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PALAMITA, CREMA DI AVOCADO AL WASABI E FIORI EDULI

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Dopo mesi di preparativi, eccoci alla vigilia di Un Mare di Gusto!  Domani si inizia e si balla per tutto il weekend!
Il meteo sembra promettere bene, la lista delle ultime cose da fare è tutta spuntata, tutto è pronto per la partenza. Per qualcuno il fischio d'inizio scatta domani all'alba, ci sono i gazebi e gli stand da montare, le sagome delle palamite decorate coi fiori dai bambini delle elementari da appendere in giro per il paese, le magliette da distribuire, le casse e gli info point da installare, controllare microfoni e tutto l'occorrente per presentazioni, cooking show e convegni, briefing con i ristoratori, i sommelier, i ragazzi dell'alberghiero, i volontari....insomma, ordinaria amministrazione degli ultimi step preparatori per chi sa cosa significhi organizzare una manifestazione enogastronomica!!

Ho ancora qualche telefonata da fare, gli ultimi dubbi da risolvere,  ma riesco a ritagliarmi un piccolo spazio e pubblico una ricetta in omaggio alla festa che quest'anno associa palamita e pesce azzurro ai fiori eduli, secondo il leit motiv Palamita in fiore. 
Perché, come spiega la chef Deborah Corsi, direttrice artistica della manifestazione dal 2016  "Maggio è il mese dei fiori, la natura si tinge di colori vivaci e si rinnova, il mare si ravviva e allo stesso modo Un Mare di Gusto, la tradizionale kermesse enogastronomica di San Vincenzo, legata alla palamita e a tutto il pesce azzurro, rifiorisce, presentandosi in una nuova veste simboleggiata dai fiori "   

La mia preparazione  prende spunto dall'accostamento palamita e crema di avocado al wasabi, dello chef Francesco D'Agostino del  ristorante La Martinatica di Pietrasanta, un suggestivo locale ospitato in un antico mulino ad acqua,  recente scoperta che mi ha colpita favorevolmente sia per la qualità delle proposte di cucina che per la vivacità e simpatia della sala. Un mix che raramente funziona così bene.
Il piatto dello chef era molto minimal: tranci di palamita al naturale, scottati, rosa al cuore, e crema di avocado al wasabi, quest'ultimo dosato con parsimonia, si avvertiva la sfumatura piccante solo nel finale. Non ho osato chiedere come l'avesse preparata, sia la palamita che la crema, ho fatto di testa mia. Il risultato è stato abbastanza soddisfacente ma qualcosa mi sfugge nella crema, diamo la colpa all'avocado che magari non era speciale?
Ho marinato e insaporito la palamita come faccio spesso  con salsa di soia e miele,  l'ho accompagnata con una julienne di verdure crude, neanche a farlo apposta avevo del cavolo cappuccio in casa che mi sembrava perfetto, con una nota acidula e quel  piccantino che richiama il wasabi della crema. Per completare il  tocco esotico, qualche fogliolina di coriandolo fresco che adoro  e infine ho decorato con petali di margherite gialle (dolci e delicate) e impatiens (gusto leggermente acidulo e fresco) rallegrare la vista ma anche il palato!



Ingredienti per 2 persone

un filetto di palamita da  250-300 g spellato e abbattuto o passato nel congelatore domestico a -18° C per 96 h come da prassi per il consumo di pesce crudo
200 g di polpa di avocado ben maturo (300 g ca lordo)
1/2 cucchiaino di pasta di wasabi o polvere di wasabi qb
1/2 cavolo cappuccio bianco
olio extravergine d'oliva, sale
aceto di mele
salsa di soia - miele d'acacia
succo di limone
coriandolo fresco
margherite gialle e impatiens fiori commestibili bio Azienda Carmazzi

Scongelare il filetto di palamita ponendolo in frigorifero la sera prima. Una volta completamente scongelato, un'ora prima circa della preparazione, tamponarlo bene con carta assorbente, scalopparlo tagliandolo in senso diagonale, metterlo a marinare con un'emulsione di salsa di soia e miele nella proporzione 3 cucchiai da minestra di salsa di soia, un cucchiaino da tè di miele e un cucchiaio di olio extravergine d'oliva. Porre la marinata in frigorifero, girando di tanto in tanto, fino all'utilizzo.

Sbucciare l' avocado, ricavare la polpa, tagliarla a tocchetti e trasferirla nel bicchiere di un frullatore e frullare aggiungendo un filo d'olio extravergine d'oliva dal gusto fruttato, poco amaro, una spruzzata di limone, infine regolare di sale (poco) e insaporire con il wasabi secondo il proprio gusto ma senza eccedere, deve risultare una gradevole sfumatura.

Mondare, lavare e affettare finemente a julienne il cavolo cappuccio, condirlo con olio, aceto e sale.
Posizionare la crema di avocado in una sacca da pasticceria con bocchetta larga.
Lavare il coriandolo e separare i petali dai fiori.

Piastrare o tostare velocemente in padella antiaderente i tranci di palamita da ogni lato, regolando i tempi a seconda dello spessore del filetto per lasciare il cuore rosa a piacere (a me piace stile tataki, come il filetto di carne "au bleu"= 40° C al cuore, anche meno per il pesce)

Posizionare due tranci a piatto, contornare con mucchietti di cavolo cappuccio, pon pon di crema di avocado, completare con le foglioline di coriandolo e i petali di margherite e impatiens e buon divertimento!



IL GUSTO RITROVATO DELLE SARDINE DI FRIGGERA A UN MARE DI GUSTO 2018

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Foto credits: Civico8adv

Nel weekend 19-20 maggio si è svolta a San Vincenzo Un mare di gusto, palamita in fiore, la tradizionale kermesse enogastronomica legata alla palamita e a tutto il pesce azzurro del nostro mare, quest'anno declinata "in fiore" a simboleggiare il risveglio primaverile della natura, mare compreso!


Ha riscosso un grande successo di pubblico l'abituale appuntamento con lo street food, nella sua versione serale, grande novità di quest'anno,  con  ben 1500 persone che hanno gustato le specialità a base di pesce azzurro e fiori eduli dei 18 ristoranti, bar  e agriturismi sanvincenzini che hanno aderito all'iniziativa.  

Il giorno seguente un "serpentone" di 150 persone ha gremito la passeggiata del marinaio con un allestimento insolito e speciale di eleganti tavoli "fronte mare" per un pranzo altrettanto speciale preparato da una jam session di quattro chef del territorio: la direttrice artistica della manifestazione Deborah Corsi de La Perla del Mare di San Vincenzo,  Ivano Lovisetto del ristorante Al Baccanale di Piombino, Mirko Rossi de Il Doretto di Cecina e Fabrizio Caponi dell'Osteria I'Ciocio di Suvereto, con il supporto di Momenti Conviviali di Paola Picchi e l'aiuto dei ragazzi dell'Istituto Alberghiero Einaudi Ceccherelli di Piombino e i Sommelier Fisar delle delegazioni di Livorno e Costa Etrusca.
Il menu era a base di palamita e altri pesci azzurri abbinati ai fiori eduli, secondo il tema della manifestazione. I fiori sono stati sponsorizzati da Fiori Commestibili Bio Carmazzi di Torre del Lago. Vini: Tenuta Guado al Tasso - Antinori, Podere San Michele, Poggio al Grillo e Terre del Marchesato. Caffè Torrefazione artigiana Trinci. Acqua Bevande Tozzi.



Una vera sfida questo pranzo, la cui organizzazione e gestione non era semplice ma che è riuscito molto bene, baciato anche da una giornata meravigliosa, e  che ha dato grande soddisfazione a tutto lo staff e i complimenti entusiasti ricevuti dal pubblico ripagano della fatica! E mi ci metto anch'io che ho fatto la hostess, la fotografa e la pr e alla fine del pranzo ho fatto qualche chilometro in su e in giù! Ma nulla in confronto al gran lavoro di chi ha portato, montato e smontato tutto l'occorrente e agli stessi chef che hanno cucinato per tutte quelle persone!


Il sabato pomeriggio, si sono svolte nella bella sala consiliare della Torre,  alcune interessanti attività che ho curato e coordinato personalmente, supportata ovviamente da tutto lo staff organizzativo  :  la presentazione del libro dall'Atelier alla cucina di Elisabetta Arrighi con la presenza dell'autrice e dello chef Emanuele Vallini che ha interpretato nel piatto il parallelo con la moda e il design e ha offerto degli assaggi, la presentazione del progetto Avis San Vincenzo in collaborazione con il dr Andrea Biagi, biologo, nutrizionista e personal trainer e la chef Deborah Corsi sulla nutrizione di qualità per un "successful aging", la presentazione de "il gusto ritrovato delle sardine della friggera di San Vincenzo" che desidero approfondire in questa sede e infine il convegno "la palamita che verrà - il futuro della pesca nel nostro mare" con esperti di settore e rappresentanti istituzionali quali  Giovanni Maria Guarneri, funzionario settore faunistico-venatorio,  pesca dilettantistica e pesca in mare Regione ToscanaMaurizio Poli, Dirigente affari legali e demanio marittimo Comune di Piombino,  Giovanni Raimondi, biologo marino dell’Acquario di Livorno, Riccardo RomanoResponsabile acquisti ittici Unicoop Tirreno. Il convegno sarà  oggetto di un prossimo articolo su questo blog.



IL GUSTO RITROVATO DELLE SARDINE DELLA FRIGGERA DI SAN VINCENZO ovvero "il pesce com'era nel mondo com'è" - da un'idea e a cura di Maurizio Dell'Agnello, giornalista della rivista Il pesce, che ha introdotto e moderato l'incontro, Rodolfo Tagliaferri, Circolo Fotoamatori  San Vincenzo, che ha proiettato immagini e video di repertorio fra cui alcuni emozionanti inediti,  Paolo Orazzini, ristoratore de  Il Gustomobile, che ha spiegato come è avvenuto in pratica il recupero del gusto delle sardine di allora, interpretato con la tecnologia contemporanea. Nella foto, da sinistra verso destra: Paolo Orazzini, Lorenzo Bientinesi, Gaddo della Gherardesca, Maurizio Dell'Agnello.


Bientinesi e il Conte della Gherardesca

Prezioso è stato l' intervento di Lorenzo Bientinesi, storico locale che ha ripercorso brevemente la storia della pesca nell'area sanvincenzina ma che avrebbe potuto continuare per ore attingendo al suo incredibile bagaglio di conoscenza! Significativo e appassionato  è stato infine  l'intervento del conte Conte Gaddo della Gherardesca che ha ricordato il coinvolgimento della propria famiglia nelle attività conserviere e raccontato alcuni aneddoti spiritosi sugli amici pescatori.
Rodolfo Tagliaferri e Luciano Corsi

Non ultimo, il maestro modellista Luciano  Corsi ha presentato un modello di barca da pesca a vela latina, facente parte della sua collezione in mostra nella sede del circolo fotoamatori, durante tutta la manifestazione.


