristorante, scorgiamo il pentolone che Angelo  usa per le esibizioni o per gli eventi dove spadella chili di pasta davanti ai commensali e rammentiamo gli eventi a cui abbiamo assistito anche noi, come quello dello scorso anno nella jam session culinaria al Minerva Beach.


Tra un amarcord e una promessa di rivederci, ci congediamo che sono quasi le quattro pomeridiane, ringraziamo ancora Angelo per la gradevolissima esperienza,  salutiamo anche il simpatico soldatino di piombo all'ingresso, preludio delle decorazioni natalizie interne e andiamo a farci una passeggiata digestiva per le vie di Forte dei Marmi progettando già di tornare al più presto al Merlo e di godere ancora della sua confortevole, appagante cucina e atmosfera.

LUNGA VITA AL MERLO!!




CHI HA PAURA DELLA COLATURA?

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Lo scorso fine settimana si è svolta a Cetara la Festa della Colatura di Alici e con un gruppo di food blogger del Calendario del Cibo Italiano, invitati dall'organizzazione, ho visitato con grande piacere i luoghi di produzione di cui vi parlerò dettagliatamente nel mio post di domani quando tutti pubblicheremo i nostri resoconti del bellissimo blog tour e della gara gastronomica premio Ezio Falcone a cui abbiamo partecipato presentando le nostre preparazioni a base di colatura di alici. 
Il Calendario aveva dedicato una giornata alla Colatura di Alici di Cetara il 7 novembre  con approfondimenti storico culturali e tecnici ed un'intervista allo chef stellato Peppe Guida dell'Antica Osteria Nonna Rosa di Vico Equense, grande estimatore del prezioso liquido ambrato, che ci ha fornito alcuni consigli sul suo uso in cucina. 

Conosco la colatura e la uso da anni e su Poverimabelliebuoni ci sono molti esempi come condimento per la pasta, a rafforzare le acciughe fresche, le verdure, ad insaporire un crumble o una panatura ma anche nelle marinate agrodolci per il pesce e pure in versione perlage. E proprio le perle di colatura sono state lo spunto per elaborare il piatto che avrei portato a Cetara. Le avevo già usate in abbinamento ad un crudo di sugarello che farciva il  mezzo pacchero all'acqua pazza con mozzarella quasi in carrozza, che era arrivato in finale alla mia prima sfida con Le Strade della Mozzarella e il Pastificio dei Campi di Gragnano. 

Mi piaceva l'idea di rendere visibile la colatura che di solito non si vede ma si sente, e perle sarebbero state! Un amico mi suggerisce di provarle su una tartare di manzo anziché sul pesce. L'idea mi stuzzica e mi avrebbe facilitato  la vita nella gestione della materia prima per la gara di cui devo preoccuparmi, soprattutto il crudo di pesce. Opto per il tutto crudo così non ho l'ansia da padella, le perle posso prepararle a casa (l'organizzazione suggeriva di anticiparsi con le preparazioni per non congestionare la cucina) faccio la prova, mi rendo conto che le perle da sole non ce la fanno a reggere la carne, la condisco con qualche goccia di colatura e il gioco funziona! 
Colatura quindi a condire la carne cruda all'uso piemontese che prevede una salsa a base di acciughe salate, colatura per le puntarelle, puntarelle e acciughe, binomio romano assodato, stracciatella che pure con le acciughe va a nozze così come mozzarella e burrata e scendiamo al sud, scorza di limone grattugiata che non può mancare e polvere di foglie di limone che anche se non c'è non si accorge nessuno ma fa molto 2.0 per il tema della gara..

Purtroppo però non riesco a replicare il piatto al momento della gara, ero stanca, distratta o forse troppo sicura che non mi sono impegnata abbastanza.  Nel mio piatto la colatura non si sentiva a sufficienza. Eravamo stati tutti un po' parchi, forse impauriti dai consigli ricevuti di fare attenzione a dosarla con parsimonia perché se si esagera si rovina il piatto che alla fine ne abbiamo messa troppo poca come ci ha bonariamente redarguito la competentissima giuria. Ma non ho scuse, ho fatto altri errori, banali, da principiante, come sbagliare un calcio di rigore ma mi consolo perché può succedere di sbagliare un calcio di rigore, vero?   Avevo ben in mente cosa dovevo fare eppure non l'ho fatto o ho sottovalutato quei piccoli particolari che fanno la differenza: le perle si sono indurite nelle celle frigorifero del ristorante, forse le ho tolte troppo tardi, non ho scolato a sufficienza le puntarelle, le ho condite troppo, si sono ammosciate. Infine avevo emulsionato l'olio con la colatura per condire la carne, all'assaggio mi sembrava corretto  ma avendolo preparato con un certo anticipo, prima di usarlo non gli ho dato l'ultima rimescolata (avevo dimenticato il bibéron che è l'ideale per questo), la colatura è rimasta sul fondo, ho condito la carne solo con l'olio praticamente. 
Peccato perché a casa era venuto molto bene e alla gara ho fatto una pessima figura con chef e giornalisti in giuria che conoscevo come Peppe Guida, Barbara Guerra e Albert Sapere ma quanto ci siamo divertiti....

TARTARE DI MANZO, PERLE DI COLATURA, STRACCIATELLA E PUNTARELLE


Ingredienti per 6 persone: 

450 g di carne di manzo (scamone o filetto)
300 g di stracciatella di fior di latte
200 g di puntarelle al netto delle foglie

Per le perle :
Una tazza di olio di semi
40 ml di colatura di alici di Cetara
80 ml d’acqua
la punta di un cucchiaino di agar agar in polvere

1 limone d’Amalfi non trattato
10 foglie di limone non trattate
Olio extravergine d’oliva fruttato, poco amaro + colatura di alici qb (rapporto olio/colatura 3:1 perchè ci sono anche le perle, altrimenti 2:1)
Ghiaccio qb

Procedimento 
Pulire le puntarelle, ricavare delle striscioline con l’apposito attrezzo taglia puntarelle o tagliarle a julienne sottilissime e farle arricciare in acqua e ghiaccio per un paio d'ore. Infine, scolare bene.
Essiccare le foglie di limone nell’essiccatore o in forno a 50° C per 1 h ca e infine ridurre in polvere in un mixer.
Per leperle di colatura, mettere la tazza di olio di semi in freezer per almeno un’ora.  Sciogliere l’agar agar con l’acqua e la colatura, portare a bollore.  Aspirare il liquido ancora caldo con una piccola siringa, privata dell’ago e lasciar colare delle gocce nell’olio ghiacciato. Infine raccogliere le perle di gelatina formatesi, trasferirle in un colino e sciacquare bene per rimuovere l’olio, sotto acqua corrente.  Conservare in frigorifero. Togliere un'ora prima di utilizzarle.
Tagliare  la carne per la tartare in punta di coltello e formare delle piccole quenelles (22-25 g a quenelles, 3 a porzione)
Emulsionare 4-5 cucchiai di olio extravergine con 2 cucchiai  di colatura di alici, mettere in un bibéron da cucina. 
Disporre a piacere nel piatto alcuni mucchietti di stracciatella intervallati alle quenelle di carne. Agitare bene il bibéron prima dell'uso, irrorare la carne con l' emulsione d’olio e colatura e cospargere  carne e stracciatella con le perle di colatura di alici. Guarnire infine  con dei riccioli di puntarelle condite al momento con l'emulsione,  cospargere con un pizzico di scorza di limone grattugiata e un poco di polvere di foglie di limone. 



A domani con tutto il resto.......


POVERIMABELLIEBUONI ALLA FESTA DELLA COLATURA DI CETARA

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Cetara sta a Poverimabelliebuoni come La Mecca ai mussulmani!  Potete immaginare la mia felicità? Mi sentivo come Alice nel paese delle Alici (cit. l’amica Anna Laura), durante il blog tour del Calendario del Cibo Italiano a cui ho partecipato dal 1° al 3 dicembre, in occasione della  tradizionale festa  della  Colatura di Alici di Cetara,  il prezioso liquido ambrato, erede del garum romano, dal profumo e gusto penetrante di acciuga salata, che connota fortemente il  grazioso borgo di pescatori di origini saracene, arroccato sulle scogliere della costa d’Amalfi. 
La manifestazione, organizzata dal Comune di Cetara in collaborazione con gli Amici delle Alici, l’Associazione per la valorizzazione della colatura di alici di Cetara Dop e con il contributo della Regione Campania,  si svolge dal 2006,  ai primi di dicembre, per onorare la tradizione che prevede in questo periodo la spillatura della nuova colatura che andrà a condire le tipiche linguine o spaghetti di Natale.

Tutto era iniziato ai primi di ottobre mentre stavo preparando il testo per l’articolo del Calendario del Cibo Italiano per la  giornata nazionale della Colatura di Alici di Cetaradel 7 novembre.  Conosco la colatura e la uso da tempo ma ho verificato e aggiornato on line le mie nozioni e ho trovato pane per i miei denti sul sito Colatura di alici, dove ho scoperto anche la festa della colatura e ho pescato i contatti dell’associazione Amicidelle Alici che non potevano che diventare miei amici! Ed ecco che con l’assessore alla cultura del Comune di Cetara, Angela Speranza, abbiamo concordato una collaborazione con il nostro Calendario e un un gruppo di food blogger  composto da Cinzia Martellini Cortella, Cindystar blog,  Sabrina Gasparri, blog Les Madeleines di ProustAnna Laura Mattesini, Eatparade blog, Pasquale Alberico, I sapori del Mediterraneo e la sottoscritta,  è stato ospitato a Cetara, durante la manifestazione,  per un gustoso ed interessante approfondimento storico, culturale e culinario. Vedi  articolo riassuntivo su Il Calendario del Cibo Italiano
Accompagnati da  Angela, energica e infaticabile  coordinatrice della manifestazione, nonostante la gravidanza avanzata, abbiamo visitato alcune aziende che producono il saporito condimento:  IasaNettuno Prodotti Ittici Delfino, oltre ad Agrocetus, produttore di liquori ed altre specialità dolciarie a base di agrumi.   Nei “caveau” abbiamo potuto ammirare e odorare gli effluvi salmastri provenienti dai  terzigni, le tradizionali piccole botti di rovere (così denominate perché misurano un terzo delle botti bordolesi classiche),  dove vengono fatte maturare fino ad  alcuni anni  le acciughe destinate alla produzione della colatura.  Abbiamo appreso  i vari stadi dell’intero processo di produzione tradizionale della colatura di alici, protetto da un disciplinare rigoroso grazie alle dettagliate spiegazioni  e dimostrazioni pratiche offerteci  dai produttori che hanno risposto con piacere a tutte le nostre domande, svelandoci  ogni particolare, curiosità e aneddoto  e  fornendoci  ricette e consigli per l’uso della colatura in cucina, che è un concentrato di sapidità marina e va usata con cautela. Le dosi consigliate variano da 1 a 2 cucchiai ogni due di olio extra vergine per condire gli spaghetti, fuori dal fuoco perché più si cuoce e più si concentra, quindi l’ideale è aggiungerla a crudo. Alcune ricette di spaghetti con la colatura qui


Appena arrivati, ci siamo  rifocillati a pranzo nella prima azienda visitata, Iasa, che ci ha offerto una degustazione di  quattro tipi di tonno conservato sott’olio:  bianco (alalunga), rosso mediterraneo, tonnetto o alletterato (applausi da Poverimabelliebuoni) e ventresca di pinne gialle e ancora  branzino, orata e naturalmente alici sott’olio (fantastiche), abbinati a ricotta di bufala e treccia di mozzarella freschissime. L’azienda di Pellezzano, Salerno, è stata fondata dalla famiglia Di Mauro, di origine cetarese nel 1969, ed è oggi una realtà importante, leader del settore per  innovazione e assortimento,  che riesce a coniugare la maestria artigiana alla tecnologia moderna partendo da materia prima eccellente, per lo più locale o mediterranea. 
Nel riquadro in basso a sinistra del collage di foto: Lucia Di Mauro con la mamma, sembrano sorelle, vero? Il segreto sta nella colatura! (e anche nel pesce azzurro). Sono loro il miglior biglietto da visita dell’azienda!
Inutile dire che abbiamo assaggiato prelibatezze tutto il giorno come i crostini con il pesto cetarese da Delfino , fra le più significative e storiche aziende cetaresi,  che produce dal 1950 e  vanta un’ottima gamma di prodotti ittici conservati oltre alla colatura di alici.


Abbiamo visitato anche il caveau con i terzigni di Giulio Gennaro “Nettuno”,  noto personaggio carismatico e grande promotore della Colatura di Alici in collaborazione con il presidio Slow Food, che è riprodotto anche in una statuina del  presepe della chiesa di San Pietro! Qui un video in cui Giulio mostra come si produce la colatura.



E se vi foste chiesti come conservarla, ci ha tolto ogni dubbio: la colatura, un po’ come la bottarga, matura con il tempo, è già un prodotto conservato per via dell’alto contenuto di sale, quindi niente frigorifero ma adottate  il sistema all’antica che consiste nel tappare la bottiglia con un rametto di origano secco o uno spicchio d’aglio in camicia. 


Completiamo il tour con una sosta da Agrocetus,del ciarliero ed entusiasta Gennaro Pappalardo, un tempio per gli amanti di liquori di agrumi ed erbe, ottenuti dagli straordinari limoni Costa d’Amalfi Igp, mandarini ma anche mirto, finocchietto e altre erbe selvatiche così come agrumi canditi e ricoperti di cioccolato, marroni al cioccolato e pure un singolare liquore “limoncioccolat”. Gennaro ci mostra orgoglioso la lavorazione che è artigianale anche nel confezionamento ma non manca della tecnologia necessaria per il rispetto delle norme igienico sanitarie. 



La sera  abbiamo fatto onore all’ottima cucina dello chef Vincenzo Giorgio del ristorante La Cianciola, che ci ha conquistati  per intensità ed equilibrio gustativo.  Meravigliose le acciughe farcite con provola (mozzarella di bufala affumicata), panate e fritte, i crostini con scarola ripassata in padella con filetto di alice sott’olio, i leggendari spaghetti con la colatura (nella sua versione con aglio, pinoli e peperoncino), i ravioli ripieni di tonno, ricotta e rucola con una speciale salsa di noci e colatura e straordinaria per leggerezza la parmigiana di zucchine, alici e provola con una curiosa salsa di foglie d’olivo fresche e pomodoro di cui non siamo riusciti a carpire il segreto!!  Menu concluso in dolcezza con una delizia al limone memorabile accompagnata dall’immancabile limoncello!!



A Pastaiola la b&b che ci ha ospitate è condotta da Mena e Luigi di Crescenzo, una coppia adorabile, gentilissima e disponibile. Sono anche produttori di agrumi, purtroppo a causa del brutto tempo non abbiamo potuto visitare la limonaia ma abbiamo utilizzato i loro limoni per la gara del giorno successivo. Inoltre Mena è l’autrice delle belle ceramiche che abbiamo trovato al nostro risveglio a colazione, coccolate  con marmellate di agrumi di Agrocetus e squisiti dolci della pasticceria cetarese Chocolamì: sfogliatelle ricce, mostaccioli ripieni al fondente, cornetti con crema di limone, scorze di clementine candite, rococò napoletani,  crostatine alla crema di nocciola e anche se fuori il tempo era pessimo, purtroppo, si cominiciava bene la giornata! Mena inoltre ha decorato i simpatici piatti di ceramica souvenir della Festa per tutti i partecipanti al premio gastronomico!



Sabato abbiamo passato l’intera giornata all'Hotel Cetus, una grande struttura in splendida posizione, direttamente sulla scogliera, dalle cui immense vetrate si gode lo spettacolo del golfo di Salerno.  Tutti in cucina a preparare i nostri piatti a base di Colatura 2.0 per il concorso gastronomico premio Ezio Falcone, il grande studioso delle tradizioni gastronomiche della costa d’Amalfi, scomparso nel 2011.


10 i piatti in gara con partecipanti provenienti da ogni regione d’Italia, inclusi noi del Calendario; in giuria  gli chef Peppe Guida, Cristian Torsiello, Franco Tammaro e i giornalisti e food writers Barbara Guerra, Antonella Petitti e Albert Sapere.