Foto dal libro San Vincenzo e la pesca del pesce azzurro di Vinicio Biagi


La Friggera di San Vincenzo

A cominciare dagli anni ’20, la Riviera della Costa degli Etruschi, cominciò ad essere interessata da un’attività che per diversi anni a seguire avrebbe rappresentato un’importante fonte di approvvigionamento alimentare, ma anche una valente risorsa economica: la pesca organizzata del pesce azzurro e la sua trasformazione in stabilimenti per la produzione di prodotti in scatola che presero il nome di “friggere”. 
La Famiglia della Gherardesca fu molto attiva in questo settore, avviando prima la friggera di Donoratico, al Bambolo,  e poi quella di San Vincenzo, quest'ultima in funzione a partire dai primi anni '30 fino alla fine degli anni  '40,  come è stato ampiamente documentato nelle pubblicazioni di Vinicio Biagi, storico “documentarista ittico” del territorio, e da  altre testimonianze, raccolte da appassionati come Maurizio dell'Agnello, Rodolfo Tagliaferri, Lorenzo Bientinesi  e Paolo Orazzini e che, nel corso delle numerose manifestazioni che il Comune di San Vincenzo ha dedicato alla Primavera del Mare della Costa degli Etruschi, sono state messe in evidenza
Foto dal libro San Vincenzo e la pesca del pesce azzurro di Vinicio Biagi

Nell'impianto di San Vincenzo trovarono impiego fino a 60 donne con tangibile vantaggio per la modesta economia del paese. 
Le sardine inscatolate a San Vincenzo, che erano assai apprezzate sui mercati e che costituivano anche un'importante risorsa per il vettovagliamento dei soldati in armi, grazie ad  una maliziosa operazione di marketing, erano etichettate con la denominazione "Dante' s" , assai simile per assonanza a "Nantes" la conosciuta denominazione delle famose sardine di Bretagna che godevano di vasta fama in tutta Europa!
Foto archivio fotografico Circolo Fotoamatori San Vincenzo


Verso la fine della seconda guerra mondiale, gli impianti della friggera furono distrutti dai tedeschi in ritirata; terminata la guerra, dunque, la friggera concluse definitivamente il suo tempo e lo stabile fu acquisito dalla Curia Arcivescovile di Siena che la trasformò in sede per le sue importanti Colonie Marine. Contrariamente a quanto si era verificato a Donoratico, lo stabile fu in seguito completamente trasformato fino a divenire un albergo di vaste dimensioni e della vecchia "fabbrica delle sardine" si perse quasi completamente ogni memoria, sì che, come scrive il Biagi, ai tempi della sua pubblicazione,  le vecchie operaie ancora in vita, che vi avevano lavorato, stentavano  anche a riconoscere il posto! Eppure quell'edificio perduto merita una seppur modesta memoria se non altro per aver contribuito in anni difficili ad alleviare la miseria di tante famiglie.

Per ulteriori approfondimenti : 

San Vincenzo e la pesca del pesce azzurro di Vinicio Biagi 
Un interessante video con un'intervista di Maurizio Dell'Agnello al conte Ugolino della Gherardesca del 2013
 https://www.youtube.com/watch?v=mq7P3fGXFC8
Memorie di un pescatore: Vasco Guardino, detto "Nerbino" video del 2015  https://www.youtube.com/watch?v=_bhwJPl71PE


Ma come era il gusto delle sardine di friggera?
Alcuni documenti relativi alla storia delle friggere e le testimonianze dirette delle  persone che vi hanno lavorato, hanno consentito di recuperare i processi produttivi che venivano seguiti dalle maestranze, fornendo la ricetta in base alla quale ha avuto seguito il “recupero” del gusto delle sardine di friggera del tempo, che sono state offerte in assaggio a fine presentazione, accompagnate dal gradevole Vermentino Doc Bolgheri 2016 di Fattoria Casa di Terra di Bolgheri.  Le sardine sono state gentilmente fornite da Unicoop Tirreno.

Orazzini spiega il metodo di San Vincenzo, acquisito nel tempo, grazie alle testimonianze di alcuni vecchi lavoranti : le sardine appena sbarcate venivano portate immediatamente alla friggera  e come primo intervento, dopo la pesatura, i pesci venivano eviscerati per essere subito immessi in grandi recipienti contenenti acqua e sale per farli spurgare. A seguire, le sardine venivano disposte su una serie di "graticci" onde asciugassero all'aria. Terminata questa fase, le sardine venivano  decapitate* e sciacquate e, infine, secondo la taglia, venivano disposte in numero di 6-8 nelle classiche scatolette metalliche. 


Le scatolette venivano poste su delle griglie, tappate e messe al contrario. In questo modo venivano spinte all'interno di un forno a vapore. Ultimata la cottura, le scatolette venivano rigirate, colmate d'olio  d'oliva (non indaghiamo se fosse extravergine o chissà che altro!!) e,  ancora calde, venivano sigillate per "aggraffatura"  e di lì a poco immagazzinate e fatte riposare per il cosiddetto periodo di stabulazione, prima di essere messe in commercio. In questo periodo,  le scatolette venivano ispezionate per eliminare quelle che risultavano deformate per difetti di conservazione o errori di inscatolamento. 
*pare che lasciando la testa alle sardine, maturino meglio. Alle acciughe invece va tolta subito perchè altrimenti conferisce l'amaro.

Nell'interpretazione moderna, Orazzini ha rispettato tutte le fasi di preparazione e per la cottura, ha utilizzato un forno moderno a temperatura controllata per 20' a 120° C.

Ma l'intraprendente e intrepido Orazzini, appassionato produttore di salumi ittici, quali la "porketta di tonno" la finocchiona e la mortadella di mare, che porta in giro per i mercati di tutta Italia, con il suo Gustomobile, un singolare furgoncino Citroen vintage azzurro, ha preparato per la degustazione anche le sardine secondo il metodo di Donoratico!
Il suo food truck inoltre  nasconde anche uno speciale "garum" etrusco dalla composizione segretissima e non in commercio! Ma chissà che in un prossimo futuro....
Foto credits Paolo Matteoni

Il metodo di Donoratico si differenziava da quello di San Vincenzo  per la cottura e per la chiusura delle scatolette che venivano stagnate. Nella friggera del Bambolo avveniva la vera "friggitura",  che dava il nome all'attività e che è stata mantenuta anche per San Vincenzo, anche se lì le sardine venivano cotte al vapore.  Oggi definiremmo la "friggitura"  come  olio cottura o confit alla francese, perché non era una frittura in olio profondo ma le sardine cuocevano nel loro olio che friggeva per via dell'alta temperatura, e poi venivano conservate nello stesso olio. 

Nel dettaglio: dopo essere state disposte nelle scatolette metalliche, venivano  subito ricoperte di olio di oliva . A questo punto si realizzava la vera e propria "friggitura" dopo che le singole scatolette con il loro contenuto erano state collocate su una griglia sovrastante un uniforme strato di brace da tempo accesa; Non è certa la durata di questa cottura ma presumibilmente si pensa 30-40'. In tal modo acquisivano anche un sentore leggermente affumicato che è risultato anche dalla preparazione di Orazzini, il quale ha utilizzato un "braciere" moderno a temperatura controllata di 130° C. Una volta cotte, col metodo moderno, sono state prima abbattute di temperatura e poi conservate sottovuoto fino alla degustazione. 


Confrontando le due sardine, le prime risultano un po' più "lesse" e delicate, le ultime più saporite e con quel tocco leggero di affumicato che le arricchisce e le rende più accattivanti. 



La presentazione e la degustazione delle sardine sono state  apprezzate da un pubblico numeroso, in prima linea anche il Conte Gaddo della Gherardesca  con la sorella Contessa Sibilla

Il direttore commerciale della Fattoria Casa di Terra di Bolgheri, Dario Mugnaini, ha personalmente servito il loro gradevole Vermentino Doc Bolgheri, insieme ad un sommelier Fisar Costa Etrusca.


E anche quest'anno, e forse meglio di altri anni, la memoria della Friggera di San Vincenzo è stata onorata. In alto i calici dunque per ringraziare i nostri appassionati custodi e divulgatori di tutto ciò che riguarda la cultura della pesca del nostro mare e non vediamo l'ora di scoprire cos'altro hanno in serbo per le prossime edizioni di Un mare di gusto o altri eventi a cui Poverimabelliebuoni non mancherà!!


GRAZIE A TUTTI E AD MAIORA!!


IL CACCIUCCO DI POVERIMABELLIEBUONI PER CACCIUCCO PRIDE

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Lo scorso anno non avevo fatto in tempo a partecipare al Cacciucco Pride Contest, organizzato in  collaborazione con l'amica blogger e travel & food writer Shamira Gatta , in  occasione della manifestazione Cacciucco Pride che celebra il piatto livornese per eccellenza nel weekend 15-17 giugno. Quest'anno, quasi sul fil di lana, perché la scadenza del contest è il 1° giugno, ci provo!


Da tempo mi frullava per la testa l’idea di un cacciucco in giallo, innamorata  del gusto morbido ed equilibrato , pieno  e di  carattere dei datterini  gialli, in particolare quelli conservati nel loro stesso succo, provenienti dalla piana del Sele, un’antica varietà campana riscoperta da pochi anni e che uso spesso. Ma qualche tempo fa, la mia pappa in giallo fu  molto criticata dalle amiche toscane “talebane”,  non avrei osato, dunque,  proporre il cacciucco giallo proprio a Livorno, in occasione del Cacciucco Pride! I livornesi mi avrebbero bandita dalla loro città apostrofandomi, nel migliore dei casi, con la loro singolare verve ironica :  “dè, e hai fatto il cacciucco con l’itterizia, dè!!”
Però non è detto che lo facciano lo stesso, perché il mio cacciucco non avrà l’itterizia, perché, pur non rinunciando ai pomodori gialli, ci ho infilato anche quelli rossi ma è comunque un po’ osé, anche per altri versi.
Il cacciucco è una zuppa con un carattere forte e unico, e tale deve rimanere. Difficile reinterpretarlo o rivoluzionarlo, si rischia di non fare un cacciucco. Avevo un’idea in mente che si avvicinava molto all’interpretazione di cacciucco “facile e veloce” con il pomodoro fresco di  Luciano Zazzeri;  ho approfondito e letto  varie ricette tradizionali e non, fra queste una mi ha dato l’input mancante, dal libro “Per un cacciucco del duemila” di Aldo Santini con una lezione di Fulvio Pierangelini, Debatte Editore.
Don Fulvio, nel suo cacciucco provocatorio ed estemporaneo, preparato espressamente per  il celebre giornalista livornese nel 2008,  aveva separato tutti i pesci trattandoli singolarmente con cotture diverse, solo i polpi e i ciuffi delle seppie “abbracciati” erano stati stufati con poco pomodoro fresco aggiunto all’ultimo momento.  Ogni pesce esprime la sua personalità, isolati ad arte e senza salsa che li unisce ma li travisa e quindi li tradisce.  Questo il succo della provocazione su cui non sono d’accordo perché non è cacciucco senza abbondante salsa saporita  in cui inzuppare il pane, rigorosamente toscano! ma quello che mi ha folgorato è stata la scelta pierangeliniana della seppia cruda che, per dirla col Santini “non lega con niente ma se manca si sente”.
Io ho aggiunto anche la cicala cruda per un cacciucco diverso ma fedele  alle ricette più canoniche e antiche: solo pesci da zuppa (pesce prete, gallinella, scorfano, tracina), gattuccio e palombo, polpi, seppie e cicale, aglio, salvia e poco pomodoro.  Concordo con Pierangelini per il vino, non ne sento il bisogno, conferisce un retrogusto che non amo.



Ingredienti per 4 persone

600 g di polpo di scoglio
400 di seppie nostrali
8 + 4 cicale di mare grandi (da acquistare in due tempi)
2 gallinelle (300 g totale)
2 scorfani rossi o neri (300 g totale)
2 piccole tracine (200 g totale)
1 pesce prete  (250 g)
4 trancetti di palombo* (160 g totale)
6-8 trancetti di gattuccio* (160 g totale)
3 spicchi d’aglio grandi + 1 per sfregare il pane
6-8 foglie di salvia
Olio evo, sale qb
2 confezioni da 350 g di pomodori  datterini rossi e gialli conservati nel loro succo (3 + 3 a testa)
Peperoncino macinato bio scotch bonnet Peperita
Pane toscano dop
Per il brodo: acqua, cipolla bionda, carota, sedano, prezzemolo

NB: * da sostituire possibilmente con murena o grongo per "un cacciucco sostenibile",  in quanto gli squaloidi come palombo e gattuccio rientrano fra gli stock ittici a rischio di diminuzione. Io purtroppo al momento della preparazione non ho trovato pesci alternativi disponibili.

Qualche giorno prima di cucinare il cacciucco, acquistare seppie, polpo e parte delle cicale.
Pulire seppie e polpo,  abbatterli di temperatura o congelarli nel freezer domestico per almeno 48 h
Decorticare 8 cicale a crudo, lasciando testa e coda, abbatterle di temperatura come sopra.
Infine procurare tutto il pesce fresco incluse le rimanenti  cicale il giorno stesso della preparazione.
Sfilettare tutti i pesci da lisca, eliminare tutte le lische con la pinzetta, lasciare la pelle,  tagliare a tranci il palombo e il gattuccio. Mettere da parte.
Tagliare le cicale fresche a metà, rosolarle con un poco d’aglio e olio, bagnare con un po’ di brodo, cuocerle pochi minuti, raschiare tutta la polpa con un cucchiaino. 
Con le teste e i resti delle lische, cipolla, sedano, carota e prezzemolo,  preparare un brodo ristretto, aggiungendo anche i carapaci, le teste e le code delle cicale. Filtrare e passare al passaverdura lische e teste per spremere tutto il succo e ricavare anche un po’ di purea di pesce. Mettere da parte.
Decongelare le cicale, i polpi e le seppie.  Mettere il polpo sottovuoto, cuocerlo a 80° C per 3 ore.  Mettere anche i ciuffi delle seppie sottovuoto, cuocere a 80° C per  1-2 h ca a seconda dello spessore. Tagliare a julienne le seppie crude, condirle con olio evo e un pizzico di sale. Mettere da parte in frigorifero.
Avviare la salsa facendo sudare l'aglio spremuto nello spremi-aglio, con qualche generosa cucchiaiata d’olio extravergine d’oliva, un cucchiaio di brodo di pesce, e le foglie di salvia. Far insaporire bene, aggiungere tre-quattro cucchiai di succo dei pomodori rossi e gialli, far prendere il bollore, unire i liquidi di cottura del polpo e dei ciuffi delle seppie, far restringere un poco e infine aggiungere anche qualche pomodoro intero rosso e giallo, schiacciandoli con una forchetta, e la purea di pesci e cicale. Abbassare la fiamma, allungare con altro brodo, e lasciar andare ancora qualche minuto, unendo verso la fine i ciuffi delle seppie e il polpo a tocchetti. Deve risultare una salsa cremosa ma fluida e soprattutto abbondante. Regolare di sale e peperoncino. 
Cuocere in padella antiaderente con un filo d'olio i trancetti di palombo e di gattuccio, per un paio di minuti per lato, e i filetti  di pesce uno o due minuti dalla parte della polpa, a seconda dello spessore, e pochi secondi dalla parte della pelle altrimenti si arriccia. Salare. Tenere in caldo.   
Tagliare il pane a cubetti, tostarlo leggermente, sfregarlo con l’aglio.
Disporre qualche cubetto di pane in capienti fondine, versare un paio di mestoli di  salsa, unire velocemente tutti i pesci in modo che in ogni piatto ci sia un filetto per tipo di pesce e un paio di tranci di palombo e gattuccio. Infine adagiare sopra a tutto un paio di cicale crude  a piatto e completare con  un mucchietto di julienne di seppie. Decorare con foglioline di salvia fresca  ed eventualmente un giro d’olio a crudo. 

Con questa ricetta partecipo al Cacciucco Pride Contest #cacciuccopridecontest


IL GRAN PREMIO DELL'INSALATA DI RISO GALLO

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Che c'è di più divertente e stimolante per festeggiare il solstizio d'estate se non partecipare ad una gara sulla fresca e colorata insalata di riso? Ma....attenzione! Può trasformarsi in un piatto creativo e memorabile una semplice insalata di riso "croce e delizia di molte famiglie italiane, spesso ricettacolo di avanzi di frigorifero o accozzaglia di ingredienti più strani e inconfessabili...."? 
E' questo il claim di questo simpatico GRAN PREMIO DELL'INSALATA DI RISO GALLO lanciato dall'istrionico e poliedrico critico, giornalista e scrittore enogastronomico Leonardo Romanelli, Le Delizie di Leonardo, dichiarato acerrimo nemico di uno dei piatti estivi  italiani più popolari. 
L'evento si inserisce nella serie di iniziative di Toscana Arcobaleno d'Estate volte a celebrare l'arrivo dell'estate che si svolgeranno a Firenze tra il 21 e il 24 giugno.

L'amico Romanelli aveva già lanciato la stessa provocazione lo scorso anno, prima delle ferie d'agosto, sfociata poi  in un contest, in seguito ad un dibattito acceso, ironico e spassoso scatenatosi fra i suoi followers social! Avevo partecipato anch'io, sia al dibattito che al contest,  con la mia Insalata di riso pink surf&turf e mi ero guadagnata pure la finale che si era tenuta  a Firenze a settembre; purtroppo però non avevo potuto parteciparvi causa avverse condizioni meteo che rendevano impossibile raggiungere Firenze, in quella giornata, per noi costieri (purtroppo erano i giorni della disastrosa alluvione di Livorno).


Quest'anno si fa il bis e ci sono anche sponsor importanti, fra cui uno d'eccezione: Riso Gallo,  che mette a disposizione le materie prime di base a scelta fra : riso gallo blond e i mix di cereali, riso integrale, avena e grano e ancora riso/farro e orzo . La data della gara di selezione coincide significativamente con il primo giorno d'estate, il 21 giugno, quando al Mercato Centrale di Firenze, una competente giuria formata da 

Peter Brunel - chef stellato del Borgo San Jacopo
Filippo Saporito - chef stellato de La Leggenda dei Frati
Riccardo Bartoloni - gestore della storica trattoria Da Giannino
Sabrina Somigli – ristoratore e blogger F&B

assaggerà ben 20 insalate di riso!! 
Ce la faranno i nostri eroi? intendo la giuria a resistere naturalmente...ma anche i partecipanti che devono far cambiare idea soprattutto a Leonardo!! 

5 saranno i fortunati che si giocheranno la finalissima a Cookstock di Pontassieve nel primo fine settimana di settembre.

Mi spiace solo non partecipare perchè non sarebbe corretto, essendo stata arruolata come "esperta" aiutante, insieme a Sandra Pilacchi di Sono io Sandra,  nella selezione delle ricette pervenute. Titolo probabilmente meritato per via della finale dello scorso anno o forse perchè la vincitrice ha dato buca? non indaghiamo....hahahaha ma l'importante è divertirsi!! 

Insomma, una sfida all'ultimo chicco!!
Le foto delle ricette pervenute saranno pubblicate nella pagina dell'evento fb GRAN PREMIO DELL'INSALATA DI RISO GALLO; seguite anche  #RISOGALLOGP e scoprirete chi si aggiudicherà il Gran Premio dell'insalata di riso Gallo!!

MOUSSE DI PERE SPEZIATA CON RICOTTA AL LIMONE E ACCIUGHE ALLA COLATURA

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Della serie....Al contadino non far sapere quant'è bòna l'acciuga con le pere!!

Ringrazio per l'incipit il neo amico sommelier Andrea Ruglioni,  autore del singolare blog Bacco si è fermato a Bolgheri,  e invito a leggere il brioso ed interessante post di Anna Laura Mattesini per la Giornata Nazionale della Pera per Il Calendario del Cibo Italiano  corredato da golosissime proposte dolci e salate in cui la pera è protagonista.

Non sono riuscita a produrre un piatto espressamente per questa giornata ma pescando nel  blog, ho trovato una proposta sfiziosa del 2012  che contiene  un ingrediente che prelude  a quello che sarà il tema di domani ma che non svelo....e quindi come potevo resistere al riciclo?

MOUSSE SPEZIATA DI PERE CON RICOTTA AL LIMONE E ACCIUGHE ALLA COLATURA



Ingredienti per 4 bicchierini

200 g di  pera kaiser/abate
120 g di ricotta vaccina
1 cucchiaino di polpa di zenzero grattugiata
una puntina di cannella in polvere
1 cucchiaino di zucchero di canna
1/2 cucchiaino di scorza grattugiata di limone
4-5 acciughe fresche
colatura di alici di Cetara
pangrattato
olio evo


Sbucciare la pera, tagliarla a tocchetti e cuocerla in un pentolino coperto e a fuoco dolce con lo zucchero di canna, lo zenzero grattugiato e la cannella. Far raffreddare e frullare fino ad ottenere una mousse soda. Mettere in frigorifero.
Lavorare a crema la ricotta, unire le scorze di limone. Porre in frigorifero.
Pulire e sfilettare le acciughe mantenendo la codina. Creare una panatura miscelando il pan grattato con  qualche goccia di colatura di alici e olio evo, cospargere sopra le acciughe fresche  e passare sotto il grill a 180° per 5-6 min o finchè saranno ben dorate.
Nel frattempo, togliere dal frigorifero la mousse di pera,  preparare i bicchierini colmandoli per 2/3 con la mousse di pera, completare con la  crema di ricotta utilizzando un sac à poche con il beccuccio a stella, e da ultimo posizionare dei tocchetti di acciughe ancora calde in modo da creare un piacevole contrasto freddo/caldo e morbido/ croccante, oltre che dolce/salato.

Ovviamente diventerà un antipasto o un finger, non la proporrei come dessert!!!








IL GRAN PREMIO DELL'INSALATA DI RISO GALLO

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Che c'è di più divertente e stimolante per festeggiare il solstizio d'estate se non partecipare ad una gara sulla fresca e colorata insalata di riso? Ma....attenzione! Può trasformarsi in un piatto creativo e memorabile una semplice insalata di riso "croce e delizia di molte famiglie italiane, spesso ricettacolo di avanzi di frigorifero o accozzaglia di ingredienti più strani e inconfessabili...."? 
E' questo il claim di questo simpatico GRAN PREMIO DELL'INSALATA DI RISO GALLO lanciato dall'istrionico e poliedrico critico, giornalista e scrittore enogastronomico Leonardo Romanelli, Le Delizie di Leonardo, dichiarato acerrimo nemico di uno dei piatti estivi  italiani più popolari. 
L'evento si inserisce nella serie di iniziative di Toscana Arcobaleno d'Estate volte a celebrare l'arrivo dell'estate che si svolgeranno a Firenze tra il 21 e il 24 giugno.

L'amico Romanelli aveva già lanciato la stessa provocazione lo scorso anno, prima delle ferie d'agosto, sfociata poi  in un contest, in seguito ad un dibattito acceso, ironico e spassoso scatenatosi fra i suoi followers social! Avevo partecipato anch'io, sia al dibattito che al contest,  con la mia Insalata di riso pink surf&turf e mi ero guadagnata pure la finale che si era tenuta  a Firenze a settembre; purtroppo però non avevo potuto parteciparvi causa avverse condizioni meteo che rendevano impossibile raggiungere Firenze, in quella giornata, per noi costieri (purtroppo erano i giorni della disastrosa alluvione di Livorno).



Quest'anno si fa il bis e ci sono anche sponsor importanti come si vede nella locandina, fra cui uno d'eccezione: Riso Gallo,  che mette a disposizione le materie prime di base a scelta fra : riso gallo blond e i mix di cereali, riso integrale, avena e grano e ancora riso/farro e orzo . La data della gara di selezione coincide significativamente con il primo giorno d'estate, il 21 giugno, quando al piano terra dello Storico Mercato Centrale di Firenze, sito in Piazza San Lorenzo, alle h 12 esattamente, una competente giuria formata da chef stellati, ristoratori e blogger quali:

Peter Brunel - chef stellato del Borgo San Jacopo
Filippo Saporito - chef stellato de La Leggenda dei Frati
Riccardo Bartoloni - gestore della storica trattoria Da Giannino
Sabrina Somigli – ristoratore e blogger F&B

assaggerà ben 20 insalate di riso!! 
Ce la faranno i nostri eroi? intendo la giuria a resistere naturalmente...ma anche i partecipanti che devono far cambiare idea soprattutto a Leonardo!! 

5 saranno i fortunati che si giocheranno la finalissima a Cookstock di Pontassieve nel primo fine settimana di settembre.

Mi spiace solo non partecipare perchè non sarebbe corretto, essendo stata arruolata come "esperta" aiutante, insieme a Sandra Pilacchi di Sono io Sandra,  nella selezione delle ricette pervenute. Titolo probabilmente meritato per via della finale dello scorso anno o forse perchè la vincitrice ha dato buca? non indaghiamo....hahahaha ma l'importante è divertirsi!! 

Insomma, una sfida all'ultimo chicco!!
Le foto delle ricette pervenute saranno pubblicate nella pagina dell'evento fb GRAN PREMIO DELL'INSALATA DI RISO GALLO; seguite anche  #RISOGALLOGP e scoprirete chi si aggiudicherà il Gran Premio dell'insalata di riso Gallo!!