Anna Laura  con le sue polpette di merluzzo e sedano rapa in panatura di nocciole, crema di ceci e colatura, olio al pezzemolo, aria di pomodoro e pelle croccante di merluzzo


  Pasquale con i suoi vermicelli alla colatura riccia (scarola riccia, crema di bufala e nocciole)


e la sottoscritta alle prese con la tartare di manzo, perle di colatura di alici, stracciatella, puntarelle, limone e polvere di foglie di limone. Ricetta qui


Nelle immense cucine del Cetus, eravamo veramente in tanti e  ci siamo molto divertiti; oltre ai concorrenti, si destreggiavano gli chef di vari ristoranti di Cetara che dovevano gestire anche il pranzo per 60 ospiti! E come se non bastasse ad un certo punto è arrivata anche la tv a riprenderci e ad intervistarci.  Non è semplice destreggiarsi soprattutto in un ambiente che non si conosce e con tutta quella gente. Avevo optato giustamente per un piatto freddo: tartare di manzo, perle di colatura di alici, stracciatella, puntarelle, limone e polvere di foglie di limone.  Dovevo solo assemblare, mi sembrava di essere stata furba ma mi sono incasinata lo stesso e alla fine ho commesso un paio di errori: le perle di colatura erano dure, forse perché le avevo conservate a temperatura troppo bassa e  sono stata troppo avara con la colatura che si sentiva poco (e secondo i commenti della giuria, è stato un errore comune come se avessimo tutti paura ad usarla). Non che volessi vincere ma almeno non fare una pessima figura con chef e giornalisti che conosco! Pazienza, facciamo tesoro dell’esperienza e l’importante è divertirsi.


Un ringraziamento particolare va a Salvatore Avallone chef del ristorante Cetaria di Baronissi, Salerno,  che ci ha coordinati con grande brio e pazienza in cucina e una menzione speciale va alla bravissima Ilaria Anselmo del ristorante La Torretta, che abbiamo ammirato  all'opera nella preparazione delle sue favolose zeppole!! 



È stato Emmanuele Ferroro di Salerno, nella foto con Barbara Guerra, con le "Linguine all'Amalfitana 2.0", ad aggiudicarsi il primo posto. Premio alla creatività a Mario Argentino  con Sua Maestà la sfogliatella (farcita di scarola, olive pinoli e colatura). Le nostre Sabrina e Cinzia (foto sotto) si sono aggiudicate il premio speciale della giuria per l’aderenza al tema , con il loro piatto elaborato in coppia: Let it snow, ovvero ravioli bianchi e neri, ripieni di patate, provolone, limone e colatura conditi con olio, colatura e pepe lungo. Siamo tutti molto contenti per il loro risultato che tiene alto il nome del Calendario di cui abbiamo potuto parlare ampiamente nella presentazione della gara e nell'intervista tv di cui aspettiamo di poter vedere il video.


E’ stata una bellissima kermesse, sotto l’egida dell’assessore Angela Speranza e presentata dalla bella e brava Francesca Faratro, con molti ospiti  in sala, fra imprenditori, giornalisti, pescatori ed armatori di Cetara, esperti e cultori della gastronomia locale incluso il sindaco di Cetara  Fortunato della Monica che, oltre ad assistere alla gara,  hanno gustato l’ incredibile pranzo di 10 portate curato a più mani dagli chef dei ristoranti cetaresi  Al Convento, La Cianciola, San Pietro, Alici come prima, La torretta, Pan e Coccos e Cetaria di Baronissi, con la partecipazione straordinaria anche di Peppe Guida e Cristian Torsiello (foto sotto) che hanno abbandonato per un poco la giuria per andare nelle cucine a spadellare per la gioia dei nostri occhi che abbiamo potuto vedere tutti questi chef in azione (e assaggiare anche i loro piatti)!! Ricette e photogallery sul sito di Cetara Turistica



A fine serata, platea gremita di cittadini, pescatori, produttori, ristoratori e albergatori nella sala M. Benincasa del Municipio di Cetara per assistere all’ importante convegno per  coordinare le strategie per proseguire il cammino verso la dop


Fra i relatori, oltre all' assessore alla cultura Angela Speranza e  il sindaco Fortunato della Monaca, Lucia di Mauro di Iasa Srl e Secondo Squizzato rispettivamente  presidente e direttore del comitato scientifico dell’Associazione per la valorizzazione della Colatura Dop, il cavalier Antonio de Santis della Pro Loco,  Filippo Diasco, direttore generale del Settore Agricoltura e pesca della Regione Campania, Secondo Squizzato oltre ad altri personaggi di spicco della cultura locale e non ultimo la giornalista Rai Laura Piacenti, autrice della puntata di linea Blu con la costa salernitana  e  Cetara fra i protagonisti,  trasmessa in contemporanea con la festa . Video qui 

Il momento clou del convegno è stata la cerimonia della spillatura di una colatura del 2014 ad opera di Giulio Gennaro “Nettuno” che ha praticato il foro sotto al terzigno con il caratteristico "virale" , una sorta di cavatappi,  e ha fatto colare goccia a goccia il prezioso liquido fra gli applausi del pubblico e per la gioia di tutti i fotografi. 
A seguire si è tenuta una degustazione di saporitissime preparazioni  a base di alici e colatura di alici realizzate da alcuni ristoranti locali: Al Convento, Alici come Prima, San Pietro, Pan e Coccos  con crostini d’acciughe salate e marinate, panzanella e sbriciolata di pane, alici, capperi e olive,  alici imbottite e fritte, mini gattò e barchette con spuma di ricotta, alici e polvere di peperoni cruschi.



Concludiamo il nostro tour la domenica mattina con una bella passeggiata lungo la spettacolare strada panoramica che costeggia il borgo e ci offre spunti fotografici imperdibili, approfittando di  in un breve momento di tregua dal meteo inclemente che ha purtroppo rovinato un po’ la  festa che prevedeva artisti di strada,  attività ludico didattiche coi bambini e il gran finale coi  fuochi d’artificio, tutto annullato per la pioggia!!



La ciliegina sulla torta, proprio prima di partire è stata la visita alla Torre di Cetara con il suo interessante museo contenente dipinti e ceramiche tutte ispirate al mare, alla pesca e in particolare alle alici. Il nostro competente e garbato cicerone, Francesco Pappalardo, dell’associazione Alici delle Alici, ci ha affascinati  ed  eruditi sulle origini della Torre trecentesca e il suo recupero e trasformazione in museo,  sulla storia del borgo, dei suoi pescatori, sulla cultura della colatura e il desiderio di diffonderne la conoscenza, raccontandoci anche simpatici aneddoti sul loro “sangue saraceno” visto con diffidenza in passato dagli altri paesi costieri, sui pescatori cetaresi emigrati in Grecia, Albania, Algeria e a Sète, nel sud della Francia.
E a malincuore, salutando, abbracciando e ringraziando tutti coloro che ci hanno accolto con calore, generosità e simpatia, in primis la bravissima Angela Speranza e con lei il Comune di Cetara,  per la meravigliosa esperienza offertaci, ci accomiatiamo dal bel borgo saraceno con la promessa di  rivederci il prossimo anno, magari per festeggiare insieme l’ottenimento della Dop per la straordinaria e unica Colatura di Cetara!  

Sul sito del Calendario del Cibo Italiano (link alla pagina) si può trovare  l'articolo riassuntivo della nostra spedizione e la raccolta di tutti gli articoli dei colleghi! Buona lettura e buona colatura a tutti! 


DA ROMANO, FRANCA E ROBERTO A VIAREGGIO

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Accendo il computer, apro un nuovo  file word, il foglio bianco virtuale è lì che aspetta  con aria beffarda che  lo riempia di caratteri,  mi fa innervosire.  Fisso lo schermo in attesa di ispirazione, non so da che parte cominciare. Il foglio bianco sembra anche più bianco del solito e mi sale l’ansia.  “E’ facile per te vero? Non devi preoccuparti di altro, te ne stai lì tutto candido  e aspetti. Ma se io non ti apro, non esiti. Quindi sii riconoscente e collabora. Aiutami. Ispirami!”  
Sto parlando col computer? Sto delirando? Ma no, dai,  alla fine ho trovato il “la” d’inizio che cercavo e giustifico l’ansia,  perché scrivere del Ristorante Romano diViareggio, un’istituzione per la Versilia e la Toscana tutta ma anche uno dei primi ristoranti di pesce d’Italia,  non è compito facile e per me non è solo scrivere un articolo, riempire un foglio bianco, è  rendergli omaggio in modo degno e sincero  con sentimento e riconoscenza perché questo provo e questo voglio esprimere per onorare e ringraziare una delle più grandi coppie della ristorazione italiana, Romano Franceschini  e la moglie Franca Checchi, così come il  figlio Roberto, maître di sala  e sommelier,  per l’accoglienza che mi hanno riservato, per la considerazione concessa al Calendario del Cibo Italiano e alla sottoscritta,  per la schiettezza con cui si è svolto il nostro  piacevole incontro  e,  arrivando al dunque,  per le squisitezze che mi hanno fatto assaggiare!

Tutto era partito da una lampadina che mi si era accesa, appunto, per il nostro Calendario. A novembre stavamo programmando gennaio in redazione e il tema di una giornata, che non svelo naturalmente, mi ha fatto pensare a loro.  La propongo a Roberto, che conosco solo virtualmente    ma  che seguo  e stimo da molto tempo, soprattutto da quando una  volta, mi salvò da un incidente diplomatico, facendomi notare in modo spiritoso e molto signorile, con un messaggio privato,  un errore  che aveva riscontrato in un mio articolo per cui lo ringraziai molto! Un gesto non da tutti che mi lusingò.
L’idea è stata accolta con entusiasmo anche dai genitori che avevo avuto il piacere di conoscere invece di persona in una giornata festosa e soleggiata lo scorso settembre alla Perla delMare.  Franca e Romano  si erano concessi  una breve fuga romantica tra Bolgheri, Castagneto e San Vincenzo ed erano stati a pranzo dall’amica chef Deborah Corsi con la quale collaboro. Anch’io ero presente quel giorno perché avevamo degli ospiti olandesi  per un raduno di  jeep d’epoca americane che aveva creato una simpatica kermesse  e vivacizzato la tranquilla  atmosfera settembrina, divertendo molto anche  Franca e Romano.

Nel concordare la data del nostro incontro, proposi di andare a Viareggio per loro convenienza naturalmente,  in orari  anche fuori dal servizio pranzo o cena, in un giorno infrasettimanale;  invece Roberto replica “no, vieni pure a pranzo, si mangia qualcosina e si fanno due chiacchiere tranquilli”. Non me lo faccio ripetere due volte, mi piace molto andare in “missione” solitaria e soprattutto a pranzo così posso fare le foto con la luce naturale diurna.  Ma mai avrei immaginato che “mangiare qualcosina” si sarebbe trasformato in  un pranzo degustazione memorabile in cui ho potuto apprezzare molti esempi  della loro generosa e celebre cucina, saldamente fondata  su basi  classiche e tradizionali dove la materia prima eccellente, scelta personalmente da Romano al mercato viareggino,  viene esaltata in modo  ineccepibile. La carta è vasta e integrata anche da  proposte che volgono al contemporaneo  con slanci  modernisti  creativi e abbinamenti  sorprendenti ma mai esasperati, piuttosto  ben calibrati e coerenti  nel  rispetto del protagonista assoluto che è il pesce!


Dalla mia panoramica postazione singola, elegantemente apparecchiata, con tanto di roselline bianche e  singolari piatti di ceramica con temi marini, mi sono goduta pienamente  le danze dei protagonisti della sala osservando  la loro naturale propensione a ricevere gli ospiti e ad intrattenersi con loro  con  garbo schietto tra il famigliare e il professionale.  Patron, maître e camerieri volteggiano con grazia fra i tavoli;  più pacato e riservato  Romano, più brioso ed esuberante   Roberto,  accudiscono tutti con disinvolta competenza e grande attenzione.  Mamma Franca, la chef,  fa capolino dalla cucina per salutarmi e si siede con me a chiacchierare e raccontarmi quello per cui ero  venuta, deliziandomi con affettuosi amarcord della mamma che si ingegnava per riempire la pancia di nove pargoli e tanti altri particolari che riservo per il Calendario.   Chiedetemi se ero felice!

Ero stata un paio di volte  a cena da Romano con mio marito, alcuni anni fa e rammento ancora i piatti mangiati, come ho confidato  a Franca.  In seguito , abbagliata dalle estrosità avanguardiste, ero incuriosita da altre situazioni.   Ma i tempi cambiano e, maturando, si riapprezzano i grandi classici che resistono alle mode  passeggere ma che non  si cullano sugli allori  e si aggiornano continuamente, aprendosi al nuovo  pur rimanendo fedeli al proprio stile.  Questo è il ristorante Romano, un pezzo di storia della cucina italiana di cui hanno scritto  le migliori penne gastronomiche, che  ha festeggiato lo scorso anno i 50 anni di attività e il suo fondatore  ha ricevuto quest’anno il premio alla carriera da parte della Guida Ristoranti dell’Espresso.  Celebrato inoltre da tutte le più importanti guide italiane ed estere, si fregia di una stella Michelin dal 1985.


Si aprono le danze con uno Champagne Roederer Brut per darmi il benvenuto e per accompagnare un  “frittino” da manuale,  lieve come una nuvola, arricchito anche da una sogliola sporzionata al tavolo dal valente Luigi.


Proseguo con una degustazione di vari crudi in tutta la loro nuda e splendida naturalezza  e una divertente tartare di scampi invece condita con maionese di pesce, limone salato , pomodoro confit, grue di cacao, rapanelli e finocchi

Si alternano proposte super classiche e spicchi di modernità  fra un  signor bollito di sparnocchi (le  mazzancolle a Viareggio), scampi, cicale e calamaretti e carciofi con maionese espressa e  una succulenta triglia panatache mantiene tutta l’umidità e il gusto della triglia nel cuore mentre all’esterno crocchia soavemente grazie ad una panatura friabile e lieve, accompagnata da stracciatella di burrata e mousse di melanzana leggermente affumicata da sogno.  E col vino  si passa al Pagliaio Bianco, il vino “di casa”: un gradevole Doc Colline Lucchesi proveniente dal podere di famiglia, fino a poco tempo fa, seguito personalmente da Romano e ora ceduto.



Mi deliziano anche con  i leggendari calamaretti ripieni di crostacei e verdure, un sublime capolavoro di Franca, in carta da 30 anni!

E le nostre chiacchiere continuano.  Soddisfo  la curiosità di Roberto e gli racconto nel dettaglio le mie attività  e ci confrontiamo su molti temi caldi come i social, le critiche gastronomiche, il ruolo della sala, trovandoci in sintonia su tutto così come per i vini, pur riconoscendo la mia modestissima esperienza rispetto alla sua enciclopedica conoscenza e grande esperienza che vanta anche un periodo di apprendistato dal mitico Le Cirque di New York.  Appena accenno all’evoluzione del gusto e dichiaro la mia passione per vini profumati ma asciutti e acidi o tannici,  poco “femminili” insomma,  raccontandogli delle degustazioni fatte nel Wachau quest’estate traGrüner Veltliner e Riesling,  i suoi occhi brillano di gioia ed ecco apparire un succoso e profumatissimo giovane Riesling della Mosella dalla fornitissima cantina che meriterebbe un articolo a sé!


Riesling ad accompagnare due assaggi di primi piatti semplicemente superlativi:  bottoni di pasta fresca ripieni di orata ed erba cipollina su crema di conchigliacei e un tocco di quel limone salatodella tartare che indovino facendo la mia bella figura 


e ancora dei voluttuosi spaghettoni alla chitarra con polpa di cicale e peperoni cruschi dal gusto così intenso da avvicinarsi a quello di una bottarga fresca di muggine.  Pazzeschi entrambi, da non saper quale scegliere  e non mi preoccupo se non è molto tecnica come espressione  ma io non sono una critica gastronomica, sono una semplice appassionata che gusta e condivide quando si diverte e qui mi sono mooooooolto divertita!

Quasi come un pre dessert, Roberto mi propone anche due gamberi al miele di castagno la cui opulenza è equilibrata e armonizzata dai carciofi fritti ma che forse il mio palato stanco non apprezza a sufficienza.
Al dolce, stanca o non stanca,  non posso dire di no e dal momento che ero indecisa fra due, me li fanno assaggiare entrambi, in misura ridotta s’intende.
Dopo il pre-dessert vero, composto da una elegante piccola pasticceria fra cui spicca un cioccolatino bianco con ricotta e polvere di alloro oltre a ghiottonerie varie a base di altri cioccolati, gelée di lamponi e pure un cubetto di panforte, arrivano i dessert. 


Piccoli grandi capolavori di ingegneria dolciaria, soprattutto il primo con delle meringhe fatte a tubicino che non avevo mai visto. Mi appunto tutti i componenti della colorata scenografia : carpaccio di rabarbaro, meringhe al vin brulé, salsa al melograno, yogurt greco, composta di pere e foglioline di origano fresco.  Da ola! Non aggiungo altro..
Anche il secondo mi piace molto, sono quei dolci non dolci, leggeri e freschi con frutta e verdura che trovo molto divertenti  : insalatina di carota selvatica, arance e sedano, cremoso di carota, gelato Ace, mandorle salate e crumble di speculoos… Ooooooosssssignore!!  
Puntuale come un orologio svizzero, il  sommelier non mi lascia a becco asciutto e coi dolci mi versa un delizioso moscato d’Asti Scrapona di Marenco.

Ero un po’ annebbiata verso la fine, lo ammetto;  forse sono stata scortese a non voler neanche scorrere la sostanziosa carta di caffè, thé e tisane, che invece meritava attenzione, affidandomi alla  scelta di Roberto, e non rimango delusa,  che opta per un'ottima speziata miscela indiana, se non ricordo male, perché è l’unica cosa che non mi sono segnata!! 


Il rum très vieux Agricole “ammazza caffè” della Martinica, che non capita tutti i giorni,  invece l’ho immortalato. Raramente bevo superalcolici ma ormai avevo fatto trenta, come si suol dire, ho fatto anche trentuno e il godimento  è stato assoluto e mi riprometto di camminare almeno un paio d'ore prima di rimettermi in auto verso casa!


Prima di congedarmi non ho resistito ad infilarmi nella bella cucina, ampia e ben articolata e riesco ad immortalare la chef Franca all’opera così come il suo bravo e giovane sous chef Andrea Papa.


Mi rendo conto che sono lì da più di tre ore,  il tempo  è volato ma mi sono gustata ogni singolo istante.  Più che soddisfatta per la missione compiuta, mi concedo un’ultima foto con i miei gentili anfitrioni e mi congedo ringraziandoli di cuore per la splendida esperienza offertami, una di quelle che si imprimono indelebili nella memoria, olfattiva, gustativa ed emotiva.  Provare per credere!


 Appuntamento a fine gennaio per il contributo della chef Franca Checchi per il Calendario del Cibo Italiano! 



SCALOPPINE DI PESCE SPADA IN AGRODOLCE AL BERGAMOTTO

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Devo ringraziare Anna Laura Mattesini di Eat Parade blog per aver lanciato l'appello a realizzare una ricetta col bergamotto per la Giornata Nazionale del bergamotto del Calendario del Cibo Italiano, perché era uno di quegli ingredienti che sai che esistono ma non ti decidi mai a scovare e ad utilizzare!!
Non l'avevo proprio mai visto né assaggiato. Lo sconoscevo giusto come aroma del famoso tè Earl Grey che mi piace molto. So che si usa in profumeria e stop.


La zona di  maggior produzione italiana  è la fascia costiera della provincia di Reggio Calabria. Le sue origini non sono certe, probabilmente una variazione dell'arancia amara, e il nome pare derivi dal turco "berg amudi" = pero del signore, per la sua forma che ricorda un po' la pera bergamotta. La polpa è molto acida e più amara quando è poco matura,  la buccia è ricca di oli essenziali che sprigionano una fragranza particolarissima e molto intensa, fresca e amaricante. E' una miniera di vitamine e contiene molti nutrienti preziosi per la nostra salute che tengono a bada trigliceridi e colesterolo e aiutano la circolazione, un super food a pieno titolo!
Altre info su Calendario del Cibo Italiano 

Ho trovato i bergamotti in un supermercato su al Nord, incredibile vero? Però ne sono rimasta compiaciuta perché girando fra i banchi e ammirando ogni sorta di frutta esotica, mi sarei arrabbiata se non avessi trovato i bergamotti!! E invece sono stata accontentata. C'erano pure i cedri ma non i chinotti per dire...comunque, missione compiuta!
Nella confezione ho trovato delle utili istruzioni per l'uso dello Chef Davide Oldani che raccomanda un'infusione di bucce di bergamotto e alloro, che ne esalta il gusto. Prendo subito nota naturalmente.
E poi ripesco un'idea di Moreno Cedroni che ho già sfruttato altre volte, il puré di patate al lime, variando l'agrume originale con quello di turno,  e quindi vado di bergamotto!! Superlativo!
Non voglio rifare la stessa ricetta cedroniana che comunque è notevole: Carpaccio tiepido di palombo con puré di patate al lime e salsa di rucola;  cambio pesce: il pesce spada mi sembra più in sintonia con la Calabria, luogo di maggior provenienza dei bergamotti italiani,  e poi opto per un agrodolce, utilizzando un miele d'agrumi, coerentemente di Calabria. Una ricetta semplice ma non banale e soprattutto di grande intensità e che profumerà tutta la casa!




Ingredienti per 2 persone

400-450 g  trancio di pesce spada mediterraneo, meglio ancora se proveniente dallo Stretto di Messina  (spessore 1 -1,5 cm)
1 cucchiaio di miele d'agrumi di Calabria
Succo e scorze di 1/2 bergamotto* non trattato (50 ml ca)
1-2 foglie  d'alloro fresco
olio evo dal gusto fruttato, non amaro
farina 0 qb
sale qb

Per il puré:
250 g di patate gialle
succo e scorza di 1/2 bergamotto* non trattato (50-60 ml)
latte, olio evo fruttato, non amaro qb

1 finocchio grande
* i bergamotti utilizzati pesavano 200-250 g cad.


Lavo le patate, senza asciugarle, bucherello la buccia e cuocio in microonde, coperte, per 3 minuti per parte, girandole a metà cottura. Le taglio a metà ancora bollenti e senza pelarle, le passo nello schiacciapatate, la pelle rimarrà attaccata al disco forato dello strumento. Raccolgo la polpa passata in un pentolino, diluisco con un po' di latte, fino ad ottenere la cremosità voluta, manteco con olio e infine aromatizzo con la scorza grattugiata e il succo del bergamotto. Regolo di sale.

Lavo, mondo e affetto finemente il finocchio. Scotto le fette un minuto nel microonde senz'acqua e poi le faccio tostare in padella antiaderente, appena velata d'olio. Condisco con un pizzico di sale e i ciuffi verdi del finocchio, a crudo.

Privo la fetta di pesce spada della pelle e della spina centrale, ricavo 4 scaloppine che infarino abbondantemente e poi faccio rosolare in padella antiaderente con poco olio e la foglia di alloro, girando da ogni lato.  Bagno con un'emulsione di succo di bergamotto e miele appena scaldato in modo da scioglierlo bene,  faccio consumare un poco, aggiungendo anche le scorze grattugiate. Tempo di cottura 6-7 minuti massimo, per lo spessore indicato.

Servo le fette di spada nappandole con la cremina formatasi, una quenelle di puré e le fette di finocchio tostate. Narici e palato si inebriano, gioiscono e ringraziano!!

BACI DI DAMA SALATI

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STRAZIAMI MA DI BACI DI DAMA SAZIAMI!! E' il simpatico incipit dell'articolo odierno del Calendario del Cibo Italiano per la giornata nazionale dei Baci di Dama

Sì lo so, i baci di dama sono dolci, anzi sono dolcetti irresistibili, a base di farina di mandorle ma anche di nocciole, a seconda della provenienza, ma anche in versione salata fanno la loro "porca figura", per usare il gergo della  Old Fashioned Lady, Alessandra Gennaro, perchè la ricetta, unica e inimitabile è sua! Li ho fatti e rifatti negli anni e hanno sempre riscosso grande successo. Da servire con l'aperitivo, magari con una signora bollicina, sono raffinatissimi e sorprendono anche i più consumati gourmet!!
La versione salata classica di Alessandra prevede una farcia a base di pesto genovese con indicazioni per tante varianti. Io, oltre all'originale, ne propongo una con le acciughe salate naturalmente e anche con un pesto di pomodori secchi oltre che di sedano e mandorle.

Eccoli qua, da tempo in archivio, finalmente li pubblico!!

Baci salati alle acciughe


Ricetta originale di Alessandra per circa 20 baci di dama

100 g di farina di mandorle
100 g di farina debole
100 g di burro freddo di frigorifero
dai 50 ai 70 g di Parmigiano reggiano grattugiato (io il minimo indispensabile)
un cucchiaino di sale
facoltativo: qualche goccia di brandy (io l'ho omesso perchè non ce l'avevo :-)

1. Gli ingredienti vanno lavorati tutti assieme. Potete usare un mixer oppure impastare a mano, usando gli stessi accorgimenti della pasta frolla: burro freddo di frigorifero, tagliato a cubetti, mani gelate e lavorazione veloce

2. Tagliate il burro freddo a cubetti e poi metteteli di nuovo in frigo per un'altra mezz'ora, per evitare che il calore delle mani possa compromettere la riuscita della ricetta

3. Appena avrete ottenuto un impasto omogeneo, smettete di lavorarlo: se è sufficientemente freddo, potete procedere con la pezzatura, altrimenti avvolgetelo nella pellicola trasparente e fatelo riposare in frigo, da mezz'ora a una o due ore

4. Stendete un foglio di carta da forno su una teglia: le più indicate sono quelle per i biscotti,  basse e rettangolari. Tenete le mani per 30 secondi sotto l'acqua fredda del rubinetto.Asciugatele e procedete con la pezzatura, prelevando delle piccole porzioni di impasto a cui darete la forma di palline: devono essere più piccole dei baci di dama dolci, se possibile. sistematele sulla teglia, un po' distanziate fra di loro

5. Accendete il forno a 150°C modalità statica e infornateli per 15 minuti: attenti a sfornarli quando sono ancora bianchi. Devono essere appena cotti e un buon modo per verificarlo è spostarli leggermente dal fondo della teglia: se si staccano senza fare resistenza,ci siamo

6. Lasciateli raffreddare SENZA TOCCARLI per almeno un quarto d'ora. Se disobbedite, sappiate che il bacio si sbriciolerà rovinosamente sotto le vostre dita e se tenterete di nascondere il corpo del reato mangiandolo, questo provocherà ustioni di terzo grado alla vostra lingua. Quindi, obbedite e andate in un'altra stanza, lontani dal profumo e dalle tentazioni ad esso connesse

7. Sono migliori 3-4 giorni dopo la cottura:in teoria, dovreste conservarli in una scatola di latta a chiusura ermetica, dove potete tenerli anche per una settimana, perchè col riposo acquistano in bontà. Vanno invece farciti poco prima dell'uso,sistemati in pirottini e poi serviti, con l'aperitivo.

Per le farce: formaggio fresco spalmabile, io ho usato la robiola fresca di base, che è morbida ma compatta e l'ho amalgamata ad una crema fatta tritando al coltello una manciata di acciughe ben dissalate, con una grattugiatina di scorza di limone. Seconda farcia, ancora robiola e un trito di sedano, il cuore e qualche foglia, e una manciata di mandorle. Terza farcia: robiola e pesto genovese classico. Quarta farcia: robiola, pomodori secchi ammollati e frullati, origano fresco, mandorle. 

Naturalmente ci si può sbizzarrire e creare farce anche più raffinate magari burro e tartufo o paté di fegatini o addirittura foie gras, spume di prosciutto al madeira etc...l'importante è creare un insieme armonioso con la base dei baci. E tanti baci a tutti!!!


MILANO-TORINO-LIVORNO PER L'MTC N 69, LA CUCINA ALCOLICA

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Milano-Torino è il cocktail a cui faccio riferimento nel piatto ed è anche l'asse autostradale lungo il quale si trova il casello d'uscita che fino a pochi anni fa portava il nome del mio paesello d'origine: Boffalora Sopra Ticino, ora  modificato e sostituito con l'indicazione di Mesero/Marcallo con Casone, con grande disappunto di mio padre, fiero boffalorese docg che non ha digerito l'offesa e la perdita d'importanza perchè, tra le altre cose,  il paesello non viene più citato nei bollettini meteo come luogo dove d'inverno era il protagonista assoluto quale bacino di nebbioni da paura!!!
Livorno è inutile che vi spieghi perchè, dalla Milano-Torino a Livorno, Castiglioncello per l'esattezza,  sono giunta quasi trent'anni fa per amore e qui sono rimasta e il pesce e il salmastro mi sono entrati nelle ossa quanto da bambina l'umido e la nebbia, celà va sans dire che la mia interpretazione del cocktail in cucina è pesciosa.

Ho conosciuto il Mi-To pochi anni fa e mi ha incuriosito da subito. Non sono tipa da cocktail ma riconosco che ce ne sono di irresistibili. I miei gusti si orientano sui bitter, quindi Negroni et simila, incluso questo Milano Torino, composto dal  vermouth rosso di Torino (Martini o Punt e Mes) e il  bitter Campari di Milano in parti uguali, ghiaccio e una fetta d'arancia. Secondo alcune fonti fu creato proprio per celebrare l'apertura dell'autostrada che congiungeva i due capoluoghi del Nord.

Un altro cocktail che mi è sempre piaciuto molto è il gin tonic, mi ricorda le lunghe notti in discoteca degli anni '80. Per quanto riguarda gli aperitivi, non sono una fanatica ma se proprio devo, oggi propendo più per un buon bicchiere di  spumante, Franciacorta, Trento o Alto Adige Doc, champagne meglio ancora,  e resisto alla moda della mixology che trovo interessante e divertente ma non voglio prendere anche questo vizio!!!


Mi sono divertita molto però ad interpretare questo cocktail in un piatto per l'Mtc n. 69: La cucina alcolica, sfida lanciata dalla simpaticissima  Giulia di Alterkitchen. Sfida molto difficile che io ho complicato volendo replicare il Mi-To, dove ci sono due protagonisti alla pari, non semplice da rendere nel piatto, volendo evitare le solite gelatine e sferificazioni e dopo varie elucubrazioni che vi risparmio, ecco il risultato finale. Ho scelto il tonno che ha buona struttura e regge bene l'alcol, vedi un classico livornese  il tonno bria'o e comunque avevo già sperimentato delle marinate alcoliche sul crudi di pesce, acciughe incluse se ve lo state chiedendo :-)
Quindi tonno nudo e crudo marinato, anzi ubriacato nel vermouth rosso al naturale e il campari messo in un sorbetto per rimandare al ghiaccio del cocktail. Le verdure crude ricordano il pinzimonio che si sgranocchia con un cocktail d'aperitivo, così come le mandorle salate rimandano ai salatini in genere. Succo d'arancia e scorza fanno ovviamente riferimento all'immancabile fetta d'arancia che l'accompagna, il soncino perchè ha un gusto nutty pure lui e comunque mancava un tocco di verde per l'estetica.. ma le roselline? che ci azzeccano? vi chiederete?  ebbene pare che rientrino nel bouquet di aromi del vermouth!! Me l'ha rivelato una fatina un po' vichinga bionda, avete presente?.....solo che questi aromi sono tantissimi, ho usato quello che mi piaceva di più e guarda caso avevo in dispensa, inutilizzato da tempo!! E vai con le roselline rosa che sono perfette en pendant col rosa-violaceo delle cipolle e col fuxia del sorbetto e conferiscono una sfumatura molto raffinata. E il cocktail è impiattato!!



Cocktail Milano-Torino

3 cl bitter Campari
3 cl vermouth rosso (io vermouth rosso Martini)
3-4 cubetti di ghiaccio
1 fetta d'arancia


Ricetta per 4 persone

Carpaccio
200 g ca di tonno affettato a carpaccio già bonificato*
120 ml di vermouth rosso

Sorbetto
120 ml di campari
60 g di zucchero
50+20 ml d'acqua
30 g di albumi

Crudité
2-3 gambi di sedano bianco nel cuore
1/2 cipolla rossa di Tropea
2 carote medie
5-6 rapanelli
1 arancia non trattata
ciuffi di soncino
olio evo cultivar nocellara/tonda iblea con note agrumate

Mandorle salate
50-60 g di mandorle sgusciate ma con la pelle
zucchero semolato bianco + sale fino bianco qb

Roselline essiccate da coltura biologica per guarnire

* a meno che non abbiate la fortuna di trovare un tonno rosso o altri tonnetti del mediterraneo da trancio da sottoporre ad abbattimento o congelamento, normalmente in pescheria vendono dei filetti di tonno atlantico già bonificato, cioè già sottoposto a congelamento per scongiurare il rischio anisakis, quindi pronti per l'uso e che si conservano alcuni giorni.