IL GIOCO DELLA FARAONA E DELLA TRIGLIA PER L'MTC S-COOL

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Per la seconda tornata di selezioni che offrono in palio l'accesso alle esclusivissime classi on line dell'Mtc S-Cool, ovvero il nuovo trend dell' Mtchallenge, le nostre infaticabili amiche della redazione più pazza e brava della blogsfera, hanno proposto una Mistery Cloche, opera di #quelgrangeniodellamai, che celava 7 ingredienti con cui divertirsi ad inventare piatti che dimostrassero impegno e voglia di partecipare e dimostrare tecnica, creatività e presentazione!


Ho passato il turno alla prima selezione con la tortilla de patatas, versione classica e versione creativa, ma la MisTeryCloche era troppo stimolante. Pertanto, fuori tempo e fuori concorso, ho prodotto e ho esagerato, ho voluto usarli tutti e 7 gli ingredienti, mentre da regolamento il minimo richiesto era di 4.
Devo ringraziare  Greta che pazientemente, sostiene le mie fantasie culinarie e, attingendo al suo grande sapere,  mi offre sempre degli spunti interessanti che mi aiutano a trovare le soluzioni più adeguate.
E' puro divertimento ed è una esagerazione perchè 7 ingredienti sono tanti, bastava un solo sandwich e un paio di salse ed era fatta ma non ho resistito al duetto di faraona e triglia....

E niente, lasciamo parlare il piatto, dai...buona lettura e buon divertimento!


SANDWICH DI TRIGLIA farcito con paté di faraona e fragole caramellate, panatura di pistacchi, salsa al fondo di faraona e fragole

SANDWICH DI PETTO DI FARAONA, farcito con uova di triglia al limone, panato con farina di riso, salsa al fumetto di triglia profumato al caffè


SANDWICH DI TRIGLIA

2 triglie di scoglio da ca 150 g cad.
pistacchi sgusciati non salati

paté di fegato di faraona
100 g di fegato di faraona
1 cucchiaino di cipolla bionda tritata
1-2 foglie di erba salvia
20 ml di vin santo
1-2 cucchiai di fondo di faraona*
100 g di fragole
1 cucchiaio scarso di zucchero
1 cucchiaino di aceto di fragole

salsa di fragole
80 g di fragole
1 cucchiaio di cipolla bionda tritata
1 foglia grande di basilico
60-70 ml di fondo di faraona*
olio evo, sale fino
pepe vanigliato del Borneo

*Fondo di faraona preparato con le carcasse e gli ossi di mezza faraona ben rosolati in padella antiaderente, coperti con acqua e fatto ridurre a fuoco lento con l'aggiunta di  sedano, carote, cipolle, alloro, pepe nero, prezzemolo, fino ad ottenere un brodo  molto concentrato e filtrato alla fine.

Per il paté: facciamo spurgare bene i  fegati in acqua fredda. Tamponiamoli con carta assorbente, tagliamo a tocchetti e rosoliamo con cipolla e salvia in un poco d'olio evo e un cucchiaio di fondo. Sfumiamo col vin santo, portiamo a cottura, aggiungendo altro fondo, se necessario. A cottura ultimata, regoliamo di sale, pepe vanigliato e frulliamo.

Caramelliamo le fragole con zucchero e aceto.
Tritiamo i pistacchi a granella abbastanza fine.

Per la salsa alle fragole: tostiamo in padella antiaderente le cipolle con un poco d'olio e una foglia di basilico. Aggiungiamo un po' di fondo di faraona e lasciamole stufare dolcemente. Aggiungiamo le fragole tagliate a pezzettini, allunghiamo con altro fondo, facciamo ispessire la salsa lasciando ancora le fragole riconoscibili. Io infatti non l'ho frullata, mi piaceva ritrovare ancora qualche tocchetto di fragola in bocca. (il gusto è sorprendentemente calibrato, si sente bene il fondo di faraona, la dolcezza della cipolla e la delicata acidità della fragola cotta, una delizia davvero!! Grazie Greta per lo spunto!)

Sfilettiamo le triglie, mantenendo la coda,  e spiniamole accuratamente con una pinzetta. Teste e lische verranno utilizzate per il fumetto. Rosoliamole dalla parte della polpa per un paio di minuti in padella antiaderente appena velata d'olio. Saliamo un poco. Spalmiamo un filetto con il paté di faraona, aggiungiamo qualche pezzetto di fragola e chiudiamo il sandwich con l'altro filetto. Infine cospargiamo i bordi con il pistacchio. Teniamo in caldo.


 Nella foto :due triglie di sabbia con uova e fegati di 4-5 triglie, quella del sandwich è invece di scoglio, si riconosce dalle striature più scure

SANDWICH DI FARAONA

il petto di 1/2 faraona da ca 500-600 g (con le carcasse e ossicini vari facciamo il fondo, coscette e ali si possono utilizzare in vari modi)
per la marinata:
1 limone bio
200 ml di vin santo
qualche foglia di salvia fresca
1/2 spicchio d'aglio rosa
2-3 cucchiai di olio extravergine d'oliva
1 piuma di faraona o in mancanza un ciuffo di finocchietto selvatico per mimare la coda


le uova di 3-4 triglie medie
una generosa noce di burro
scorza di limone non trattato
sale fino

una manciata di riso baldo integrale ridotto in polvere nel mixer

80 ml di fumetto di triglia*
4-5 chicchi di caffè Sidamo, varietà Arabica dell'Etiopia dal gusto molto morbido
20 ml d'olio evo
(una puntina di xantana per addensare se necessario)

*fumetto di triglia: mettiamo in un pentolino 1/2 l d'acqua naturale + teste e lische di 2-3 triglie ben sciacquate, sedano, carota, cipolla, prezzemolo, alloro, pepe nero. Facciamo prendere il bollore e lasciamo andare a fuoco lento fino a che sarà ridotto di almeno un terzo. Spremiamo bene tutti i resti e filtriamo.

Ricaviamo delle fettine dal petto di faraona sagomandole  per avvicinarci alla forma della triglia. Manteniamo la pelle su una fetta. Eventualmente battiamo le fette col batticarne e stendiamole un poco. Facciamole marinate per un'ora in un'emulsione di vin santo, succo di limone, olio, aglio e salvia, coprendo con pellicola e ponendo in frigorifero. Senza scolarle troppo, preleviamole dalla marinata e infariniamo la parte della pelle e le altre parti che rimarranno esterne, anche senza pelle,  con il riso tritato. Rosoliamo le fette da entrambi i lati in padella antiaderente appena unta d'olio. Saliamo e teniamo in caldo.

Prepariamo la crema di uova di triglia, facendo fondere la noce di burro, uniamo le uova  e rompiamole mescolando delicatamente con un cucchiaio, cuocendo a fiamma bassissima. Appena diventano completamente  chiare, sono pronte. Non devono cuocere troppo altrimenti risultano granulose. Regoliamo di sale e insaporiamo con una grattugiata di scorza di limone.

Per la salsa di fumetto al caffè: portiamo  a 80° C il fumetto, togliamo dal fuoco e mettiamovi in infusione i chicchi di caffè per circa mezz'ora. Facciamo raffreddare, regoliamo di sale e infine montiamo  la salsa con l'olio evo e una puntina di xantana in povere.

Montiamo  il sandwich di faraona spalmando una delle due fette con le uova, infiliamo una piuma o un ciuffetto di finocchietto selvatico nell'estremità più appuntita.


Componiamo  il piatto posizionando i due sandwich "testa - coda" come nella foto. Mettiamo  le salse in piccole scodelline o conchiglie. Decoriamo  con riccioli di limone e granella di pistacchi. Eventualmente non starebbe male anche un po' di polvere di caffè.

E il gioco della faraona e della triglia è fatto. Divertente e gustoso, a tratti sorprendente. La triglia più d'impatto, la faraona più delicata ma tutto funziona. Provare per credere :-)



SGOMBRO, FRAGOLE E PEPERONI

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Le fragole sono ormai finite lo so, ma questo piatto è pronto da un po', solo che non mi riusciva di postarlo!
Trae ispirazione da un piatto che mi aveva folgorata, opera del giovane e bravissimo chef Simone Acquarelli del Ristorante Il Frantoio di Montescudaio, assaggiato e fotografato durante una bella serata organizzata, questa primavera, per celebrare il primo anno di apertura del suo bel locale. Il mio resoconto della piacevole esperienza sull'altra mia pagina INSALATA MISTA 

Il piatto di  Simone era un personale omaggio a Caterina de Medici, come ho spiegato dettagliatamente nel mio articolo; il mio è un omaggio a lui, alla sua preparazione tecnica e creatività, alla sua tenacia e chiarezza di idee ma anche  alla sua  capacità di ascoltare e di confrontarsi e soprattutto al suo buon senso che tiene a freno la sua voglia di esprimersi a ruota libera in una piazza non facile e gli suggerisce i giusti compromessi.
Però, intelligentemente si concede momenti speciali in cui può dare sfogo alla sua creatività, a briglia sciolta,  vedi la serata di cui sopra e quella successiva, 7 sfumature di rosso,  a cui sono purtroppo mancata.

Quindi, il mio modesto omaggio, seppur con grande ritardo, prende spunto principalmente dalla combinazione fragole e peperoni che conquistò tutti quella prima serata. Ho copiato anche la coreografia e i colori del piatto con il dripping (più o meno) di salsa di barbabietola, che ho esteso anche allo yogurt mentre nell'originale c'era una sfera che scoppiava in bocca. Inoltre,  anzichè i ravioli, ho voluto provare come potesse funzionare con un pesce e  ho optato per uno sgombro crudo in marinata stile gravlax. Devo dire che ha funzionato alla grande. Piatto fresco, allegro e profumato, perfetto per una festa d'estate!



Ricettina facilissima, ingredienti per 2 persone, lo suggerirei come antipasto:

1 sgombro freschissimo da 500 g
sale fino e zucchero semolato in parti uguali
scorza di limone bio
1 foglia di alloro non trattato
un cucchiaino di semi di coriandolo e uno di pepe di sechuan

200 g di fragole
100 g di peperone rosso
sale, zucchero semolato qb

1 vasetto di yogurt greco
succo di limone

1 piccola barbabietola cotta (80 g ca)
1 cucchiaio  di aceto balsamico tradizionale di Modena 25 anni
(oppure aceto balsamico fatto ridurre con un po' di zucchero fino ad ottenere una glassa consistente)
olio extravergine d'oliva

foglie di basilico fresco bio


NB: lo sgombro va abbattuto, vedi prassi per il consumo di pesce crudo, pertanto prevedere la preparazione 3-4 gg prima

Sfilettare lo sgombro, spinarlo accuratamente, lasciare la pelle. Tritare la scorza di limone, il coriandolo, il pepe e la foglia di alloro, creare un dry rub mescolando il trito a sale e zucchero in parti uguali, disporre i filetti in un contenitore e coprirli con il dry rub. Porre in frigorifero, coperto da pellicola alimentre per un paio d'ore, irrorando di tanto in tanto i filetti con il liquido che si sarà formato. (il tempo della marinata dipende dallo spessore del filetto e di quanto si vuole fare asciugare, a me piace che rimanga ancora un po' morbido)  Infine, metterlo sottovuoto con tutta la marinata e passarlo nell'abbattitore o freezer domestico (-18° C 96h)

Pulire bene le fragole e i peperoni, frullarli a crudo separatamente, passare la purea di fragole al setaccio in modo da eliminare gran parte dei semini (ma se ne rimangono un po' non guasta). Passare al setaccio anche la purea di peperoni. Mescolare le due puree indicativamente nella misura di due parti di fragola e una di peperone, assaggiando e aggiustando comunque secondo il proprio gusto. Si devono individuare entrambi i  gusti, uno non deve prevaricare l'altro. Regolare eventualmente di zucchero e sale (ma pochissimo)

Frullare la barbabietola con un poco d'acqua e olio extravergine d'oliva, passarla al setaccio. Condirla con il balsamico

Diluire lo yogurt greco con un po' di succo di limone.

Lavare e asciugare le foglie di basilico.