Innanzitutto prepariamo il sorbetto facendo sciogliere lo zucchero in 20 ml d'acqua, quando la temperatura dello sciroppo raggiunge i 110° C, iniziare a montare gli albumi, infine versare lo sciroppo a 121° C a filo lungo i bordi del recipiente degli albumi e continuare a montare fino a raffreddamento completo per  ottenere un composto gonfio, lucido e denso (meringa italiana). Infine incorporare lentamente il campari miscelato con la restante acqua. Versare nella gelatiera/sorbettiera oppure in un contenitore di polistirolo per gelati, sigillando la superficie con pellicola alimentare e chiudendo con il coperchio. Riporre in freezer per 2-3 h, togliere, frullare, rimettere in freezer, ripetere l'operazione altre due volte ad intervalli regolari. Infine  lasciare in freezer fino all'utilizzo.

Tostare in padella antiaderente le mandorle. Disporle su una teglia, cospargerle con un mix di sale e zucchero in parti uguali, passare in forno a 180° C per pochi minuti, lo zucchero non deve caramellare ma sciogliersi appena a velare le mandorle e fare in modo che il sale rimanga attaccato.

Tagliare tutte le verdure a mirepoix, condire con olio evo, un pizzico di sale e un po' di succo d'arancia spremuto fresco.

Disporre le fettine di tonno in un grande piatto da portata a creare un cerchio, bagnarle con il vermouth, lasciar riposare ca 20 minuti, scolare l'eventuale eccesso (non a garganella ;-),  gran parte verrà assorbita comunque dal tonno,  infine creare lungo i bordi una corona di verdure, aggiungere qualche pezzetto di mandorla salata, ciuffi di soncino, foglioline di rose e boccioli di rose essiccati, cospargere con un po' di scorze d'arancia ottenute con un rigalimoni e poi tagliuzzate e da ultimo delle quenelle di sorbetto.

E....salute! Ops, volevo dire buon appetito...hic!

PS: a onor del vero, la tipologia di impiattamento e alcuni spunti del carpaccio, con ingredienti molto diversi, sono liberamente tratti dal  bellissimo libro Leonardo non era Vegetariano, Maschietto Editore, con le ricette di Enrico Panero, executive chef dei ristoranti di Eataly, testi e documentazioni storiche di Alessandro Vezzosi e Agnese Sabato del Museo Ideale di Leonardo da Vinci.



SAPPHIRE ANCHOVY MARTINI PER L'MTC N 69

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E pensare che volevo a tutti costi  fare un dolce per questa sfida, la cucina alcolica, Mtc n 69,  proposta da Giulia di Alterkitchen,  Volevo affrontare la sfida nella sfida, cioè un cocktail bitter come il suo amato negroni, in un dolce. Quei dolci non dolci a base di frutta e verdura e freschi sorbetti anche amari che mi piacciono tanto, ma poi per ragioni affettive ha prevalso il Milano-Torino, antesignano del Negroni, papabile pure quello per un dolce-non dolce ma il richiamo del pesce ha prevalso (anche se il sorbetto l'ho messo nella mia prima proposta Tonno Milano-Torino-Livorno), così come ha prevalso in questa seconda prova. 


E' andata così: ero in chat con le amiche Eleonora e Greta la "barwoman" dell'Mtchallenge (povera, quest'ultima, chissà in quanti l'abbiamo interpellata, per non dire, torturata ;-), autrice della rubrica BEVI PIANO sul nostro nuovo bellissimo magazine-non magazine MAG ABOUT FOOD , partorito dalla fervida mente della nostra mitica Alessandra  Old Fashioned Lady. Non ricordo esattamente come ma chattando, è uscito fuori un cocktail turchese  ipnotico e pensare alle acciughe da farvi sguazzare dentro è stato immediato. Dai tempi di Un'acciuga al giorno mi ripromettevo di fare le acciughe blu e non le avevo mai realizzate, eccole infine che nuotano in un bellissimo turchese caraibico e il dessert negroni è solo rimandato!


SAPPHIRE ANCHOVY MARTINI


Il Sapphire Martini non è un cocktail certificato Iba ma non l'ho inventato io :-)
In internet si trovano svariate versioni. Di base, dovrebbe rispettare  la  stessa composizione del Martini classico (Gin e Vermouth dry) e viene realizzato utilizzando prevalentemente il Sapphire Bombay Gin, da cui il nome, che è  incolore ma è contenuto in una caratteristica bottiglia di vetro azzurro-turchese, e il colore viene riprodotto nel cocktail con l'aggiunta di  Blue Curaçao che è un liquore dolce a base di arancia amara (e se vi volete togliere lo sfizio di scoprire perchè mai un liquore a base di arancia sia blu leggete qui). Alcune versioni prevedono solo Gin e Blue Curaçao. Infine, si può aggiungere una ciliegina  per creare un effetto cromatico ancor più coreografico o semplicemente un ricciolo di scorza di limone. Io non ho voluto rinunciare alla classica oliva verde!!
La versione che ho scelto è quella più complessa con Gin, Vermouth e Blue Curaçao per avere più elementi con cui divertirmi nella mia destrutturazione eterodossa.

Composizione cocktail Sapphire Martini
4 parti di Gin
1 parte di Blue Curaçao
1 parte di Vermouth dry
ghiaccio
limone per guarnire o ciliegina

La mia interpretazione:
Gin : ginepro naturalmente ma anche limone che è fra i componenti aromatici dell'alcolico
Blue Curaçao: arancia amara, zucchero  e colorante blu
Vermouth dry in purezza

E' una destrutturazione molto semplice ma d'effetto! L'insieme è sicuramente poco alcolico ma il gusto del ginepro che rimanda al gin si avverte bene grazie alla prevalente quantità di gelatina. Le acciughe vengono prima marinate a secco con zucchero e sale per ottenere una consistenza più soda e ingentilirne il gusto da crude e poi bagnate nel vermouth dry e ghiaccio (come da ricetta di ben 8 anni fa fatta durante il primo corso Poverimabelliebuoni con l'amica chef Deborah Corsi, in seguito al quale poi  nacque il blog) con l'aggiunta di scorza d'arancia e bacche di ginepro.
Il mare turchese in cui nuotano è un brodo di pesce insaporito con liquido delle cozze e aromatizzato con bacche di ginepro, infine colorato con qualche goccia di colorante blu alimentare. Il turchese si può ottenere anche dall'acqua di cottura del cavolo rosso ma non volevo mischiare troppi sapori.
Il brodo l'ho reso gelatinoso con pochissimo agar agar in modo che risultasse una gelatina delicata e cremosa in cui il crostino, sul quale  ho adagiato i filetti d'acciughe, con l'oliva verde, vi affogasse dolcemente. Naturalmente bisogna aggiungere lo spiedino d'acciuga e oliva solo all'ultimo altrimenti il pane si inzuppa troppo e si servono a parte, su un vassoietto, altri crostini per accompagnare il cocktail. Inutile specificare che il tutto va servito nel classico bicchiere da Martini!



Ingredienti per 4 bicchieri 

Brodo di pesce aromatizzato al ginepro
1 l d'acqua
300-400 g di pesci da brodo/zuppa come gallinella/tracina/nasello
500 g di cozze
1/2 gambo di sedano, 1/2 carota, 1/2 cipolla, un ciuffetto di prezzemolo
6-7  di bacche di ginepro

Gelatina turchese
500 ml di brodo di pesce aromatizzato al ginepro
1 g di agar agar in polvere
qualche goccia di colorante blu liquido

Spiedini d'acciughe e olive (3 crostini per persona)
12-16 acciughe piccole preventivamente abbattute o congelate come da prassi per il consumo di pesce crudo
50 g di zucchero semolato
50 g di sale fino
1 arancia amara non trattata
5-6 bacche di ginepro
olio extra vergine d'oliva qb
100 ml di vermouth dry
4-5 cubetti di ghiaccio
1-2 fette di pane toscano 
12 olive verdi grandi denocciolate
12 stuzzicadenti

Per guarnire: 1 limone non trattato

Eviscerate i pesci e lavateli accuratamente. Metteteli a freddo nell'acqua con le verdure e le bacche di ginepro incise con un coltello. Portate ad ebollizione, abbassate la fiamma e lasciate sobbollire dolcemente facendolo  restringere di quasi la metà, schiumando di tanto in tanto. Lasciate raffreddare i pesci  nel loro brodo e infine toglieteli (saranno stracotti, puliteli, prelevate la polpa e fateci delle  polpette!) e filtrate il brodo.
Pulite le cozze, fatele aprire in una larga padella coperta in modo che tutti gli umori non evaporino. Filtrate il liquido e aggiungetene quanto basta al brodo di pesce per insaporirlo, al posto del sale, regolando secondo il proprio gusto. 

Decongelate le acciughe, asciugatele bene con carta assorbente, eliminate la coda, mettetele in un recipiente e copritele con un mix di sale fino e zucchero semolato. Lasciate marinare per mezz'ora circa, infine sciacquate bene per togliere ogni residuo di zucchero e sale e asciugatele accuratamente. Mettetele ora in un altro recipiente e copritele con il martini dry, unite le scorze di mezza arancia amara ben ripulite dall'albedo, le bacche di ginepro incise con un coltello e il ghiaccio spezzettato. Lasciate marinare fuori dal frigorifero per un'ora circa. Infine scolatele, senza asciugarle,  conditele con olio evo e tenete da parte in frigo fino all'uso. 

Stemperate l'agar agar in 500 ml di brodo freddo, colorate con qualche goccia di colorante blu fino ad ottenere il turchese desiderato. Mettete al fuoco, portate a bollore per pochi minuti. Fate intiepidire e infine versate il brodo turchese nei singoli bicchieri da Martini. Fate raffreddare e rapprendere fuori dal frigorifero, basteranno un paio d'ore.

Prima di servire, tagliate ogni acciuga in due quadratini regolari  e disponetele su  crostini di pane di pari misura e tostati in forno. Infilzate un crostino d'acciuga con uno stecchino su cui infilerete anche un'oliva,  tuffatelo  nella gelatina turchese, a temperatura ambiente o appena tiepido (magari passato pochi secondi in microonde, non troppo altrimenti si scioglie),  e servite subito con altri crostini d'acciughe e olive disposti in un vassoio ad accompagnare il cocktail. Guarnite i bicchieri con riccioli di scorze di limone.
Consumate subito altrimenti il pane si inzuppa troppo nel brodo gelatinato!





CUCCHIAI DI FINOCCHI CON TARTARE DI TONNO ALL'ARANCIA E GELATO ALL'EXTRAVERGINE

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Della serie..."l'eleganza del finocchio", come titola il mio  articolo sul Calendario del Cibo Italiano per la Giornata Nazionale del finocchio, una vera crociata per rivalutare il più snobbato, ridicolizzato prodotto del mondo vegetale!

Poveri finocchi, così bistrattati eppure così buoni, salutari e versatili, non solo in cucina!
Io li adoro sia crudi che cotti. Ne ho sempre in casa durante l'inverno. Per me i finocchi stanno all'inverno come i pomodori all'estate. Sono così pratici e veloci da preparare, soprattutto crudi, affettati finemente e conditi con buon olio extravergine d'oliva, limone e sale o magari anche con un'acciughina salata sciolta nell'olio, accompagnano molte pietanze, sia carne che pesce. Inoltre, sono nostri alleati nelle diete dimagranti,  contengono molte  fibre, zero grassi e poche calorie, sono diuretici e depurativi e appagano anche psicologicamente, come tutte le verdure crude, perchè impegnano le mandibole che ti sfiniscono a furia di sgranocchiare e ti danno un senso di sazietà pur avendo incamerato pochissime calorie!

Molte persone li considerano cibo triste da malati, soprattutto cotti. Mi chiedo se li sappiano cuocere!! Certo che se li fanno bollire fino a farli quasi spappolare, perdono molto del loro sapore nell'acqua. Come tutte le verdure, è sempre bene cuocerle al dente. Io li affetto più o meno finemente, a seconda di quello che voglio farci, e li faccio saltare direttamente in padella antiaderente, appena velata d'olio, lasciandoli croccanti,  quando con erbe (alloro ma anche finocchietto selvatico e i suoi semi) o  spezie (semi di coriandolo per esempio), quando con una spruzzata di succo d'arancia o di limone, magari in agrodolce, con aceto di mele e miele o zucchero e sale. Insomma, i miei finocchi sono tutto tranne che tristi e insapori!! Ovvio che bisogna essere selettivi nell'acquisto ed è  meglio scegliere quelli provenienti da coltivazioni biologiche o che seguono la lotta integrata.


I coltivatori e gli ortolani li distinguono inoltre in maschi e femmine ma è solo una distinzione di comodo per differenziare due tipolgie, in realtà non esiste il sesso dei finocchi (ops!  si parla anche di "quelli" nell'articolo del Calendario con le ipotesi sull'etimologia del termine.....). I "maschi" sono più panciuti e saporiti, ottimi crudi. Le "femmine", sembra un controsenso, sono quelli dalla forma più allungata e sono più adatti alle cotture. Ne abbiamo riso infatti con Mai Esteve, quando le ho chiesto se poteva animare, con la sua straordinaria abilità, la mia foto che metteva a confronto un maschio e una femmina, entrambe avremmo detto il contrario! non è meravigliosamente simpatica l'interpretazione di Mai nella foto qui sopra?

Sul mio blog ci sono molte ricette coi finocchi ma per l'occasione ne ho voluta proporre una nuova che sfrutta comunque un'idea già collaudata durante una serata indimenticabile, in cucina con lo chef Maurizio Marsili del ristorante Pesce Briaco di Lucca: le foglie dei finocchi modellate come cucchiai, che si sgranocchiano con quello che contengono naturalmente.


Ingredienti per 4 cucchiai:

120 g di filetto di tonno o palamita già bonificato/abbattuto, vedi prassi per il consumo del pesce crudo
2 finocchi "maschi" medi
1 arancia non trattata
1/2 cipolla rossa di Tropea
qualche ciuffo di finocchietto selvatico
sale qb
pepe agrumato (es Sichuan) in grani

Per il gelato all'olio extravergine d'oliva (facoltativo)
80 ml di latte intero
100-150 ml di olio extravergine d'oliva Toscano, dal gusto intenso, fruttato, con buon piccante e amaro
sale

Per il gelato: intiepidire il latte, versarlo nel bicchiere di un frullatore ad immersione, iniziare a frullare versando l'olio a filo e continuare a montare, come per una maionese, fino a che si formerà un composto gonfio, sodo e stabile. Condire con un pizzichino di sale. Porre in freezer a rassodare, in un recipiente per gelati, appoggiando sulla superficie un foglio di pellicola per alimenti. Dopo un paio d'ore, togliere dal freezer, frullare e riporre di nuovo in freezer, ripetere l'operazione ancora una o due volte  e infine lasciare in freezer  fino al momento dell'utilizzo.

Togliere ai finocchi le foglie esterne se ben sane e senza ammaccature altrimenti scartarle o ripulirle accuratamente o usare quelle più interne. Rifilarle, dando una forma a petalo o cucchiaio,  con un coltellino affilato. Immergerle in acqua molto fredda e limone fino all'uso.

Tagliare a tartare  il tonno, ridurre a mirepoix un paio di  foglie interne più tenere di un finocchio e mezza cipolla rossa. Condire la tartare con il mirepoix di finocchio e cipolle, il succo di mezza arancia e qualche scorzetta, qualche ciuffo tenero di finocchietto selvatico, olio extravergine, un pizzico di sale e un tocco di pepe agrumato (es. Sichuan) di mulinello.



Scolare e asciugare i cucchiai di finocchio, riempirli con una generosa cucchiaiata di tartare e, se piace e l'avete preparato, completare  con una mezza pallina di gelato all'extravergine e una scorzetta di arancia ottenuta con il riga limoni.

E per concludere con  l'eleganza del finocchio...vi offro un mazzo di calle di finocchi!!


Facilissime da fare, non è necessario essere campioni di thai carving!




TRE CRUDI E UN BERGAMOTTO

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Bergamotto mania, oh yeah!!

Tutto ha avuto inizio con la GN del bergamotto per il Calendario del cibo italiano, il 28 dicembre scorso.
Li avevo trovati a dicembre, su al nord, quando sono stata a salutare i miei genitori. Felice come una Pasqua anche se eravamo sotto Natale (che battutona!!), li ho acquistati e ho iniziato a produrre, affascinata e stimolata dal loro meraviglioso profumo. Prima li ho provati sul pesce, vedi le scaloppine di  pesce spada in agrodolce al bergamotto, proposte appunto in occasione della giornata del bergamotto, e in seguito, ricevuti i meravigliosi frutti anche da parte di una produttrice calabrese per il contest Bergamot-ti-amo, legato al nostro Calendario, ho prodotto un dolce: La Perla di Calabria.
Ma li ho trovati, incredibile ma vero, anche qui in un supermercato vicino a casa. E vai con gli esperimenti. Dopo un esperimento mezzo fallito con le lenticchie, ecco infine questi tre crudi, molto semplici, in cui mi sono divertita a giocare con il bergamotto  proponendolo in tre diverse composizioni, dalla più classica che vede l'utilizzo del puro succo per una marinata, alla gelatina, fino alla granita.
Non saprei dire quale mi è piaciuta di più...e voi che dite? La più estrema forse e sorprendente, a mio avviso,  comunque è il ceviche ;-)

Tartare di sugarello con  gelatina di bergamotto 
Carpaccio di gamberi rossi e mela verde con granita di  bergamotto  
Ceviche d'acciughe al bergamotto e finocchietto selvatico





Tartare di sugarello con gelatina di bergamotto


Ingredienti per 4 persone


160 g ca di filetti di sugarello, spellati e spinati e precedentemente abbattuti/congelati come da prassi per il consumo di pesce crudo (=2 sugarelli interi ca da 200 g cad)
1 cuore di sedano bianco
1 cucchiaio di semi di coriandolo
qualche stelo di erba cipollina
olio extravergine d'oliva media intensità
sale, pepe agrumato (es Sichuan)

per la gelatina:

60 ml di succo fresco di bergamotto di Calabria
40 ml d'acqua
2 g di colla di pesce in fogli
1 cucchiaino di miele d'agrumi
una o due scorzette di bergamotto

Portare a bollore il succo di bergamotto con l'acqua e le scorze di bergamotto, sciogliervi il miele e infine la colla di pesce ammollata e strizzata. Rimuovere la scorza. Versare il liquido in un contenitore in modo da ottenere uno strato di ca 4-5 mm.  Far rassodare e infine ritagliare dei dischi con il coppa pasta (4 cm ) che si userà per comporre la tartare.

Tritare al coltello la polpa di sugarello, amalgamarla con il sedano e la cipolla ridotte in mirepoix, condire con olio extravergine d'oliva, un pizzico di sale, i semi di coriandolo e le bacche di pepe di Sichuan pestati grossolanamente, e un trito di erba cipollina.
Comporre la tartare in piccoli coppa pasta, completare con un disco di gelatina di bergamotto e decorare con steli di erba cipollina.

Carpaccio di gamberi rossi, mela verde e granita al bergamotto

Ingredienti per 4 persone

10-12 gamberi rossi precedentemente abbattuti/congelati come da prassi per il consumo del pesce crudo
1 mela tipo granny smith
2 cucchiai di succo di bergamotto

Per la granita al bergamotto:

60 ml di succo fresco di bergamotto di Calabria
40 ml d'acqua
1 cucchiaino di miele d'agrumi
una o due  scorzette di bergamotto

Portare a bollore il succo di bergamotto con l'acqua e le scorze, sciogliervi un cucchiaino di miele. Far raffreddare. Riempire un contenitore, mettere in freezer e ogni una/due ore per un paio di volte raschiare il composto per ottenere la granita e riporre in freezer fino all'uso.
Decorticare i gamberi, eliminare il filamento nero dorsale, tagliarli a metà nel senso della lunghezze, disporli su un tagliere, fra due fogli di carta forno, e batterli con un batticarne. Disporli a formare un disco sopra una fetta sottile di mela, di uguale misura o leggermente maggiore, irrorata  con un po' di succo di bergamotto per non farla annerire.
Posizionare nel centro del carpaccio di gamberi un  cucchiaio di granita al bergamotto


Ceviche d'acciughe e finocchietto selvatico al bergamotto

Ingredienti per 4 persone

12-14 acciughe medie, pulite e sfilettate,  precedentemente abbattute/congelate come da  prassi per il consumo
mix di sale grosso e zucchero (proporzione 60% e 40%) + la scorza di mezzo bergamotto
30-40 ml di succo fresco di bergamotto di Calabria
1 spicchio d'aglio
1/2 cipolla rossa
1-2 peperoncini freschi Aji
qualche ciuffo verde di finocchietto selvatico
olio extravergine d'oliva con buon fruttato, poco amaro, medio piccante
sale qb

Dopo aver decongelato le acciughe e averle asciugate bene, copritele con un mix di sale grosso, zucchero semolato e scorza di bergamotto grattugiata. Lasciate marinare per circa mezz'ora. Infine sciacquatele e asciugatele tamponandole con carta assorbente da cucina.
Sbucciate l'aglio e schiacciatelo, passatelo sulle pareti della ciotola in cui preparerete il ceviche, e lasciatelo intero sul fondo. Aggiungete le acciughe spezzettate, la cipolla affettata, il peperoncino tagliato a rondelle, qualche ciuffetto di finocchietto selvatico. Condite tutto con abbondante succo di bergamotto e un pizzichino di sale. Lasciate marinare in frigorifero qualche ora prima di consumare. Servite al naturale o con un filo d'olio extravergine.



INSALATA DI SEDANO, DATTERI, CIPOLLE AGRODOLCI E FEGATO DI RAZZA AFFUMICATO PER L'MTC N 70

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Qualcuno sta già torcendo la bocca?? Eh sì, per chi non è avvezzo a certi gusti, questa è roba forte, roba da palati avventurosi!! Già il fegato di pesce è tosto, ma con l'affumicatura "ti vuol vedere in ghigna" come dicono a Livorno, vale a dire che non si può bluffare, o si ama o si odia.

Personalmente sono una fanatica del fegato che sia bovino, ovino, suino e... marino! La rima ci stava dai...
Sul blog ci sono altre ricette con i fegati di razza o pescatrice, fra i più gettonati dagli appassionati,  perchè più garbati al gusto, ma mancava quello affumicato. L'occasione mi viene fornita dalla  nostra sfida Mtchallenge mensile, sull'affumicatura, lanciata dall'immensa Greta.  Sfida super tecnica, strepitosa e stimolante quanto quella precedente, sulla cucina alcolica di Giulia, e quindi dall'alcool si passa al fumo, bingo!


L'idea di cimentarmi nell'affumicatura del fegato di pesce mi viene da un antipastino last minute, ispirato ad una preparazione notata su una rivista di cucina,  che ho realizzato durante le feste e si è rivelato una delizia: una semplice insalata di sedano verde croccante, fegato di merluzzo affumicato in scatola (idea mia non della rivista), rimasuglio dell'ultimo viaggio in Spagna, e datteri, che non mancano mai durante le feste di Natale e fine anno.
Il fegato di merluzzo così come lo stesso merluzzo fresco da noi è introvabile, forse potrei ripiegare su un nasello ma decido di optare per un fegato che conosco meglio e tampino  la mia pescheria per una settimana (sono la loro ossessione) per trovarmi una bella razza grande con un bel fegatone. Nisba!
Scalpito per fare una prova, mi aggiro fra i banchi del mercato e i neuroni mi mandano continui input per concepire il piatto, cercando alleati del sedano per sostenere l'affumicato. Mi accontento di un fegatino mignon di razza e uno di pescatrice, tanto per provare, poi alla fine, mi viene bene e pubblico quello di razza, sufficiente  per una porzioncina-ina ma sicuramente lo rifarò.

Ho scelto come prima prova (perchè ne ho in mente un'altra, anzi più di una..), un'affumicatura a freddo con tè e riso, adatta al pesce, secondo le raccomandazioni del bellissimo post di Greta. Il tè è un profumatissimo tè nero agrumato, molto buono, di un'ottima marca, confezionato sciolto in eleganti scatole metalliche, non in bustine. Ho aggiunto del riso basmati, quello passava il convento (era una prova), dello zucchero di canna chiaro e alcuni grani di pepe di  Sichuan dalle note agrumate e fresche.  Il fegato è stato brevemente marinato con un vino muffato e dei semi di finocchio per addomesticarlo un po' con  l'aroma del finocchio e il dolce del vino che però asseconda anche l'affumicatura essendo un muffato.
L'insalatina è composta da sedano croccante, cipolle rosse in agrodolce, datteri al naturale, pimpinella o salvastrella, un'erba selvatica (sanguisorba minor) dal gradevole sentore di noce. Il tutto è condito con una vinaigrette composta da olio extra vergine, l'aceto di more dove ho scottato le cipolle, e semi di senape schiacciati e tostati. Tutto qui. Purtroppo non ho foto perchè pensando fosse una semplice esercitazione, non ho ritenuto di farle e invece avrei immortalato il mio primo successo!! mannaggia...


Il risultato mi ha sorpresa e mi ha soddisfatta. Io non amo l'affumicatura troppo spinta e ho apprezzato dunque che l'affumicatura sia risultata, forse per la fortuna del principiante,  delicata ma ben definita, tale da  sottolineare ed esaltare il gusto particolare e robusto del fegato, rendendolo elegante. La nota vegetale e molto fresca del  sedano così come  la nota agrodolce della cipolla, si sposano perfettamente con l'affumicato e il dolce molto dolce del dattero crea un contrasto netto, che poi si bilancia comunque con tutto il resto, la sfumatura della pimpinella è un tocco "nutty" inaspettato che diverte e vivacizza l'insieme così come la vinaigrette alla senape che dona un pizzico di piccantino e di brio. Forse mancava una nota sapida, magari dei capperi, ho sopperito semplicemente con un po' più di sale nella vinaigrette.


INSALATA DI SEDANO, DATTERI, CIPOLLE IN AGRODOLCE E FEGATO DI RAZZA AFFUMICATO



Ingredienti per 2 insalatine-antipasto

Fegato:
n 2 fegati di razza (80-100 g ca in totale)
1 bicchiere di vino dolce muffato
1/2 cucchiaino di semi di finocchio
3 cucchiai di tè nero agrumato
3 cucchiai di riso basmati
1 cucchiaio di zucchero di canna chiaro
1 cucchiaino di semi di pepe di Sichuan

Insalatina:
2-3 gambi di sedano verde
succo di mezzo limone
ghiaccio qb

1 piccola cipolla rossa di Tropea
100 ml di acqua + 200 ml di aceto di more
1 cucchiaino di zucchero bianco semolato
1/2 cucchiaino di sale fino
2-3 chiodi di garofano

2 datteri denocciolati conservati non zuccherati (meglio ancora se freschi)
qualche rametto di pimpinella selvatica (in alternativa soncino o spinacini baby)


Vinaigrette
2-3 cucchiai di olio extravergine d'oliva dal gusto fruttato intenso, buon piccante, amaro medio
1-2 cucchiai del liquido delle cipolle
1 cucchiaio di semi di senape
sale qb


Lavare il fegato di razza,  rimuovere la parte più scura e amara, se presente, asciugarlo bene, coprirlo con il vino e i semi di finocchio schiacciati. Lasciar marinare per 30-40 minuti. Sgocciolarlo senza asciugarlo, eliminare i semi di finocchio e passarlo in padella antiaderente appena "sporcata" d'olio, a fiamma bassa per un paio di minuti, girare, coprire  con un coperchio e completare la cottura per un altro minuto. A fine cottura salare e disporre in un piccolo cestello forato metallico da posizionare all'interno di una padellina adeguata per l'affumicatura. Posizionare al centro della padellina  un cartoccio di carta stagnola con un mix di tè, riso, zucchero e pepe, accendere il fuoco, aspettare che il mix inizi a bruciare e formare il "filo" di fumo, coprire e lasciar riempire tutta la padella di fumo. Infine posizionare il cestello con i pezzetti di fegato all'interno della padellina, ravvivare il fumo, spegnere, coprire e lasciar agire per almeno 20 minuti. Nel caso ripetere l'operazione, come ho fatto io, che forse nel primo step non avevo riempito bene di fumo la padellina.
Per completare, dal momento che volevo proprio riprodurre il fegato di merluzzo affumicato in scatola che è sott'olio, ho fatto raffreddare completamente il mio fegatino di razza e l'ho messo in una scatolina coperto d'olio extravergine dell'anno passato, che uso per cucinare. L'ho lasciato riposare un giorno intero in frigorifero.

Per l'insalatina, tagliare a metà i gambi di sedano e successivamente a julienne finissima. Immergerli in acqua acidulata con succo di limone e ghiaccio per qualche ora finché non si arricciano.
Per le cipolle in agrodolce: portare a bollore l'acqua, l'aceto di more, con i chiodi di garofano, sale e zucchero. Affettare le cipolle e scottarle per 30-40 secondi, a seconda dello spessore delle fette, devono rimanere un poco croccanti. Prelevarle con una schiumarola e farle asciugare su carta assorbente da cucina.
Lavare e asciugare la pimpinella
Affettare i datteri a rondelle
Per la vinaigrette: emulsionare l'olio con un poco di liquido di cottura delle cipolle, aggiungere i semi di senape schiacciati e tostati in padella antiaderente e un pizzico di sale.
Comporre l'insalata  disponendo in un piatto  i riccioli di sedano ben scolati, le cipolle, gli steli di pimpinella, le rondelle di dattero, irrorare con la vinaigrette, mescolare, infine posizionare sopra all'insieme dei pezzetti di fegato affumicato e finire con qualche goccia di vinaigrette anche sopra al fegato.

  

ROSSETTI E CALAMARETTI PER IL CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO

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Oltre ad aver scritto l'articolo di approfondimento in merito a  Novellame, Rossetti, Calamaretti & C, tema odierno del Calendario del Cibo Italiano che mi sta molto a cuore,  mi sono cimentata in alcune preparazioni che amo molto e che hanno come protagonisti queste prelibatezze.
Vado dritta al punto altrimenti il post diventa lunghissimo, le premesse le trovate nell'articolo citato che mi auguro riesca a fare un po' di chiarezza su un tema spesso confuso  ma soprattutto molto discusso perché coinvolge un patrimonio gastronomico regionale secolare che rischia di scomparire in seguito ai divieti di pesca comunitari di alcune specie come il novellame azzurro, ovvero i bianchetti.  Del resto, anche la salvaguardia della fauna ittica non è meno importante. Cuciniamo con quello che è consentito, cioè rossetti e calamaretti.


Partendo dalle più classiche, immortalo per la prima volta sul blog dei miei veri cavalli di battaglia, non proprio roba da Poverimabelliebuoni perchè sono costosissimi ma quando l'occasione merita, non ci si può tirare indietro:  rossetti con carciofi spaghetti con calamaretti 



I rossetti  (Alphia minuta) così come  i meno noti cicerelli  (Gymnammodytes cicerelus) più diffusi  nel meridione,   in realtà non sono vero novellame in quanto sono  specie minute  anche da adulte, soprattutto i rossetti che non superano i 6 cm di lunghezza e mantengono  un aspetto larvale, molto simile ai compianti avannotti di anguille e pesce azzurro.   La pesca di queste specie  è comunque regolamentata e ristretta a zone e periodi precisi  che, attualmente vanno da novembre a marzo.

Calamaretti spillo

Per quanto riguarda i pregiati e costosi calamaretti è bene distinguere i veri calamaretti novelli che appartengono alla specie loligo vulgaris e si pescano generalmente in tarda primavera, fra maggio e giugno, dagli Allotheutis media o calamaretti “spillo” o “penna”, così definiti per la loro forma molto affusolata e appuntita,  che si pescano tutto l’anno e  sono una specie minuta anche da adulta, raggiungono infatti al massimo 14 cm di lunghezza.  


Inoltre, ho osato anche replicare la ricetta dei calamaretti farciti con crostacei e verdure della chef Franca Checchi del ristorante Romano di Viareggio che avevo intervistato proprio per arricchire questa giornata con il suo mitico piatto, in carta da quasi quarant'anni! L'articolo del Calendario sui calamaretti della chef Franca, con relativa ricetta: qui e l'articolo dell'esperienza indimenticabile da Romano della sottoscritta qui

Nella foto la mia riproduzione 

L'ispirazione mi è venuta all'improvviso mentre pulivo i calamaretti per la pasta, mi sono detta "perchè non farcirne anche qualcuno?" Detto, fatto, anche se non avevo proprio tutti gli stessi ingredienti necessari ma molto simili. Nell'insieme sono soddisfatta ma i calamaretti di Franca sono inarrivabili, provare per credere e io li ho provati!!