Scongelare lo sgombro la sera prima, ancora ghiacciato lavare via tutta la marinata e tamponare bene, passarlo in frigorifero fino all'ultilizzo. Tagliare a fettine in senso diagonale. Disporre la salsa di fragole e peperoni sul fondo di un piatto piano previsto di bordi per contenerla, fare un dripping con la salsa alla barbabietola e quella allo yogurt, posizionare qualche fettina di sgombro in ogni piatto, completare con foglioline di basilico.








INSALATA DI RISO INTEGRALE CON ACCIUGHE ALLA COLATURA, MELONE, CIPOLLE AGRODOLCI E LA SALICORNIA FUJUTA

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L'8 luglio era la giornata mondiale dell'insalata di riso. Leggendo un paio di articoli  con   una carrellata di insalate di riso d'autore, in primo piano quella dell'amica chef Deborah Corsi de La Perla del Mare di San Vincenzo, mi è venuta voglia di farne una nuova.
Mi piace l'insalata di riso fatta con criterio, con ingredienti scelti e freschi, non certo il classico piatto svuota frigorifero nè tanto meno condita con  un banale condiriso!!

Comunque, la mia è semplicissima, niente a che vedere con le meravigliose creazioni degli chef dell'articolo. L'ho decisa mentre facevo la spesa al mercato e soprattutto dopo aver trovato delle belle acciughe nella mia pescheria. Il tempo di passarle nel mio freezer che raggiunge i -20° C, quindi ci possono stare anche solo 48h per scongiurare i rischi parassitari, come da prassi per il consumo del pesce crudo (96 h a - 18° C secondo prescrizioni ministeriali) , e poi via con la preparazione. La cosa buffa è che avevo comperato anche la salicornia per una sferzata  di sapidità in più e poi l'ho dimenticata!!


INSALATA DI RISO INTEGRALE CON ACCIUGHE ALLA COLATURA, MELONE,  CIPOLLE IN AGRODOLCE E LA SALICORNIA FUJITA..




Ingredienti per 2 persone

150 g di riso baldo integrale bio
10 acciughe medie
1/2 cipolla rossa fresca
50 ml di aceto di vino bianco + 20 ml di vino rosso
1 cucchiaio di zucchero + 1 cucchiaino di sale
1 piccolo melone retato
1 limone non trattato
1 cucchiaio di semi di coriandolo
foglioline di origano fresco o, se non ve la scordate come la sottoscritta, provate  qualche rametto di salicornia fresca, sbianchita  pochi secondi in acqua bollente e poi passata in acqua e ghiaccio e infine ben scolata.
colatura di alici di cetara  e olio extravergine d'oliva qb


Eviscerare le acciughe, aprirle a libro. Senza sciacquarle, metterle in una busta sottovuoto e passarle nell'abbattitore o freezer domestico come da prassi per il consumo del pesce crudo.
Una volta scongelate, metterle in acqua e ghiaccio per 10 minuti per farle spurgare, asciugarle bene e infine farle marinare  per 2-3 ore con un'emulsione composta da 3 parti di colatura e una d'olio.

Sfogliare le cipolle, tagliarle a fettine, scottarle per 30-40 secondi  nel mix, portato a bollore, di aceto, vino, zucchero e sale e bacche di coriandolo schiacciate. Scolarle ed asciugarle su carta assorbente.

Cuocere il riso. Scolarlo bene, stenderlo su un canovaccio asciutto fino al raffreddamento. Metterlo in una insalatiera capiente, condire con poco olio e succo di limone.

Ricavare dal melone delle semi sfere con lo scavino apposito.
Con un rigalimoni tagliare dei riccioli di scorza di limone.
Lavare, asciugare e sfogliare l'origano fresco.

Comporre l'insalata di riso aggiungendo le cipolle con i semi di coriandolo e il melone,  aggiungere un poco dell'olio e colatura della marinata, mescolare bene e infine posizionare le acciughe al di sopra di tutto. Cospargere con la scorza di limone e le foglioline di origano o rametti di salicornia



COLATURA DI ALICI DI CETARA VERSO LA DOP

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La colatura di alici di Cetara si avvia allo step conclusivo per il  riconoscimento del marchio Dop.


 
Lunedì 16 luglio si è tenuta la pubblica audizione con relativa lettura del disciplinare di produzione, che conclude l’iter “italiano” verso l’ottenimento del marchio Dop. Il prezioso liquido ambrato è stato oggetto di discussione nella sala polifunzionale “Mario Benincasa” del comune di Cetara,  dove si sono dati appuntamento tutti i soggetti interessati all’operazione. Superato questo importante appuntamento adesso il percorso prevede la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per trenta giorni e poi la “pratica” sarà nelle mani della commissione Europea per l’ultima parte della trafila che, salvo intoppi, entro un anno dovrebbe concludere un sogno cominciato tre anni fa.


A ricordare i primi passi ci ha pensato proprio la presidentessa dell’Associazione per la tutela e la valorizzazione della colatura Lucia Di Mauro che ha portato avanti il progetto con il prezioso aiuto dei componenti del   comitato tecnico scientifico: “Tre anni di lavoro, tutto cominciato –spiega- con una telefonata con quelli che sono poi diventati i componenti del comitato tecnico-scientifico: il professore Vincenzo Peretti della Federico II, grande esperto di  marchi comunitari e con Secondo Squizzato che allora rivestiva la carica di primo cittadino. Con la pubblica audizione un passo decisivo verso la conclusione del progetto”. Presente anche l’agronomo Ettore Guerrera anche lui nel comitato tecnico scientifico.

A fare gli onori di casa l’attuale primo cittadino Fortunato Della Monica  che  ha ribadito l’indissolubilità del binomio fra la cittadina che amministra e il prodotto che sogna di entrare fra le privilegiate d’Italia che possono vantare il marchio Dop.
Il disciplinare di produzione è stato letto dal dirigente del Mipaaf Luigi Polizzi che ha accolto anche le puntualizzazioni arrivate da più parte ed ha anche risposto a piccole obiezioni sollevate dal folto uditorio presente. Presente anche la delegazione della Regione Campania.
“L’auspicio –spiega il professore Vincenzo Peretti- che anche l’Europa esamini nel giusto tempo tutta la documentazione che abbiamo prodotto per raccontare la storicità e la tipicità della Colatura di Alici di Cetara. Un prodotto già famoso in tutto il mondo, che ha bisogno ora più che mai di tutela e massima tracciabilità per garantire non solo i produttori ma anche i consumatori”.


La giornata si è conclusa nella celeberrima torre di Cetara dove è avvenuta la spillatura dimostrativa della colatura di alici che è stata poi abbinata ad un primo piatto in degustazione preparata dagli chef Pasquale Torrente del ristorante Al convento e Franco Tammaro del ristorante San Pietro. 

Per approfondimenti sulla Colatura di alici di Cetara:




TRIPPETTE DI STOCCAFISSO IN INSALATA CON SEDANO, SALICORNIA E SALSA AL PEPE VERDE

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Prima di partire per un lungo viaggio, per sicurezza, svuoto il freezer, oltre che il frigorifero, memore di una tragica esperienza, quando, di ritorno da un intero  mese di vacanza, aprendo il portone di casa, una zaffata maleodorante mi ha violentato le narici e messa subito in allarme. Il primo pensiero è stato: è un topo morto! Oppure un altro animaletto che si è intrufolato da qualche buco del tetto in mansarda...invece... l'odore proveniva dalla cucina...oh no!! il freeeeeeeeeezer....aiutoooooo!!!
Frigorifero e freezer morti, kaput, spenti..spenti? chi ha spento il frigorifero e il freezer?  e a quel punto erano partiti "moccoli" (imprecazioni in toscano) indicibili!
Mio marito aveva escluso dal contatore elettrico, per sbaglio, anche il settore della cucina, oltre che condizionatori e cancello elettrico. Operazione che si fa per evitare eventuali danni durante i temporali.
Quindi aveva staccato il frigorifero e il freezer alla partenza!! Immaginate tutta la roba dentro fermentata e marcita per un mese intero? Non lo auguro a nessuno. Stanchi del viaggio, ancora mezzi rincoglioniti per il fuso orario, si proveniva "soltanto" dall'Australia, ecco,  si entra in casa e si hanno queste sorprese!
Era il primo pomeriggio. Con un fazzoletto su naso e bocca per filtrare un po' l'odore nauseabondo, abbiamo svuotato prima il frigorifero che per fortuna era già quasi vuoto, c'era qualche patata, una cipolla, qualche spicchio d'aglio, roba che normalmente non deperisce in un mese ma che puzza se succedono questi incidenti!!
Il freezer invece era, ahimé, era pieno e pure con del pesce dentro. Mi viene ancora la nausea se ci penso.
Abbiamo preso i cassettoni del freezer, colmi dell'infernale liquame e li abbiamo portati giù in giardino. Vuotati in un sacco e poi con la canna dell'acqua, detersivo, candeggina, aceto...abbiamo provato di tutto, abbiamo tentato di pulirli ma era dura. Allora li abbiamo lasciati lì colmi di acqua e aceto (perchè nel frattempo avevo telefonato a mammà:  "aceto, aceto e ancora aceto" e siamo andati a farci un bel bagno in mare!!
Morale....le operazioni di pulizia sono state ripetute a lungo ma si è sentita ancora un po' di puzza per  molti mesi. Ergo, mai lasciare roba in freezer quando si parte per un lungo periodo, meglio ancora, svuotarlo e staccarlo completamente, a che serve lasciarlo acceso vuoto?

Tutta questa pappardella di premessa per dire che sto già incominiciando a svuotare il freezer  perchè il viaggio di agosto si avvicina. Fra i tanti sacchettini che ho pescato  nei cassetti del freezer, eccoti delle trippette di stoccafisso, rimasuglio di quelle utilizzate per una squisita crema di patate, cozze e trippe di baccalà (sostituite con stoccafisso) omaggio a Leonardo Romanelli in occasione delle sua intervista sulla trippa per il Calendario del Cibo Italiano  

Un classico amato proprio dal Romanelli è l'insalatina di trippa con verdure e salsa verde. Quindi trippa anche d'estate, in insalata, fredda o tiepida e non solo trippa bovina ma anche di mare! Ed ecco la mia versione:

TRIPPETTE DI STOCCAFISSO IN INSALATA CON SEDANO, SALICORNIA E SALSA AL PEPE VERDE


Ingredienti per 4 persone 

300 g di trippette di stoccafisso già ammollate
un cuore di sedano bianco
80-100 g di salicornia

per la salsa al pepe verde*
un mazzetto abbondante di prezzemolo
1 cucchiaio da tavola di scorza grattugiata di limone non trattato
1 cucchiaio da tavola di succo di limone
1 cucchiaino da tè di pepe verde essiccato
olio extravergine d'oliva qb

*da una ricetta di Donna Hay, appena sperimentata per la rubrica M'Eat di Mag about food,  in cui vengono utilizzati anche i capperi salati. Al posto dei capperi ho voluto provare la salicornia che ha una spiccata sapidità ma salmastra, quindi indicata alle trippe di mare  e,  anzichè tritarla e unirla alla salsa, l'ho resa più protagonista inserendola intera nell'insalata.
Risultato divertente e gustoso per gli amanti del genere..

Mondate e lavate bene le trippette, fatele cuocere in una padella antiaderente  con un filo d'olio e poca acqua (se vi piace, potete aggiungere anche uno spicchio d'aglio da togliere alla fine), per una decina di minuti circa. Attenzione a non stracuocerle altrimenti diventano gelatina e sono irrecuperabili, tastatele durante la cottura fino a che saranno tenere ma ancora consistenti. Scolatele bene e conditele subito con un filino d'olio in modo che non si appiccichino raffreddando. Meglio se fatte, condite e mangiate.
Nel frattempo avrete mondato, lavato, e tagliato a fettine il cuore di sedano, pulito la salicornia e sbianchita pochi secondi in acqua bollente e poi passata in acqua e ghiaccio per qualche minuto.

Per la salsa: tritate il prezzemolo con le bacche di pepe verde, unite tutti gli altri ingredienti e mescolate con abbondante olio extravergine d'oliva. Regolate di sale

Mescolate le trippette ancora tiepide o a temperatura ambiente con il sedano e la salicornia, condite con la salsa al pepe verde e...buon divertimento!