La mia farcia prevede aglio, sedano (invece delle zucchine dell'originale), carota, prezzemolo  e nepitella, pane e gamberetti rosa anzichè le mazzancolle della ricetta originale.


Se volete cimentarvi, armatevi di pazienza e leggete attentamente la ricetta originale qui.


Per rossetti e carciofi, calcolate 80-100 g di rossetti e 1 carciofo tipo morello toscano a  testa.
Altri ingredienti : aglio, erba salvia, olio extravergine d'oliva fruttato e non amaro. Il sale non è necessario, i rossetti sono naturalmente molto sapidi e soprattutto non sciacquateli, per non sciupare il loro meraviglioso gusto di mare, eliminate soltanto eventuali schegge di conchiglie o pezzetti d'alga.
Mondate i carciofi, tagliateli a spicchi abbastanza sottili, metteteli in ammollo con acqua e limone per non farli annerire. Fate stufare delicatamente l'aglio con un po' d'olio e un goccio d'acqua e alcune foglie di salvia in una padella antiaderente, unite i carciofi, cuocete con il coperchio per 2-3  minuti, dovranno intenerirsi appena, infine unite i rossetti allargandoli bene nella padella, coprite di nuovo con il coperchio e cuocete a fiamma dolce per 1 o 2 minuti fino a che saranno diventati completamente bianchi. Servite con un filo d'olio a crudo.


Spaghetti coi calamaretti per 2 persone

200 g di spaghetti/linguine o bavette
250 g di calamaretti
3-4 foglie di salvia
1 spicchio d'aglio
olio extravergine d'oliva fruttato, buon erbaceo, medio piccante e poco amaro
peperoncino in povere Scotch Bonnet (media piccantezza, gusto erbaceo)
limone non trattato

Private i calamaretti della penna, rimuovete le interiora, preservando due o tre sacche d'inchiostro, togliete il becco e gli occhi e sciacquateli velocemente senza "sbiancarli" troppo. I più piccoli si possono lasciare integri con interiora e occhi, si toglie solo la penna, sentirete che bontà con il loro ripieno!! E ricordate che la pasta coi calamaretti deve essere un po'"sporca" altrimenti che gusto c'è?

Mentre cuociono gli spaghetti, fate stufare l'aglio sbucciato e schiacciato oppure spremuto nello spremi aglio per un gusto più incisivo, con la salvia, un po' d'olio e un cucchiaio d'acqua di cottura della pasta. Scioglietevi dentro l'inchiostro e infine buttate i calamaretti  e spegnete.  Scolate la pasta 2-3 minuti prima di fine cottura, calcolata al dente,  rimettete il sugo al fuoco, mantecate gli spaghetti  nel sugo di calamaretti, aggiungendo un po' d'olio e di acqua di cottura scuotendo la padella e facendoli saltare, lavorando di polso, fino a che si formerà una bella cremina avvolgente. Servite cospargendo con un pizzico di  peperoncino, portandone altro  a parte in tavola, da aggiungere secondo il proprio gusto, e se volete provare, aggiungete anche una grattugiatina di scorza di limone che rinfresca l'insieme!





GIRELLE D'ACCIUGHE AFFUMICATE PER L'MTCHALLENGE N 70

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Potevano mai mancare le acciughe affumicate? Se per la sfida precedente, quella sulla cucina alcolica, mi era ritornato in mente che mi ripromettevo dai tempi di Un'acciuga al giorno di fare le acciughe blu e le ho finalmente realizzate, per questa sfida, non potevo che ricordare che anche quelle affumicate vagavano irrealizzate nei meandri del mio cervello da anni!
Grazie ancora a  Greta dunque, la sfidante di questo mese, che ci ha stimolati tutti ad affumicare l'affumicabile, con la sua splendida proposta, arricchita da informazioni e spiegazioni preziosissime, sull'affumicatura casalinga, mtc n. 70. 



Dopo il fegato di razza affumicato, veramente, mi ero ripromessa di produrre un dolce col cioccolato affumicato, magari un bel sigaro, mettendo pure delle foglie di tabacco nel mix di affumicatura ma l'elaborazione mentale anche degli annessi e connessi mi prendeva troppo tempo e avevo mille idee anche per altro,  mi stimolavano anche le cozze affumicate...ma  poi ho visto in pescheria delle belle acciugotte e, niente, non ho resistito.

Sapevo in partenza che sarebbero state più adatte le sardine, più grassocce delle acciughe, infatti le sardine affumicate in scatola esistono, le acciughe non mi sembra proprio. Allora, ho pensato di ingrassarle un po'. Le ho fatte in due modi: semplici acciughe intere, quindi con maggiore spessore rispetto a quelle sfilettate,  affumicate e messe sott'olio "in scatola", da gustare in purezza con pane e burro e, un piatto completo con  girelle d'acciughe e lardo,  così da dare più consistenza e grassezza, oltre che  dolcezza e speziatura al gusto.

L'affumicatura ottenuta è risultata piuttosto marcata e con un gusto deciso ma gradevole, un bel connubio di  note caramellate ed erbacee, forti ma non amare, sia per le acciughe intere che per le girandole. Ottimo accompagnamento il burro o qualcosa di morbido per ammansire le prime, perchè se il fegato di razza affumicato era per palati forti, queste non sono tanto da meno!!
Nelle girandole invece giocano bene il lardo, i topinambur e i porri (la vellutata mi è venuta speciale!!) e la nota croccante, iodata  e sapida delle alghe diverte e sostiene il lato marino. Infine un po' di freschezza è garantita dal timo e dal limone.




Acciughe affumicate "in scatola":

10 acciughe piuttosto grosse
Sale grosso, colatura di alici, zucchero semolato, scorza di limone non trattato, aglio, alloro, pepe di Sichuan, semi di finocchio
Olio extravergine d'oliva



Mix affumicatura:
3 cucchiai di tè earl grey
1 cucchiaio di riso integrale
1 cucchiaino di zucchero di canna
1 cucchiaio di chips di melo ammollate in acqua per 3-4 h
scorze di 1/2 limone
2 foglie di alloro essiccato
1 cucchiaio di aghi di rosmarino essiccato
1 cucchiaino di grani di pepe di Sichuan

Innanzitutto pulite le acciughe, togliete sola la testa ed evisceratele senza spinarle. Mettetele a bagno in acqua e ghiaccio per 30 minuti. Asciugatele bene, passatele in congelatore per 96 h come da prescrizioni ministeriali per il trattamento domestico del pesce crudo. Prima dell'uso, decongelatele passandole dal freezer al frigorifero. Quando saranno ben decongelate, tamponatele con carta assorbente da cucina, disponetele in un contenitore in un solo strato e copritele con un mix fatto di 2 parti di sale grosso, 1 di colatura di alici e 1 di zucchero semolato, qualche scorza di limone, fettine d'aglio e tutti gli altri odori indicati. Lasciate marinare in frigorifero per 30-40 minuti circa. Infine sciacquatele, asciugatele e disponetele in un cestello forato per l'affumicatura.
Mettete il mix per l'affumicatura in una pentola 'acciaio, in un cartoccio formato da due o tre fogli d'alluminio sovrapposti in modo da non far bruciare la pentola. Accendete il fuoco al massimo e aspettate che si formi il fumo, lasciate riempire la pentola. Spegnete il fuoco, inserite il cestello con le acciughe, lasciate insaporire 5 minuti. Riaprite e velocemente girate le acciughe per far insaporire l'altro lato. Lasciate riposare altri 30 minuti.  Togliete le acciughe, fatele raffreddare, infine mettetele in un contenitore e colmatele d'olio. Servite scolandole bene dall'olio, su pane abbrustolito, accompagnato da riccioli di burro.


Mi è scappato un po' l'olio al giro finale :-D


Girelle di acciughe affumicate e lardo di Colonnata, vellutata di topinambur, alghe dulse fritte

Ingredienti per 2 persone

8 acciughe fresche di grandezza media
4 fettine di lardo di Colonnata
350 g di topinambur
50 g di porri
1-2 rametti di timo fresco
una manciata di alghe dulse essiccate
olio extravergine d'oliva, sale qb
olio di arachidi per friggere

Per la marinata delle acciughe: 3 cucchiai di colatura di alici, 1 cucchiaio di miele d'acacia, 1 cucchiaio d'olio extravergine

Per il mix di affumicatura, come sopra
3 cucchiai di tè earl grey
1 cucchiaio di riso integrale
1 cucchiaino di zucchero di canna
1 cucchiaio di chips di melo ammollate in acqua per 3-4 h
scorze di 1/2 limone
2 foglie di alloro essiccato
1 cucchiaio di aghi di rosmarino essiccato
1 cucchiaino di grani di pepe di Sichuan

Mondate il porro e affettatelo finemente, fatelo rosolare con un po' d'olio, bagnate con un cucchiaio di acqua calda, unite i topinambur privati della scorza e tagliati a fettine. Fate cuocere a pentola coperta per circa 30 minuti, allungando di tanto in tanto con acqua bollente. Frullate diluendo con altra acqua, se necessario,  fino ad ottenere una consistenza cremosa, regolate di sale.

Fate rinvenire le alghe in acqua fredda con un po' di sale grosso (perchè le dulse non sono molto salate)  per 10-15 minuti, poi scolatele mettendole ad asciugare su carta assorbente da cucina.

Eviscerate e sfilettate le acciughe, aprendole a libro.  Mettetele a bagno in acqua e ghiaccio per 30 minuti. Asciugatele bene, fatele marinare coperte da un'emulsione di colatura, miele e olio. Scolatele bene, senza sciacquarle,  infine separatele in due filetti ciascuna. Tagliate le fettine di lardo a metà in modo da ottenere delle strisce della stessa larghezza delle acciughe.
Accostate due filetti dalla parte della coda, sovrapponendoli leggermente, farciteli con una striscia di lardo, arrotolate pazientemente e fissate con uno stecchino.


Mettete il mix per l'affumicatura in una pentola d 'acciaio, in un cartoccio formato da due o tre fogli d'alluminio sovrapposti in modo da non far bruciare la pentola. Accendete il fuoco al massimo e aspettate che si formi il fumo, lasciate riempire la pentola. Abbassate un poco la fiamma,  inserite il cestello con le acciughe, lasciate cuocere  5 minuti. Spegnete e lasciate insaporire altri 15-20 minuti totali.

Mentre le girelle riposano nella fase di affumicatura, riscaldate la vellutata di topinambur, friggete le alghe ben asciutte in olio a 170°C, scolatele su carta assorbente. Assaggiate e se necessario, salatele ancora un pochino alla fine. Devono dare un bel tocco sapido.

Versate un mestolo di vellutata in ogni piatto, condite con un giro d'olio evo a crudo, foglioline di timo fresco e una piccola grattugiata di scorza di limone, togliete lo stecchino alle girelle, mettetele nel piatto sopra alla vellutata e completate con le alghe appena fritte.





PANCOTTO DI MARE PER IL CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO

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Signori, giù il cappello, Maurizio Marsili docet!


Per chi non lo conoscesse, lo chef Maurizio Marsili del ristorante Pesce Briaco di Lucca, è una delle voci più autorevoli, in materia pesce, di tutta la Toscana e probabilmente anche d'Italia. E' stato infatti testimonial della campagna di promozione del Pesce Dimenticato gestita alcuni anni fa  in Toscana da una sinergia di istituzioni pubbliche e private e di cooperative di pescatori con cui Poverimabelliebuoni ha collaborato per alcune attività ed  eventi che sono sempre  stati documentati sul blog.

Per approfondimenti, rimando al mio articolo sul convegno finale tenutosi a Firenze nel 2014 "Mens(a) sana in corpore sano" a cui è seguito il buffet di rito, preparato appunto dall'amico Marsili e che contemplava il suo straordinario pancotto con torpedine, un pesce veramente dimenticato che io non sono riuscita a trovare!!!

Seguendo i suggerimenti dello chef, con cui ho avuto anche il piacere e l'onore di cucinare, ospite nella sua cucina,  in una straordinaria serata di qualche anno fa, quando Pesce Briaco si chiamava Vigna Ilaria, ho provato a riprodurre il suo pancotto con risultati discreti anche se il suo ovviamente è irraggiungibile!!  Va beh...ho delle scuse...:-)  Innanzitutto il pane, il suo pane è spettacolare, io ne ho usato uno buono, a lievitazione naturale e con farina tipo 2 ma non c'è paragone con il suo che ha un'alveolatura ed una consistenza  elastica meravigliosa, poi il pesce, io pesce misto, lui torpedine, e anche le verdure un po' diverse, però sia quelle che il pesce è la stagione e il mercato che decide quindi ci si butta quello che c'è o che avanza altrimenti che piatto di recupero è? no? :-)

Per chi volesse scoprire un po' di curiosità su pancotto e l'acquacotta, rimando al  mio articolo di oggi sul Calendario del Cibo Italiano.

Zuppe povere che  prendono diversi nomi e vengono preparate in svariati modi,  declinate con i prodotti di ogni territorio d'origine ma che hanno un solo comune denominatore, e non si tratta del pane o del brodo: sono inequivocabili simboli ed espressioni di luoghi e di genti, testimonianze di un passato contadino di miseria e di stenti ma che ci ha regalato piatti poetici ed evocativi che abbiamo il dovere di custodire!

E allora, al grido di "salviamo il pancotto",  perchè non provarlo in versione marinara,  con brodo di pesce, verdure e bocconcini di pesce? E' un piatto che sorprende per la bontà e la piacevolezza, a dispetto del nome poco invitante. Provare per credere!





IL PANCOTTO DI MARE 

Pesci misti a piacere

pane toscano preferibilmente integrale e posato
odori classici per brodo + verdure miste a piacere
acqua qb
olio extravergine d'oliva
sale
peperoncino se gradito

Secondo le indicazioni dello chef,  si tratta di preparare un brodo con teste e lische  ben lavate dei pesci che avremo sfilettato, spellato, spinato accuratamente e tagliato a tocchetti. Pesci misti, magari a polpa un po' soda (io ho usato sugarello, gattuccio, cefalo e le polpe più sode attaccate alla spina centrale e le guance della razza che ho usato per il brodo). Per il brodo è meglio evitare il cefalo e i pesci azzurri troppo sanguigni. Nel brodo mettiamo a freddo abbondanti odori come sedano, carota, cipolla, magari un pomodoro per colorare un po' e anche del prezzemolo o basilico e pure aglio. Portiamo tutto ad ebollizione e lasciamo andare per 20 minuti. Filtriamo, eliminiamo le lische e recuperiamo le verdure tagliandole a tocchetti. Poi avviamo la base per il pancotto come per una normale zuppa di verdure, con quello che offre l'orto o il mercato di stagione, magari recuperando gambi di spinaci, di broccoli, foglie più esterne dei finocchi, fondi di cavoli, porri, zucca....La zuppa dovrà risultare piuttosto liquida perché dovremo aggiungere il pane, meglio se integrale,  tagliato a tocchetti. Dopo aver inserito il pane, riportiamo a bollore in modo che  si inzuppi bene e renda cremosa la zuppa; infine regoliamo di sale, abbassiamo la fiamma e aggiungiamo i pezzetti di pesce che cuoceranno in pochissimi minuti. Togliamo dal fuoco, condiamo con olio extravergine d'oliva a crudo ed eventuale peperoncino in fiocchi se gradito. E buon pancotto a tutti!!!





CREMA DI PATATE, COZZE E TRIPPE DI BACCALA' OMAGGIO A LEONARDO ROMANELLI PER IL CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO

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Un omaggio dovuto e sentito ad un caro amico, nonché coetaneo, Leonardo Romanelli, ospite del Calendario del Cibo Italiano per la giornata odierna dedicata alla Trippa con un'intervista in cui ci offre il suo punto di vista esperto su questo prodotto popolare e plebeo che per secoli ha costituito una fonte preziosa di proteine a basso costo per i ceti meno abbienti a cui toccava appunto il quinto quarto, cioè tutto quello che non era considerato nei quarti pregiati, destinati ai ricchi.

E chi meglio di lui per approfondire la materia? La dice lunga solo il titolo della sua pagina internet:  QUINTO QUARTO.  Il noto ed eclettico giornalista e critico enogastronomo fiorentino, sommelier, insegnante, autore e coordinatore di guide vini e ristoranti, scrittore di fantasiosi racconti e di pièce teatrali, di cui è anche interprete, direttore artistico di molti eventi di successo nonché personaggio televisivo nazionale è infatti da sempre un grande estimatore, promotore e sostenitore della new age del quinto quarto a cui ha dedicato una sua famosa pubblicazione:  Il Libro delle Frattaglie– Romano Editore, Firenze. 