L'ELEGANZA DEL POLPO E DEL BABAGANOUSH

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Il polpo è per me materia divertente in cucina. La sua “polposità”, mi si conceda il termine, e il suo gusto pieno e sapido ben si sposano con salse, fluide o cremose, ma di carattere e di svariate tipologie, dall’agrodolce al piccante, al vegetale, all’affumicato.
Mai provato con un gazpacho? Bel contrasto, divertente, estivo, fresco. Oppure con una salsa tipo guacamole ma resa piccante con del wasabi, vedi qui.  L'accostamento più classico e sempre vincente è quello con  le patate, magari con l’aggiunta di due olivette  oppure alla galega, con la paprica.  Ma anche semplici puree di verdure…ecco…appunto…verdure…non l’avevo mai provato con le melanzane! Da questo pensiero al  babaganoush, la tipica salsa mediorientale a base di polpa di melanzane e pasta di sesamo,  il passo è stato breve. Mai fatta a dire il vero. Cerco in giro qualche notizia e delle ricette e poi al solito, faccio un po’ di testa mia, un babaganoush eretico sicuramente perché ho cotto le melanzane nel microonde! E chi accende il forno con queste temperature?  Inoltre non le ho pelate, a me piace la buccia, e per quanto riguarda la paprica, ho scelto quella affumicata , che adoro. Per il resto è un babaganoush! E col polpo ci è andato a nozze! Provare per credere.  

E BUONE VACANZE DA POVERIMABELLIEBUONI!!



Ingredienti per 4 persone

1 polpo da 1 kg ca cotto sottovuoto a 80° C per 3 h
1 melanzana scura  grande
½ spicchietto d’aglio rosa
1 cucchiaio di tahina
1 limone non trattato
Olio evo 
Sale
Una manciata di olive taggiasche denocciolate conservate sott’olio
Paprica affumicata
Foglioline di origano fresco


Tagliare a spicchi la melanzana, disporre gli spicchi  in uno scolapasta cosparsa di sale grosso per circa mezz’ora, infine sciacquare bene e cuocere nel microonde a potenza max per 4-5 minuti.
Mettere la melanzana nel bicchiere di un frullatore, aggiungere la tahina, del succo di limone, l’aglio spremuto nello spremi aglio e frullare. Regolare di sale, condire con un poco di olio extravergine d’oliva.
Scolare bene le olive e tritarle finemente.

Servire i tentacoli di polpo tiepidi  al naturale o eventualmente grigliati su una piastra antiaderente in modo che si formi una gradevole crosticina croccante.  Disporre nel piatto una quenelle di babaganoush, cospargere con paparika dolce e affumicata a piacere, riccioli di scorza di limone ottenuti con un riga limoni, le briciole di olive e completare con foglioline di origano fresco


IL CACCIUCCO DI POVERIMABELLIEBUONI ALL'AIA DELLA VECCHIA

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Con la giacchina professionale personalizzata, gentile dono di Gabriella


Ricordate il miocacciucco in giallo con crudo di seppie e canocchie, vincitore del contest The King of Cacciucco, del recente Cacciucco Pride a Livorno?
Ebbene, dopo la divulgazione sui social, qualcuno che non aveva potuto essere presente all'evento, chiese di poterlo assaggiare e perchè non proporlo nella cucina di un ristorante?
La candidata non poteva che essere la trattoria L'Aia della Vecchia di Nibbiaia, un locale che frequento con mio marito e che propongo agli amici da qualche anno e che ci conquista con la loro familiarità, la loro sede tranquilla, immersa nel verde delle colline di Nibbiaia, nel comune di Rosignano Marittimo, a due passi da Livorno, da cui si domina un bel tratto di costa e si assiste a dei tramonti spettacolari con il profilo  dell'isola Gorgona all'orizzonte. Non ultimo offre anche un divertente happening: i piccoli cinghiali che per niente timidi si avvicinano all'ora dei pasti!!


Perchè l'Aia della Vecchia? Perchè Gabriella Pizzi, la cuoca di casa, è stata fra le prime a complimentarsi per la mia vittoria e l'amico da cui è partita l'idea,  Riccardo Meini, rappresentante di vini, soprattutto maremmani, è frequentatore e amico a sua volta dell'Aia della Vecchia, quindi il cerchio si chiude, si fa all'Aia della Vecchia!

Lo decidiamo già a luglio e fissiamo la data al 13 settembre. Facciamo le prove e studiamo gli abbinamenti col vino. Programmiamo la comunicazione. Ai primi di settembre scatta l'operazione #Cday (Cacciucco Day) come l'ha simpaticamente ribattezzata Riccardo, che si rivela anche un bravo fotografo. Qui sotto alcune  immagini usate per la promozione dell'evento, scattate da lui:



Abbiamo pure gli sponsor: l'azienda amica Peperita di Bibbona per il peperoncino, perchè ho usato il loro Scotch Bonnet n 6 in polvere per il mio cacciucco   


I vini prescelti sono della cantina trentina Vallarom, precisamente un vino bianco a fermentazione naturale, metodo ancestrale o famigliare Vadum Cesaris e un rosso morbido, fruttato, poco tannico e leggero, perfetto per il mio cacciucco in giallo: il Marzemino, decisamente insolito per i nostri lidi . Entrambe le aziende sono accomunate da una produzione biologica. 



Ed ecco che arriva il gran giorno, dopo varie prove e tribolazioni che superiamo con calma e sangue freddo soprattutto perchè ci anticipiamo nelle preparazioni, il grosso del lavoro infatti si svolge il giorno prima dell'evento!
Il dessert mi aveva fatto tribolare un poco,  l'avevo ideato anni fa per un Mtchallenge: il soufflé glacé al ponce livornese, ma rifacendolo non riusciva come volevo e il rum non si sentiva bene per effetto del gelo. Alla fine abbiamo trovato la soluzione grazie anche ad una consulente d'eccezione, ho rotto le scatole a nientepopodimeno che alla super pastry chef Loretta Fanella!! Ma anche un altro amico chef, che comunque è un pastry chef inside, Simone Acquarelli del Ristorante Il Frantoio di Montescudaio aveva suggerito un'altra idea molto originale ma difficile da gestire per quella serata. Ne farò tesoro e immortalerò le due soluzioni prossimamente sul blog.
Anche la minestra di pesce, la base per il cacciucco, non è stata una passeggiata ma sorvoliamo su questi dettagli, andiamo al sodo!

La mia preoccupazione erano le quantità. Gabriella, nella sua esperienza era tranquilla e mi confortava. Io, stressatissima, anche perchè le quantità gliele avevo date io!! Questa foto è molto eloquente, manca solo la vignetta, stile comics "basterà?"
Anche durante il servizio mi faccio prendere un po' dal panico, poi prendo il via e fila tutto liscio.  Eccoci durante alcune fasi della lavorazione

Come bucano le canocchie!!

Grande lavoro di squadra per il dessert, una vera catena di montaggio, bravissimi i collaboratori giapponesi di Gabriella. Ecco Kai alle prese con le acciughe

Abbiamo sfruttato le sue forti braccia anche per passare la minestra di pesce quando abbiamo capito che l'estrattore non andava bene per il risultato che volevamo. E vai di olio di gomito con il passaverdura manuale!!

Comunque, tutto è bene cioò che....finisce bene! E' stata una piacevolissima serata, gli ospiti hanno apprezzato l'intero menu e soprattutto hanno compreso il mio cacciucco "strano" che avevo spiegato all'inizio della cena, tanto per mettere le mani avanti. La grande soddisfazione è stata alla fine, passare fra i tavoli e raccogliere i complimenti e i commenti di tutti, in un interessante e garbato confronto come raramente capita. Conquistati anche i cinque simpatici castiglioncellesi, quindi concittadini, che hanno esordito interrogandomi sul cacciucco!! Mi avevano già promossa in teoria, nella pratica, la loro richiesta di bis e scarpetta fino all'ultima goccia non aveva bisogno di altre parole di conferma! E son soddisfazioni!!

La golosa fantasia di acciughe di Gabriella che ha fatto da apri pista



Il cacciucco in giallo con crudo di seppie e canocchie



E il ponce glacé che praticamente è risultato essere un semifreddo al ponce livornese con una base di pan di spagna imbevuto nell'originale rum da ponci, il rum Vittori! La "vela" cioè la scorza di limone che tradizionalmente galleggia nel ponce, nel semifreddo è stata proposta in versione candita. Incredibile ma vero, qualcuno dopo questo sostanzioso e alcolico dessert, ha voluto anche il vero ponce livornese!!


Ancora qualche scatto della bella atmosfera nella terrazza all'aperto dell'Aia della vecchia


Il padrone di casa Massimiliano con Maurizio, rappresentante di Vallarom e Riccardo


E la foto finale delle due "cuciniere" con il deus ex machina dell'evento, l'infaticabile e insostituibile Riccardo Meini a cui vanno i miei più sinceri ringraziamenti così come a Gabriella, al suo staff, a suo marito Massimiliano, alla figlia Noemi in sala e non ultimo a Camilla Marini per la comunicazione.

Di solito si conclude con un Ad Majora, lo auguro a loro, per quanto mi riguarda, è una bellissima esperienza ma penso che passerà un po' di tempo prima di rifarla, troppo stress per una non professionista anche se non sono nuova a queste performance. 
Questo episodio, comunque, non fa che consolidare il grande rispetto, stima ed ammirazione per chi fa questo lavoro!! Meditate gente, meditate, prima di accanirvi sui social a criticare, bisognerebbe provare a stare dall'altra parte!!! 

SPAGHETTI PANE BURRO ACCIUGHE E...COLATURA

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In attesa della prossima Festa della Colatura di Alici di Cetara, prevista quest'anno nel weekend 1-2 dicembre e che prevede, fra le varie attività,  uno stimolante concorso gastronomico dedicato allo storico Ezio Falcone, con questo piatto di spaghetti pane  burro acciughe e colatura, desidero onorare il prezioso e saporito liquido ambrato, dalle antichissime origini, proprio nella Giornata Nazionale della Colatura di Alici secondo il nostro Calendario del cibo italiano


Lo scorso anno ero stata invitata alla festa ed avevo partecipato al concorso e ad un bellissimo blog tour con un gruppetto di blogger del Calendario. Fu un'esperienza divertente ed istruttiva come ho avuto modo di spiegare dettagliatamente nel mio post sul sito del Calendario del Cibo Italiano. Quest'anno, a malincuore, non mi è possibile fare il bis ma non potevo resistere al richiamo del tema del concorso LA COLATURA: MARE NOSTRUM NEL PIATTO!


Per partecipare: www.cetaraturistica.com 


Lo spunto mi viene offerto da uno spaghetto straordinario assaggiato di recente al Ristorante San Martino 26 a San Gimignano, opera del giovane e bravissimo chef Ardit Curri di cui ho parlato appronfonditamente qui. Si tratta di uno spaghetto "stabilizzato" in forno a 150° C per 6 minuti, poi cotto regolarmente in acqua e infine mantecato in padella con aglio olio, peperoncino, burro, colatura di alici e completato da scampi crudi. L'operazione di stabilizzazione, come mi ha spiegato lo chef, oltre a colorarlo che sembra uno spaghetto integrale, gli permette di rimanere croccante in modo uniforme esternamente e internamente, una volta completata la cottura. In altre parole, sembra crudo ma è perfettamente al dente sia dentro che fuori. Il gioco morbido-croccante-dolce-sapido poteva già bastare alla mia idea di pane burro e acciughe ma volevo riciclare un crumble che mi diverte molto, fatto e rifatto più volte, cioè le lische delle acciughe fritte e sbriciolate a mo' di crumble, al posto del pane perché le acciughe sono il "pane del mare" come dicono i liguri. Il crumble di lische fritte è un'idea strepitosa della grande chef Valeria Piccini che non poteva non essere adottata da Poverimabelliebuoni!! Quindi, dovevo decidere,  o lo spaghetto "stabilizzato"  o il crumble. Ha vinto il crumble ma lo spaghetto stabilizzato di Ardit s'ha da fare!!
Ovviamente niente scampi ma le stesse acciughe, crude e marinate prima a secco con zucchero e sale in parti uguali per ammansire un po' il gusto pungente del pesciolino azzurro e compattarne le carni e infine sottoposte ad una seconda marinatura con olio e colatura di alici e aggiunte al piatto fuori dal fuoco.
Ho omesso l'aglio e il peperoncino perchè volevo solo burro e acciughe! Poi alla fine non ho resistito e una macinata di pepe gliel'ho data, così come una grattugiata di limone che non guasta mai con le acciughe ed è subito Costiera!! che altro?


Ingredienti per 4 persone

320 g di spaghetti di grano duro di Gragnano misura media
100-120 g di burro di ottima qualità
80 ml* ca di colatura di alici di Cetara (1 cucchiaio e 1/2 ca a testa)
1 limone non trattato Costa d'Amalfi
pepe nero di mulinello

per le acciughe marinate:
12-15 acciughe fresche
olio extravergine d'oliva campano cultivar Ravece e colatura di alici di Cetara qb
zucchero e sale fino qb


Togliere le teste e le lische alle acciughe (mettendo da parte queste ultime), mantenendo la codina, eviscerarle, aprirle a libro, pulirle solo con un po' di scottex senza lavarle, disporle su un vassoietto, coprirle con pellicola, porre in un sacchetto, sigillando bene e passarle nell'abbattitore a -20 per 48h o nel freezer domestico a -18 per 96h come da prassi per il consumo del pesce crudo.


Lavare bene le lische sotto acqua corrente, asciugarle, farle essiccare in forno a 100° C per mezz'ora circa. Metterle da parte conservate in un contenitore a chiusura ermetica o in un cartoccio di foglio d'alluminio.
Decongelare le acciughe passandole in frigorifero fino al momento dell'utilizzo.
Una volta scongelate, disporle in una pirofila e coprirle con un mix di sale fino e zucchero semolato in parti uguali. Porre in frigorifero a marinare per mezz'ora. Infine sciacquare bene e tamponare con carta assorbente. Dividere i filetti in due, togliere anche la piccola pinna centrale e la codina. Disporre i filetti in una pirofila pulita e marinare con un'emulsione ottenuta miscelando bene due parti d'olio e una di colatura di alici. Lasciar marinare in frigorifero per un paio d'ore.
Sbriciolare e tostare le lische in una padellina antiaderente appena "sporcata" d'olio e infine passarle su un foglio di carta assorbente.
Togliere le acciughe sott'olio e colatura dal frigorifero. Prelevarle ad una ad una con una pinza da cucina e disporle su un piatto coperto di carta assorbente per farle sgocciolare un poco.
Mettere in caldo i piatti da portata.
Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua poco salata. Scolarli al dente, mantecarli in padella con il burro e un po' d'acqua di cottura della pasta,  e a fuoco spento aggiungere la colatura continuando a mantecare vigorosamente.
Impiattare velocemente formando un nido di spaghetti al centro del piatto, cospargere con le briciole di lische croccanti, una grattugiata di scorza di limone e una macinata di pepe. Irrorare con tutto il burro rimasto in padella, contornare il nido di spaghetti con i filetti di acciughe crude e servire.

*NB: le dosi della colatura sono indicative, dipende molto dal gusto personale e dalla sapidità della colatura a disposizione nonché dalla dolcezza del burro.


Per approfondimenti sulla Colatura di Alici di Cetara:
Calendario del Cibo Italiano
Colatura di Alici






TATAKI DI SGOMBRO AL SUMAC E CUMINO, COLE SLAW, VINAIGRETTE AL KEFIR

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Era finito nel dimenticatoio il vasetto di sumac, visto e preso poco tempo fa, memore di certi bocconcini di caprino avvolti in quella deliziosa polvere rosso scuro dal gusto agrumato a cui non si poteva resistere nel meraviglioso buffet delle colazioni in uno splendido hotel di Amman, durante un nostro viaggio in Giordania.

Ci ha pensato la bravissima Eleonora a risvegliare l'interesse nei confronti del sumac e a svelarci ogni dettaglio e modo d'uso nella sua utile rubrica di Mag About Food "Che ci faccio con.....?"

Non potevo resistere a sperimentarla su un pesce. Essendo spiccatamente agrumata, è adatta nelle marinate a secco, dove si richieda una nota fresca e sgrassante. Perfetta  quindi per pesci grassi o semi-grassi, come lo sgombro appunto!
Cerco qualche idea e mi confronto con Eleonora che mi approva l'abbinata sumac-cumino e tutto il resto è venuto di conseguenza.

Curiosi? La mia ricetta del TATAKI DI SGOMBRO AL SUMAC E CUMINO CON COLESLAW E VINAIGRETTE AL KEFIR e tante altre con questa gradevole spezia mediorientale, qui su Mag About Food "Che ci faccio con .....il SUMAC!" 




PASTA PATATE E COZZE PER L'MTC S-COOL

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Ecco la mia seconda prova "creativa" per la seconda lezione della nostra MTC S-COOL on line che ha come tema LA COTTURA DELLA PASTA e approfondisce  le tecniche per la perfetta cottura e soprattutto, mantecatura della pasta, con un sugo, a caldo o a freddo che sia, grazie alle precise  istruzioni per la perfetta mantecatura della nostra bravissima Greta
Ho affrontato per prima la monumentale cacio e pepe, che è apparentemente semplice, in realtà è una pasta molto tecnica e insidiosa. L'ho fatta due volte e forse avrei dovuto provarci ancora una terza volta ma il tempo è tiranno, non sono completamente soddisfatta del risultato della mia cacio e pepe e bergamotto ma spero almeno nella sufficienza!!


Per la seconda prova, avevo tantissime idee, come sempre, quando mi scatta il neurone creativo - "sono pericolosa" -  dice mio marito. Effettivamente, inizio a cercare ispirazione sui libri, on line, leggo, studio, elaboro e  non ho pace fino a che non ho trovato l'idea che mi appaga. Perchè a Greta volevo offrire una prova degna!!
L'ispirazione decisiva è scaturita, sfogliando il bellissimo libro  PASTA REVOLUTION, della bravissima giornalista e amica Eleonora Cozzella, che offre, oltre a curiosità, informazioni tecniche e la storia della pasta con il suo ingresso nell'alta cucina contemporanea,  una carrellata di paste d'autore che sarebbero tutte da provare e a cui attingo spesso anche solo per un piccolo dettaglio ma mi riprometto di riprodurne qualcuna tel quel.

Ero molto indecisa, mi stuzzicava il singolare ed elaborato "spaghetto Milano" di Andrea Ribaldone, chef dei Due Buoi di Alessandria, in cui lo chef prepara un classico risotto allo zafferano milanese e poi lo frulla con del brodo per ottenere una crema con cui mantecare gli spaghetti che serve con un "ragù" di ossobuco gremolato e il suo midollo. Sontuoso e invitante ma c'era troppo lavoro!
Altro spaghetto d'autore che ha catturato la mia attenzione, per l'obiettivo che mi ero prefissata, cioè una super mantecatura di pasta lunga, era il tagliolino alle vongole di Moreno Cedroni, che ricordavo perfettamente di  avevo assaggiato a Identità Golose nel 2010 e avevo già provato a realizzare, avendolo nella sua monografia, a cui attingo spesso. La particolarità della pasta con le vongole di Cedroni sta nel frullare parte delle vongole cotte con il loro liquido e unirne alcune a crudo alla fine.

Ma quello che mi ha dato finalmente il "La" per partire  è stata la linguina patate cozze e pecorino di Agostino Iacobucci, chef de I Portici di Bologna, che non scorda le sue origini campane.
Volevo una pasta tradizionale in chiave contemporanea e quella sarebbe stata. La versione dello chef è molto minimalista, come la stessa Cozzella descrive "i diversi ingredienti tornano nel piatto in spirito più che in materia....come un quadro astratto ricco di simbolismo....i tuberi sono usati solo nell'acqua di cottura per rilasciare amido, le cozze sono appena pennellate sulla tela:  se ne prende esclusivamente la parte eserna gialla, il mantello, per creare un'emulsione. Infine anche il pecorino cambia pelle, non grattugiato ma sciolto..."
Compaiono nella finitura del piatto anche del lemon grass e il dragoncello.

La mia versione però è più ricca e strizza l'occhio anche alla tecnica cedroniana. Inoltre è una pasta asciutta e utilizza un formato lungo rispetto a quella tradizionale che è più brodosa e predilige la pasta corta.
Voglio un piatto colorato, non posso rinunciare all'arancio delle cozze, alcune le conservo al naturale, frullandone parte  intere anche se la crema viene marroncino, non pallida e aulica come quella di Iacobucci. Sfrutto l'idea dell'acqua di cottura delle patate che rilasciano amido e mi aiuta nella mantecatura finale ma voglio anche le patate nel piatto per una proposta più ricca, però rinuncio al pecorino, voglio raggiungere la mantecatura perfetta senza aiuto di crema.  Infine,  mi piace giocare con i colori,  opto per delle chips di patate viola che danno anche un po' di croccantezza e completo il gioco cromatico con il verde brillante dell'emulsione di olio al prezzemolo.
E' una pasta veramente ghiotta, il consorte può confermare, ha detto che mi sono superata e chissà se riuscirò a farla assaggiare alla Cozzella che è sempre in giro per il mondo!! Io ci provo, le mando un messaggio e soprattutto la foto :-)


Ingredienti per 2 persone

1000 g di cozze di Olbia (ovviamente, in onore di Eleonora Cozzella che ha radici sarde)
180-200 g di linguine  di Gragnano (io ho usato le Rummo)
100 g di patate a pasta gialla, pelate
1 spicchio medio-piccolo d'aglio rosa di Nubia
1 piccola patata viola
olio extravergine d'oliva cultivar Bosa (ancora Sardegna!)
un ciuffo di prezzemolo fresco
ghiaccio o acqua ghiacciata qb
peperoncino Scotch Bonnet n 6 Peperita

NB: attenzione al sale.  Il liquido delle cozze è sufficientemente sapido, non mettete sale né nell'acqua di cottura delle patate, né nell'acqua di cottura della pasta.

Innanzitutto pulire bene le cozze, farle aprire velocemente, a fuoco vivace  in padella o nel microonde, coperte da pellicola, potenza massima, 2-3 minuti (non devono cuocere troppo perchè perdono la B12 di cui sono ricche)
Sgusciarle, filtrare il liquido, frullarne metà con un poco del loro liquido, filtrare attraverso un colino cinese. Conservare le altre in un recipiente, possibilmente immerse in un po' di liquido in modo che non si asciughino.
Versare il liquido rimasto in una tazza e tenere da parte.

Mondare il prezzemolo, lavarlo, asciugarlo e frullarlo con un cubetto di ghiaccio o un poco di acqua ghiacciata e dell'olio. Allungare infine con altro olio fino ad ottenere un'emulsione fluida. Passare al colino cinese. Mettere l'olio al prezzemolo in un biberon da cucina.

Per le chips di patata viola: pelare la patata, affettarla finemente con una mandolina, essiccarla in un essiccatore oppure nel microonde a potenza massima,  3-4 minuti, a seconda dello spessore ottenuto. Far raffreddare e infine rompere le fette con le mani in modo da ottenere dei fiocchi grossolani.

Cuocere le patate tagliate a cubetti in 600-700 ml d'acqua, senza sale. Scolare e mettere da parte l'acqua.

Cuocere le linguine per 1/3 del tempo di cottura in parte dell'acqua delle patate (serbandone mezza tazza per la mantecatura finale)  e altra acqua naturale. SENZA SALE.


Prelevare le linguine con un forchettone e continuare la cottura in una padella d'acciaio, a fiamma vivace,  con due o tre cucchiaiate  d'olio diluito con un poco di acqua delle patate e l'aglio spremuto nello spremiaglio. Portare a cottura, scuotendo bene la padella e roteando la pasta con delle pinze o  un forchettone per mantecare bene, aggiungendo poco alla volta tutta l'acqua delle patate e/o l'acqua di cottura della pasta, il liquido delle cozze e la crema di cozze quanto basta ad ottenere una bella cremina avvolgente. Completare unendo i cubetti di patate nell'ultimo minuto di cottura e, fuori dal fuoco anche le cozze (che non devono cuocere ulteriormente). A me piace al dente, quindi sto indietro rispetto al tempo di cottura indicato sulla confezione di almeno un minuto.
Irrorare con l'olio al prezzemolo, cospargere con le chips di patate viola ed eventualmente con del peperoncino Scotch Bonnet n. 6 Peperita in fiocchi, perfetto per i piatti con i frutti di mare, da dosare secondo il proprio gusto.