Per ringraziarlo della sua disponibilità, con un gruppo di food blogger del nostro Calendario, abbiamo pensato di fargli una sorpresa e di realizzare alcune ricette con la trippa, tratte dal suo libro. Io non mi sono fatta sfuggire ovviamente quelle di mare. Tutti i contributi nella pagina con l'intervista a Leonardo Romanelli sul Calendario del Cibo Italiano

Personalmente devo molto a Leonardo, come professionista e come amico; è stato il primo a prendermi sul serio come food blogger e a spronarmi a fare il mio debutto in un cooking show, esattamente nel 2013, nella splendida cornice di Villa Caruso a Lastra a Signa per la manifestazione Zafferano, Saperi e Sapori. A questa si sono succedute, nello stesso anno  Il Giro d'olio in Piazza Strozzi a Firenze  


Emozionatissima, al Giro d'olio, alle prese con la palamita, mentre Leonardo intrattiene il pubblico e sotto l'occhio vigile e attento dello chef Luciano Zazzeri che alla fine ha assaggiato il mio piatto e mi ha promossa!

E ancora a Firenze: Visti da dentro, manifestazione romanelliana sul quinto quarto, dove ho portato fegato e uova di pesce; e a Palazzo Medici Riccardi con i prodotti del Valdarno e della Val di Sieve dove ho abbinato i marroni alle puzzolenti aringhe! Poi una volta siamo riusciti anche a portarlo sul mare, alla Perla di San Vincenzo dove abbiamo presentato il suo libro La birra in tavola e in cucina.
Forse non ricordo tutto ma ok, dai basta amarcord altrimenti ci scende la lacrimuccia.

Passiamo alla ricetta! Ho scelto la crema di cozze e patate al limone con trippe di baccalà, pag. 44 del libro, realizzata però con le trippe di stoccafisso perchè quelle ho trovato. Avevo già provato queste trippe precedentemente, mi piacciono moltissimo ma è un bell'ammattimento pulirle e quindi non è proprio qualcosa che si fa di frequente ma mi è piaciuto gustarle di nuovo. 

 Già ammollate e parzialmente pulite dalla mia pescheria

Completamente mondate, spellate e ben lavate dalla sottoscritta

In cottura, tagliate a striscioline

Ero un po' dubbiosa su questa ricetta, temevo un eccesso di sapidità, invece sono rimasta sorpresa dall'equilibrio e le dosi sono perfette. A mio avviso, il sale va dosato solo all'ultimo, assaggiando e regolando di conseguenza. Le trippe con il loro contenuto di collagene conferiscono all'insieme una singolare cremosità vellutata quasi ci fosse della panna ma appena un po' più viscosetta e si sposano a meraviglia con le cozze, esaltandosi a vicenda, a contrasto con la dolcezza di patate e porri. Il limone e il basilico rinfrescano il tutto, il peperoncino vivacizza l'insieme  e il croccante è garantito dai crostini di pane. Una gran bella ricetta caro Leo!! Grazie.
Non ci sono foto nel libro nè indicazioni particolari per l'impiattamento, allora ho pensato di creare un effetto un po' coreografico infilando anche qualche guscio di cozze nella crema. 
Di seguito la trascrizione fedele della ricetta del libro, tra parentesi le mie annotazioni/variazioni:



Ingredienti per 6 persone:

3 kg di cozze
3 spicchi d'aglio
un mazzetto di prezzemolo
600 g di patate (a pasta gialla)
300 g di trippette di baccalà (io stoccafisso)
1 porro
2 limoni (non trattati)
6 fette di pane 
1 l di brodo di pesce
1 peperoncino (io ho preferito mettere alla fine quello essiccato e macinato che si dosa meglio, optando per Scotch Bonnet Peperita, media piccantezza, perfetto per piatti di mare saporiti )
2 dl di olio extravergine d'oliva
1 dl di vino bianco secco (ops! dimenticato!)
6 foglie di basilico 
pepe nero (di mulinello)
sale fino qb (se necessario)

Pulire a fondo le cozze, quindi farle andare in padella insieme a 1 dl d'olio, due spicchi d'aglio schiacciati e il prezzemolo. Una volta aperte, sgusciarle,  e conservarle in un poco del loro liquido, ben filtrato (così non rinseccoliscono! io ne ho tenuta qualcuna nel guscio per guarnire il piatto). 
Tagliare il porro a fette sottili e farlo stufare in una pentola con il restante olio, unire le patate, tagliate a cubetti, bagnare con il vino bianco, insaporire con sale (io ho aspettato alla fine). Appena è evaporato il vino, bagnare con il brodo di pesce ben caldo. Portare a cottura. 
A parte, lavare le trippette di baccalà, quindi stufarle in padella con uno spicchio d'aglio schiacciato, un peperoncino (io alla fine, vedi sopra) e poco olio. (Per questo passaggio, ho avuto bisogno di aggiungere un poco di brodo e ho cotto le trippette con il coperchio, per circa 10 minuti, prelevandone alcune, un po' più al dente, per la decorazione finale. In questo caso vengono frullate quindi possono anche essere molto cotte, altrimenti non bisogna superare una certa soglia, perchè rischiano di diventare gelatina). Passare tutto al passaverdure a fori piccoli, unire il liquido delle cozze, montando  col frullatore ad immersione. (a questo punto io ho assaggiato e regolato con pochissimo sale e aggiunto il peperoncino macinato) Tagliare il pane a cubetti e tostarli in forno.
Tagliare la scorza dei limoni a striscioline sottili e guarnire con queste la crema disposta in piatti fondi. Unire le cozze (qualcuna anche col guscio se piace)  e guarnire con le foglie di basilico e pepe macinato al momento. 

MISERIA E NOBILTA': ACCIUGHE E GAMBERI PER IL VIS A VIS DI MTCHALLENGE

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Nella foto la mia riproduzione di un piatto di Mariella Cooking per una divertente rubrica del nostro Mtchallenge: VIS-A-VIS.

E’ una delle tante gustose novità introdotte dalla fervida mente di Alessandra, An Oldfashioned Lady, che ha arricchito la pagina di Mtchallenge con interessantissime rubriche tanto da farlo diventare un vero magazine on line: MAG ABOUT FOOD con foto, grafica e contenuti  semplicemente fantastici!!
Nel Vis -à- vis si mettono spiritosamente a confronto due food blogger che possono condividere idee e avere caratteristiche comuni o semplicemente sono stati  “affratellati”  per ironia della sorte durante un Mtchallenge come è accaduto a Mariella e a me che ci eravamo meritate un premio  vanpeltiano in tandem e l’appellativo di  “sisters” per via della nostra iper produzione da record di baci di cioccolato per la sfida n 45 sui baci di Annarita: 

Sezione Cinema
Il tanto attesto remake de L’Ultimo Bacio è affidato alle due che, in questa gara, si sono sfidate a colpi di cioccolatini, facendoci rivivere le emozioni dei grandi duelli del passato e del presente, da Borg e Mc Enroe a Wimbledon, da Maradona e Platini nei sondaggi della Gazzetta dello sport, fino ad Albano e Romina, sul palco dell’ultimo San Remo. Intervistato da Fazio, nello speciale “Che Bacio che Fa”, il regista Gabriele Muccino avrebbe tessuto lodi sperticate delle due interpreti, se solo non avesse avuto la bocca piena, di baci all’acciuga e al torrone dei morti. A noi non resta che ammirarle, in uno degli spezzoni più intensi del film

 

E ora gustatevi sul sito Mtchallenge il nostro Vis-à- Vis e  la vignetta di rito della mitica Francesca Carloni di Vignette e Ricette che ci ritrae come le suore canterine di Sister Act!!

cristina-mariella

La ricetta che ho pescato nel blog di Mariella è intitolata  COINCIDENZE  
Perché quello che mi piace di Mariella, oltre al suo rigore scientifico che unito a partenopea ironia  crea un mix irresistibile,  è anche che se ne infischia dei motori di ricerca e i titoli non sono funzionali ma emozionali, riflettono e sintetizzano ciò che le ha ispirato la ricetta, col suo stile asciutto e incisivo, senza fronzoli.  
A costo di essere banale e ripetitiva, ho scelto una ricetta con le acciughe ma mi ha divertito troppo l’ accostamento acciughe e gamberi che fa tanto “miseria e nobiltà”, inno alla napoletanità, per onorare la rima! E nel post c’è una chicca deliziosa, uno strappo alla regola della stagionalità che si concede con grande ironia. La adoro!! Non ultimo la ricetta è perfetta. Sono buonissime queste acciughe ai gamberi e arancia, veramente deliziose!!



Acciughe ripiene con gamberetti all’arancia

Ingredienti per 2 persone

Acciughe fresche 300 g
Gamberetti  150 g
Pan carré 150 g (io ho usato del pane toscano integrale)
Pan grattato 2 cucchiai (io: pane toscano integrale raffermo grattugiato)
Grana padano 2 cucchiai (io parmigiano, non avevo il grana)
Arancia 1 (navel, non trattata)
Una manciata di aneto fresco (io : ciuffi di finocchietto selvatico)
Olio evo, sale, pepe qb

Eviscerare e spinare le acciughe, aprirle a libro, metterle in acqua e ghiaccio per farle spurgare bene. Asciugare tamponando bene con carta assorbente.
Sgusciare i gamberetti,  mantenendo la codina se si opta per una presentazione più coreografica (vedi foto di copertina), altrimenti rimuovere completamente il carapace.  Tritare grossolanamente i gamberetti a crudo.
Tritare  mollica del pane privato della crosta, con il parmigiano o grana, la scorza dell’arancia e il finocchietto selvatico o aneto. Condire con un po’ d’olio evo, sale e pepe.
Farcire i filetti d’acciughe con il composto, inserire una codina in modo che fuoriesca e arrotolare a involtino. Fermare con uno stuzzicadente o semplicemente appoggiare i rotolini nella teglia dalla parte della chiusura, premendo un poco, non si apriranno e si attaccheranno in cottura.
Tostare il pangrattato in padella antiaderente, cospargere i rotolini, spruzzare con il succo dell’arancia, irrorare con un filo d’olio e cuocere in forno a 180° C per 7-8’
Servire irrorate con il loro fondo di cottura, guarnire con scorzette d'arancia e ciuffetti di finocchietto selvatico



Bella vero la tovaglietta coi pesci? E' una tovaglietta monouso in puro cotone biodegradabile della linea Natur all  che mi è stata omaggiata alla Fiera Tirreno Ct di Carrara dal distributore Deytron. Avevo chiesto di acquistarle ma non vendendo in fiera me ne hanno omaggiate alcune e quindi mi sembra cortese e doveroso citare e ringraziare la fonte.






MOSTELLA IN FRITTURA COL VINO DA APICIO

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IL PESCE IN FRITTURA COL VINO DI APICIO

Prendi i pesci che ti piacciono, crudi, e lavali; sistemali in padella. Metti olio, garum*, vino, un mazzetto di porri e coriandoli; fai cuocere. Polverizza pepe, origano, ligustico** e il mazzetto allessato; tritura e tempera con salsa piccante. Lega;  e quando sarà ben soda, servila con una spruzzata di pepe.

Queste le sommarie indicazioni tradotte fedelmente dal ricettario del celebre Marco Gavio Apicio, noto anche semplicemente come Apicio, un vero gourmet ante litteram, vissuto presumibilmente nel 1° secolo DC, a cui si devono le maggiori testimonianze della sfarzosa cucina della Roma Imperiale. La sua biografia non è certa ed è farcita di misticismo e aneddoti come quello più eclatante relativo al suo suicidio poiché, ridotto il suo patrimonio a “soli” 10.000 sesterzi (cifra considerevole secondo gli storici latini), non avrebbe più potuto mantenere il suo alto tenore di vita.
I vari frammenti di Apicio dimostrano come fossero importanti e abbondanti le salse e i condimenti nelle pietanze romane. I gusti erano forti, agrodolci, speziati, piccanti. Spicca fra tutti il garum di pesce che veniva utilizzato come il comune sale da cucina su ogni preparazione di carne, pesci e verdure e non mancava quasi mai nei componenti delle salse.

Brevemente, il garum era una salsa molto popolare ottenuta lasciando macerare vari pesci sotto sale, spezie e aromi. A seconda dei pesci utilizzati e a seconda del luogo di produzione, ve ne erano di pregiate e di più ordinarie. L’erede di questa salsa è l’attuale Colatura diAlici di Cetara, il liquido ambrato ottenuto dalla macerazione delle alici sotto sale.

Per la GN della cucina dell’anticaRoma del Calendario del Cibo Italiano, ecco  la mia interpretazione della ricetta indicata con il titolo “pesci in frittura col vino” per la quale ho utilizzato quello che offriva il mercato, scegliendo le poco note e rare mostelle, dalla fine polpa soda bianca e saporita, che non hanno niente da invidiare a quella dei più pregiati e conosciuti scorfani e gallinelle ma sono molto più convenienti nel prezzo!


Ero scettica sulla salsa, invece era squisita, almeno la mia versione! Ovviamente non c’è possibilità di riscontro. Chissà come sarà stata l’originale..

 MOSTELLE IN FRITTURA COL VINO



Ingredienti per 2 persone

2 mostelle di scoglio da 300 g cad. (o gallinelle/scorfani/triglie)
20-30 ml di colatura di alici di Cetara
80 ml di vino bianco secco
2 foglie di porro
2-3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
1 mazzetto di coriandolo fresco

Per la salsa:
½ cucchiaino di origano secco
Una manciata di foglie di levistico o foglie di un cuore di sedano bianco
½ cucchiaino di pasta di peperoncino media piccantezza (peperoncini jalapeno freschi macinati con olio extravergine)
Pepe nero di mulinello qb

il prodotto moderno più vicino al garum è la colatura di Alici di Cetara

**ligustico o levistico o sedano di montagna, in alternativa si può sostituire con del sedano




 Squamate ed eviscerate i pesci, lavateli bene sotto acqua corrente e asciugateli. Metteteli in una casseruola di rame, cospargeteli con l’olio, il vino bianco e la colatura, unite le foglie di porro arrotolate e il mazzetto di coriandolo legato. Cuocete in forno a 200° C per 15 minuti. Tenete in caldo.

Prelevate i porri e il coriandolo, eliminate lo spago, tritateli insieme alle foglie di levistico o sedano, metteteli in un pentolino, unite l’origano, la pasta di peperoncino, una macinata di pepe, legate con il liquido di cottura dei pesci, facendo andare a  fuoco dolce per pochi minuti, diluendo con ulteriore vino se necessario. Regolate di sale, aggiungendo altra colatura se necessario.

Servite i pesci nappati con la salsa. Aggiungete eventualmente un’ultima macinata di pepe, se gradito.



DISTRETTO A, FAENZA - XI EDIZIONE - ZAVAGLI E SVARIONI 18-20 MAGGIO 2018

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 CENA ITINERANTE DISTRETTO A WEEKEND – DAWE 2018 
Perdersi nella geografia faentina fra arte e cibo (compreso quello selvatico) XI edizione -
 Faenza 18-19-20 maggio 2018 a cura di Distretto A Faenza Art District 
 
Gironzolare per un weekend fra le strade di Faenza e imbattersi in spazi privati e pubblici che esibiscono il prodotto di creatività varie attraverso il ​cibo​ e l’​arte​. L’anno scorso sono state ​15.000 le persone​ che si sono aggirate ​fra le postazioni della Cena Itinerante​ e anche quest’anno, per l’undicesima edizione, l’associazione Distretto A ha organizzato, da ​venerdì 18​ a ​domenica 20 maggio​, ​Distretto A Weekend​ – ​DAWE​ - un copioso carnet di iniziative che prevede le ​proposte di grandi chef​ e ​progetti d’arte urbana​. La formula è nata, otto anni fa, dall’idea di una cena diffusa nel centro storico faentino abbinata alla visita di alcuni studi d’arte per l’occasione aperti la sera. Ora estesa all’intero fine settimana si articola in un totale di ​54 spazi visitabili​, fra studi aperti, musei e punti ristorativi e ​68 eventi​ tra mostre, allestimenti, visite guidate, laboratori, concerti, dj set e appuntamenti. 

Venerdì 18 maggio​ (solo per questa serata) ​46​ fra ​ristoranti e osterie​ e ​38​ fra cantine​, ​barman​ e ​birrifici​ emiliano-romagnoli, si distribuiranno in una mappa reticolare che coprirà tutto il centro di Faenza, per l’occasione trasformato quasi totalmente in zona pedonale, con l’ausilio di navette elettriche. I gastro-passanti potranno transitare da una tappa all’altra, muniti di calice, costruendo mano a mano il loro personale concetto di cena, collezionando multi esperienze gastronomiche. 
Dalla pizza contemporanea di ‘​O Fiore Mio​ e ​Pummà​ con impasti al lievito madre, farine bio macinate a pietra e grande selezione di ingredienti, ai sapori marittimi dello chef Omar Casali del ​Marè​ di Cesenatico, agli accostamenti inattesi e le tecniche innovative del nuovo Benso di Forlì che annovera ​Pier Giorgio Parini​ nella supervisione dei piatti. Per la prima volta dopo l’apertura del suo ​da Gorini​ a San Piero in Bagno, ​Gianluca Gorini avrà una postazione alla Cena Itinerante, dove porterà la sua concezione avanguardistica di “Romagna in fiore” nel piatto, versione da passeggio. Non mancherà come a ogni edizione, un saggio di una delle esperienze più dirompenti della gastronomia italiana contemporanea, ​Postrivoro​, con i ragazzi di ​Raw Magna appostati in uno spazio consono al loro mood audace e innovatore.  
Prima partecipazione al gastro pellegrinaggio faentino per ​Scamporella​, il picnic country-chic che nelle ultime estati ha vivacizzato le colline cesenati. 
In anteprima sull’atteso programma estivo, la cenetta sotto gli ulivi secolari, raggiunti in trattore con il proprio cestino di vimini e accovacciandosi intorno alla tovaglia a scacchi rossi, si trasferisce in città, sempre all’aperto, ma in questo caso ornata da un fondale urbano. La proposta gastronomica avrà la firma di ​Alberto Faccani​, da quest’anno ​bistellato Michelin​ del Magnolia di Cesenatico, già collaboratore principale per la parte gastronomica dell’esperienza bucolica e che sarà presente anche il giorno successivo con “​Magnolia To go”​ il furgoncino verde mare che porta in giro il cibo di strada dello chef di Cesenatico. 

La chef Valeria Mosca, foto credits Francesco Zoppi

Sabato 19 maggio​ Distretto A – DAWE proporrà un evento incluso nella quarta edizione della ​Wild Feral Food Week​, la settimana celebrativa del cibo selvatico ideata dal ​Berkeley Open Source Food​, progetto che studia e promuove il ​wild food ​ e che annovera nel board ​Roberto Flore​, head chef del ​Nordic Food Lab ​di Copenhagen fondato da ​René Redzepi​. 
 In ​tutto il mondo​, nella ​settimana dal 18 al 27 maggio​ verrà rivolta attenzione da parte di chef, ristoratori, produttori e forager all’​utilizzo ​di alimenti prodotti spontaneamente dall’ambiente, dalle ​piante selvatiche agli insetti​. Cibi che possono migliorare la nutrizione dilettando il palato, riducendo allo stesso tempo lo spreco e incrementando la biodiversità.  DAWE 2018 contribuirà alla promozione di questo obiettivo etico organizzando, lungo il fiume ​Lamone ​a Faenza, una ​passeggiata-lezione di foraging​ (prenotabile qui https://pptng.it/foraging​) tenuta da ​Valeria Mosca​, pioniera in Italia nella raccolta conservazione e uso in cucina del cibo selvatico. La chef fondatrice di ​Wood*ing​ ci condurrà alla scoperta delle specie vegetali spontanee attraverso l’alimurgia, lo studio della commestibilità delle piante selvatiche in una gita di un paio d’ore che si concluderà con un ​aperitivo e assaggi​ a base di vegetali selvatici.  

Domenica 20 maggio​ sarà l’occasione per rivedere i luoghi espressione della creatività del quartiere con la luce del mattino, dopo la confortante ​colazione collettiva​ si potrà girellare fra laboratori, visite guidate e passeggiate urbane. 
Nell’ambito della valorizzazione del territorio che ​Distretto A Weekend​ – ​DAWE​ si prefigge, con le iniziative del fine settimana dal 18 al 20 maggio, c’è anche il recupero della fonetica, morfologia, grafia e letteratura in dialetto romagnolo, che quest’anno permea il ​tema di DAWE 2018​ ​“Zavagli e Svarioni”​. Dove il primo denota le cianfrusaglie, oggetti che, a dispetto di una funzionalità nulla, hanno storie da raccontare e spesso sono frutto di grande creatività. Mentre il secondo è lo strafalcione linguistico che offende la grammatica ma in molti casi si avvicina alla poesia e all’arte.  E come sempre ​l’arte ricopre un ruolo determinante in DAWE 2018​. 
Con l’intento di valorizzare gli spazi urbani attraverso interventi di street art, Distretto A – Faenza Art District ha promosso la seconda edizione di Urban Art Contest, un bando   internazionale, curato dall’architetto Bianca Maria Canepa, volto a premiare l’artista che  con la sua opera contribuisca alla riqualificazione della città. Il concorso, collegato  anche a una campagna di crowdfunding, ha decretato ​vincitore dell’​edizione 2018 Tellas (Cagliari 1985) considerato dall’Huffington Post USA f​ra i 25 street artist più  interessanti del mondo. Con ​Terra e Mare l’artista ha interpretato il tema ​unendo idealmente​ Faenza e Palermo,​realizzando due opere murali nelle rispettive città. La  prima si scoprirà a Faenza il 19 maggio e la seconda, in ​Sicilia, sarà presentata il 16 giugno​. 
Tutti i 51 bozzetti che hanno concorso alla selezione Urban Art Contest verranno esposti in una collettiva al ​Blocco A c/o EX DO (via Mura Mittarelli, 34)​. dove tutti i  lavori provenienti da Francia, Germania, Grecia, Catalogna, Paesi Bassi, Spagna, Ukraina, ma anche da Brasile, USA, Canada e Messico e le proposte di street artist già  noti come Mattia Campo Dall’Orto, Fabio Petani, Marco Teatro, Truly Design, Fijodor  Benzo, Mirko Dadich, Domenico Melillo e due gruppi proposti da Memorie Urbane,  correranno anche al premio, istituito l’anno scorso, dedicato a ​Francesco Pinoni​. 



 IL PROGRAMMA RESTA INVARIATO IN CASO DI MALTEMPO 
 Distretto A Weekend​ è un progetto di ​Distretto A Faenza 
 www.distrettoa.it  Facebook: Distretto A - Faenza Art District Twitter: @distrettoA Instagram: distrettoa  #DAWE208 #cenaitinerantefaenza #distrettoa #CIfaenza18 

Info line 392 0319674 dal lunedì al sabato dalle 14.00 alle 18.00 Per la passeggiata-lezione di foraging è necessario prenotare  qui https://pptng.it/foraging​, oppure chiamare il 3453397052, o inviare una email a lorenzo@popeating.it


LE COLLABORAZIONI Continua e si rafforza la collaborazione con ​Buongiorno Ceramica​, una manifestazione dedicata al mondo artigiano del materiale del territorio per eccellenza, che per la prima volta verrà ospitato all’interno di Distretto A Weekend. Domenica 20 maggio, infatti, per tutta la giornata l’evento dal quartiere si allarga a tutta la città, attraverso le aperture straordinarie di botteghe, studi e atelier ceramici.   Sono già ufficiali altre collaborazioni. Quella con ​Green-Go Bus / Viaggi Erbacci ​che per il terzo anno si occuperà di facilitare il raggiungimento del pubblico verso il quartiere chiuso al traffico. I giovanissimi del Gruppo Fotografia Liceo, dopo l’esordio nel 2017, si confermano reporter ufficiali dell’evento e continua il supporto sugli allestimenti da parte studenti della ​scuola Penny Wirton​, frequentata dai richiedenti asilo. Gli ​Scout​ del Noviziato Clan 1 di Faenza saranno ancora parte integrante dello staff nei punti informativi. Attivata infine già la prima media partnership con ​Buonsenso Faenza​, progetto innovativo di giornalismo centrato sul nostro territorio.

Oltre che vetrina per chef e produttori che possono presentarsi a un grande pubblico con una loro proposta gastronomica ispirata al tema del weekend, l’evento continua a offrire ad alcune ​associazioni benefiche​ del territorio la possibilità di svolgere le loro attività di ​raccolta fondi​.


LE ATTIVITÀ 2018 DELL’ASSOCIAZIONE DISTRETTO A SONO STATE POSSIBILI Con il ​patrocinio​ del ​Comune di Faenza   Con il ​contributo​ di: ​Regione Emilia Romagna / Assessorato al Turismo​, Unione della Romagna Faentina
 Partner​: Fondazione Banca del Monte e Cassa Risparmio Faenza, BOLE’, Pieri Group,
Doreca   Partner Tecnici​: Ascom, Hera, Scuola di musica Sarti Faenza, MozArt, ISIA Faenza, Viaggi Erbacci,Cinem adivino Emilia Romagna, Pullover Comunicazione, Extra Class Italia, Italsedie, Scout Faenza, Ass. Torre dell’Orologio, Litotipografia Fabbri, Gruppo Fotografia Liceo   In collaborazione con​: Ente Ceramica Faenza, Museo Carlo Zauli, MIC - Museo Internazionale delle ceramiche, Scuola Penny Wirton, Osteria della Sghisa, Arch. Bianca Maria Canepa, Quazàr coworking & spazio eventi   Media Partner​: CACOevents.com , Buonsenso Faenza, Gagarin - orbite culturali, Radio Icaro Rubicone, Melodybox   Si ringraziano​: TECLA, Cassa di Risparmio di Cento 


Ufficio stampa  Bianca Tecchiati Lorenzo Noccioli 
+393485313076  bianca@popeating.it  lorenzo@popeating.it 

UN MARE DI GUSTO-PALAMITA IN FIORE, SAN VINCENZO 19-20 MAGGIO 2018

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Come proverbio vuole: non c'è due senza tre! Ed eccomi ancora arruolata per la terza volta consecutiva nell'organizzazione di Un Mare di Gusto, la tradizionale kermesse di San Vincenzo legata alla palamita e a tutto il pesce azzurro, che celebra da anni la cultura del mare in cucina, nell'arte e nel tempo libero. 




San Vincenzo, tutto pronto per Un mare di gusto
Sabato 19 e domenica 20 maggio un ricco calendario di eventi, degustazioni
e approfondimenti dedicati alle tipicità ittiche della Costa degli Etruschi
Novità di quest’anno sono lo street food serale e il “pranzo della domenica

Da un lato gli appuntamenti gastronomici, dallo street food serale al “pranzo della domenica", dall’altro gli approfondimenti culturali sul tema del pesce azzurro della Costa degli Etruschi. La valorizzazione della risorsa ittica si conferma anche quest’anno come il filo conduttore di “Un Mare di Gusto”, la tradizionale rassegna che sabato 19 e domenica 20 maggio animerà San Vincenzo con eventi dedicati alla Palamita e al pesce azzurro del nostro mare.
La manifestazione, organizzata dal Comune di San Vincenzo e sotto la direzione artistica di Deborah Corsi - chef JRE del ristorante La Perla del Mare - si presenta con numerose novità in programma, a partire dal tema protagonista di questa edizione, i fiori. Non è un caso, se il tema quest’anno viene declinato come “Palamita in fiore”: saranno infatti gli accostamenti tra il pescato e il mondo floreale, a caratterizzare il calendario che la prossima settimana animerà San Vincenzo.


Il programma prevede un appuntamento (per la prima volta in orario serale, dalle ore 19 alle 23) dedicato alloStreet fooda tema Palamita e prodotti del territorio, con un ventina tra ristoranti, bar e gelaterie di San Vincenzo che propongono le loro interpretazioni – sia dolci che salate, in abbinamento con fiori eduli – in altrettanti gustosi banchi d’assaggio. Saranno presenti gli stand di Arcipesca, Avis, Blue Marlin, Agriturismo Costa etrusca, Giglio di mare, il Gustomobile, Il Sale, La Granita, La Lanterna, La Perla del mare, Le Metrò, Lupo Cantero, Maremma Maiala, Mum and Dad, Nettuno, Number One, Papaveri e mare, Pian delle More e Quartocielo. Inoltre, molti dei ristoranti che partecipano allo street food di sabato sera, fino a domenica proporranno in carta almeno un piatto dedicato alla palamita e al pesce azzurro in abbinamento ai fiori eduli.


Inoltre, alla Torre di San Vincenzo andranno in scena la presentazione del libro “Dall’atelier alla cucina” di Elisabetta Arrighi con un cooking show dello chef Emanuele Vallini (ore 15), un incontro sul progetto Avis sulla nutrizione di qualità “Successful Aging – Invecchiare con gusto” (ore 16), la presentazione in anteprima del progetto di recupero del gusto delle sardine dell’antica friggera di San Vincenzo (ore 17) con assaggi di sardine sott’olio, nonché il convegno “La Palamita che verrà – Il futuro della pesca nei nostri mari” (ore 18) che farà il punto sui sistemi di tutela e sviluppo della risorsa ittica del territorio. Infine – last but not least – per la prima volta assoluta il “Pranzo della Domenica”, una jam session culinaria lungo la passeggiata del Marinaio con quattro chef del territorio: Fabrizio Caponi (Osteria I’ Ciocio, Suvereto) con la palamita al fumo d’alloro, Ivano Lovisetto (Il Baccanale, Piombino) con la panzanella azzurra, Mirko Rossi (Il Doretto, Cecina) con i bottoni di canapa alla palamita e Deborah Corsi (La Perla del Mare, San Vincenzo) con la palamita “croc” e il dessert campigliese new style. Il tutto accompagnato dai vini del territorio. Sponsor dei fiori eduli del pranzo è l’azienda Carmazzi di Torre del Lago. Tra le partnership di quest’anno, spicca quella con l’Acquario di Livorno, con sconti speciali per andare a visitare la struttura. 

E ancora: sabato e domenica il centro di San Vincenzo diventa un giardino fiorito, grazie alla mostra-mercato dedicata al mondo delle piante, dei fiori, degli allestimenti floreali, ma anche dell’arredo per il giardino, per la casa e per gli angoli verdi cittadini, con una selezione di vivaisti e artigiani del territorio. Sarà inoltre presente un mercatino di artigianato di qualità con creazioni a tema degli artigiani di Un Mare di Gusto, piccole e grandi opere di ingegno ispirate ai pesci e ai fioridi questa edizione. Nella sede del Circolo Fotoamatori di San Vincenzo, infine, si terrà una mostra di modelli di barche da pesca d’epoca, a vela e a motore, del maestro modellista Luciano Corsi, mentre tutta la segnaletica “ittica” della manifestazione sarà curata dai bambini delle scuole elementari G. Rodari.    PROGRAMMA 

Spiega Deborah Corsi: “Maggio è il mese dei fiori, la natura si tinge di colori vivaci e si rinnova, il mare si ravviva e allo stesso modo Un Mare di Gusto, la tradizionale kermesse enogastronomica di San Vincenzo, legata alla palamita e a tutto il pesce azzurro, rifiorisce, presentandosi in una nuova veste simboleggiata dai fiori”.

“Un Mare di Gusto, forte del successo della sua ripresa dopo alcuni anni di stop – le fa eco l’assessore comunale Serena Malfatti – si rinnova e si veste a nuovo con questa affascinante edizione in serale.  Il cambiamento del format consentirà di coinvolgere nuovi attori ed offrire ai visitatori una gamma di profumi e sapori molto più ampia e coinvolgente, accompagnata dalla bellezza dei fiori di maggio.”

Biglietti:
Presentazioni, mostre  e i convegni sono a ingresso libero e gratuiti
Per lo street food il costo del biglietto è di 10 euro e dà diritto a 4 degustazioni cibo o vino. Ogni ulteriore degustazione ha il costo di 2 euro .
Il pranzo della domenica ha un costo di 40 euro (20 per i bambini dai 3 ai 12 anni).Per info e prenotazioni: www.unmaredigusto.it  info@unmaredigusto.it

Ufficio stampa : Marco Gemelli  marcogemelli78@gmail.com
Digital PR      Chiara Brandi    cb.socialbranding@gmail.com                                                                                                                                              
                                                                                                                                                  


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