SAPPHIRE ANCHOVY MARTINI PER L'MTC N 69

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E pensare che volevo a tutti costi  fare un dolce per questa sfida, la cucina alcolica, Mtc n 69,  proposta da Giulia di Alterkitchen,  Volevo affrontare la sfida nella sfida, cioè un cocktail bitter come il suo amato negroni, in un dolce. Quei dolci non dolci a base di frutta e verdura e freschi sorbetti anche amari che mi piacciono tanto, ma poi per ragioni affettive ha prevalso il Milano-Torino, antesignano del Negroni, papabile pure quello per un dolce-non dolce ma il richiamo del pesce ha prevalso (anche se il sorbetto l'ho messo nella mia prima proposta Tonno Milano-Torino-Livorno), così come ha prevalso in questa seconda prova. 


E' andata così: ero in chat con le amiche Eleonora e Greta la "barwoman" dell'Mtchallenge (povera, quest'ultima, chissà in quanti l'abbiamo interpellata, per non dire, torturata ;-), autrice della rubrica BEVI PIANO sul nostro nuovo bellissimo magazine-non magazine MAG ABOUT FOOD , partorito dalla fervida mente della nostra mitica Alessandra  Old Fashioned Lady. Non ricordo esattamente come ma chattando, è uscito fuori un cocktail turchese  ipnotico e pensare alle acciughe da farvi sguazzare dentro è stato immediato. Dai tempi di Un'acciuga al giorno mi ripromettevo di fare le acciughe blu e non le avevo mai realizzate, eccole infine che nuotano in un bellissimo turchese caraibico e il dessert negroni è solo rimandato!


SAPPHIRE ANCHOVY MARTINI


Il Sapphire Martini non è un cocktail certificato Iba ma non l'ho inventato io :-)
In internet si trovano svariate versioni. Di base, dovrebbe rispettare  la  stessa composizione del Martini classico (Gin e Vermouth dry) e viene realizzato utilizzando prevalentemente il Sapphire Bombay Gin, da cui il nome, che è  incolore ma è contenuto in una caratteristica bottiglia di vetro azzurro-turchese, e il colore viene riprodotto nel cocktail con l'aggiunta di  Blue Curaçao che è un liquore dolce a base di arancia amara (e se vi volete togliere lo sfizio di scoprire perchè mai un liquore a base di arancia sia blu leggete qui). Alcune versioni prevedono solo Gin e Blue Curaçao. Infine, si può aggiungere una ciliegina  per creare un effetto cromatico ancor più coreografico o semplicemente un ricciolo di scorza di limone. Io non ho voluto rinunciare alla classica oliva verde!!
La versione che ho scelto è quella più complessa con Gin, Vermouth e Blue Curaçao per avere più elementi con cui divertirmi nella mia destrutturazione eterodossa.

Composizione cocktail Sapphire Martini
4 parti di Gin
1 parte di Blue Curaçao
1 parte di Vermouth dry
ghiaccio
limone per guarnire o ciliegina

La mia interpretazione:
Gin : ginepro naturalmente ma anche limone che è fra i componenti aromatici dell'alcolico
Blue Curaçao: arancia amara, zucchero  e colorante blu
Vermouth dry in purezza

E' una destrutturazione molto semplice ma d'effetto! L'insieme è sicuramente poco alcolico ma il gusto del ginepro che rimanda al gin si avverte bene grazie alla prevalente quantità di gelatina. Le acciughe vengono prima marinate a secco con zucchero e sale per ottenere una consistenza più soda e ingentilirne il gusto da crude e poi bagnate nel vermouth dry e ghiaccio (come da ricetta di ben 8 anni fa fatta durante il primo corso Poverimabelliebuoni con l'amica chef Deborah Corsi, in seguito al quale poi  nacque il blog) con l'aggiunta di scorza d'arancia e bacche di ginepro.
Il mare turchese in cui nuotano è un brodo di pesce insaporito con liquido delle cozze e aromatizzato con bacche di ginepro, infine colorato con qualche goccia di colorante blu alimentare. Il turchese si può ottenere anche dall'acqua di cottura del cavolo rosso ma non volevo mischiare troppi sapori.
Il brodo l'ho reso gelatinoso con pochissimo agar agar in modo che risultasse una gelatina delicata e cremosa in cui il crostino, sul quale  ho adagiato i filetti d'acciughe, con l'oliva verde, vi affogasse dolcemente. Naturalmente bisogna aggiungere lo spiedino d'acciuga e oliva solo all'ultimo altrimenti il pane si inzuppa troppo e si servono a parte, su un vassoietto, altri crostini per accompagnare il cocktail. Inutile specificare che il tutto va servito nel classico bicchiere da Martini!



Ingredienti per 4 bicchieri 

Brodo di pesce aromatizzato al ginepro
1 l d'acqua
300-400 g di pesci da brodo/zuppa come gallinella/tracina/nasello
500 g di cozze
1/2 gambo di sedano, 1/2 carota, 1/2 cipolla, un ciuffetto di prezzemolo
6-7  di bacche di ginepro

Gelatina turchese
500 ml di brodo di pesce aromatizzato al ginepro
1 g di agar agar in polvere
qualche goccia di colorante blu liquido

Spiedini d'acciughe e olive (3 crostini per persona)
12-16 acciughe piccole preventivamente abbattute o congelate come da prassi per il consumo di pesce crudo
50 g di zucchero semolato
50 g di sale fino
1 arancia amara non trattata
5-6 bacche di ginepro
olio extra vergine d'oliva qb
100 ml di vermouth dry
4-5 cubetti di ghiaccio
1-2 fette di pane toscano 
12 olive verdi grandi denocciolate
12 stuzzicadenti

Per guarnire: 1 limone non trattato

Eviscerate i pesci e lavateli accuratamente. Metteteli a freddo nell'acqua con le verdure e le bacche di ginepro incise con un coltello. Portate ad ebollizione, abbassate la fiamma e lasciate sobbollire dolcemente facendolo  restringere di quasi la metà, schiumando di tanto in tanto. Lasciate raffreddare i pesci  nel loro brodo e infine toglieteli (saranno stracotti, puliteli, prelevate la polpa e fateci delle  polpette!) e filtrate il brodo.
Pulite le cozze, fatele aprire in una larga padella coperta in modo che tutti gli umori non evaporino. Filtrate il liquido e aggiungetene quanto basta al brodo di pesce per insaporirlo, al posto del sale, regolando secondo il proprio gusto. 

Decongelate le acciughe, asciugatele bene con carta assorbente, eliminate la coda, mettetele in un recipiente e copritele con un mix di sale fino e zucchero semolato. Lasciate marinare per mezz'ora circa, infine sciacquate bene per togliere ogni residuo di zucchero e sale e asciugatele accuratamente. Mettetele ora in un altro recipiente e copritele con il martini dry, unite le scorze di mezza arancia amara ben ripulite dall'albedo, le bacche di ginepro incise con un coltello e il ghiaccio spezzettato. Lasciate marinare fuori dal frigorifero per un'ora circa. Infine scolatele, senza asciugarle,  conditele con olio evo e tenete da parte in frigo fino all'uso. 

Stemperate l'agar agar in 500 ml di brodo freddo, colorate con qualche goccia di colorante blu fino ad ottenere il turchese desiderato. Mettete al fuoco, portate a bollore per pochi minuti. Fate intiepidire e infine versate il brodo turchese nei singoli bicchieri da Martini. Fate raffreddare e rapprendere fuori dal frigorifero, basteranno un paio d'ore.

Prima di servire, tagliate ogni acciuga in due quadratini regolari  e disponetele su  crostini di pane di pari misura e tostati in forno. Infilzate un crostino d'acciuga con uno stecchino su cui infilerete anche un'oliva,  tuffatelo  nella gelatina turchese, a temperatura ambiente o appena tiepido (magari passato pochi secondi in microonde, non troppo altrimenti si scioglie),  e servite subito con altri crostini d'acciughe e olive disposti in un vassoio ad accompagnare il cocktail. Guarnite i bicchieri con riccioli di scorze di limone.
Consumate subito altrimenti il pane si inzuppa troppo nel brodo gelatinato!





TORTINI DI RISO E ACCIUGHE ALLA CANNELLA

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Chi l'ha detto che la cannella si usa solo nei dolci? Sfatiamo questo tabù grazie alla rubrica del nostro magazine on line  MagAboutFood CHE CI FACCIO CON....LA CANNELLA??
Nell'articolo scoprirete tante informazioni e curiosità sulla profumata spezia e i suoi usi più insoliti per profumare anche carni e pesci come i miei  tortini di riso e acciughe, ispirati ad una ricetta tradizionale turca :İÇLİ TAVA, che coniuga strati di riso con  cipolle e acciughe, profumati con cannella e arricchiti con uvetta o ribes.
La mia versione si differenzia fondamentalmente per la composizione e agli ingredienti originari ho aggiunto un po' di scorza d'arancia che con la cannella si sposa perfettamente. Ad accompagnare i tortini, troverete una delicata salsa all'arancia, preparata con brodo di pesce.



A SCUOLA DI PIZZA, PANI & C. DA GABRIELE DANI

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Non è da tutti avere un istruttore pizzaiolo personale e che istruttore! Mica un pizzaiolo qualunque, bensì un tecnico istruttore dei Grandi Molini Italiani di grande e provata esperienza, che dopo anni di buon lavoro,  raccoglie i meritati riconoscimenti, vedi il recente inserimento nelle prestigiose guide Top 50 Pizza e Gambero Rosso e il conferimento del premio Omino di Ferro della sua città!
Mi riferisco all'amico pizzaiolo Gabriele Dani, di Disapore La Pietra Pizzeria Gourmet di Cecina e La Pietra, Pizza in pala di Marina di Cecina, con cui ho collaborato per l'organizzazione di Pizza Convivium. 
Ci conosciamo da un anno esatto e quale migliore occasione quindi dell'anniversario  per festeggiare la nostra sinergia scaturita spontaneamente e passo dopo passo, con una dimostrazione, o meglio, un tentativo di dimostrazione,  di quello che ho imparato grazie ai suoi insegnamenti!

Ho ripescato il primo post che avevo condiviso su fb, entusiasta delle pizze assaggiate, che finalmente mi avevano fatto scoprire il suo grande talento che mi incuriosiva da quando si iniziò a sentire parlare di lui. Il post è datato 14 dicembre 2017, pochi giorni dopo l'inaugurazione
A dire il vero, ero stata invitata da Gabriele all'inaugurazione, su suggerimento dell'amico castiglioncellese Massimo Franchini, ideatore del locale Disapore, la cui gestione è stata appunto affidata al pizzaiolo.
Ma all'inaugurazione, il 4 dicembre 2017, rimasi sconvolta dalla folla presente, anche se piacevolmente colpita dalle manifestazioni d'affetto dei suoi amici e clienti, che hanno seguito Gabriele e sua moglie Cristina,  sin dagli esordi a Marina di Cecina, dove si erano fatti conoscere  per la qualità offerta!
Beh,  dalla folla che c'era la sera dell'inaugurazione, non ero riuscita ad avvicinarmi a lui né ero riuscita ad acchiappare un pezzo di pizza, un po' perché non amo sgomitare ma effettivamente non era la migliore occasione per conoscersi; rinunciai, mi scusai poi con un messaggio e decisi di rimandare ad una data più tranquilla e infatti, lasciai passare una decina di giorni e ci andai con un'amica. E da lì è partito tutto.

In questo anno abbiamo iniziato a confrontarci ed è scaturita una piacevole collaborazione, supportata da stima reciproca, che hanno dato vita alla Dolce Margherita e a Pizza Convivium e altre sinergie in progress..

E arriviamo anche alle lezioni. A differenza di molte colleghe blogger o amiche cuoche amatoriali che si destreggiano abilmente coi lievitati, io non ci sono mai andata tanto d'accordo ma da pignola e perfezionista, non potevo esimermi dall'approfondire la materia e volevo conoscere tutti i segreti  dell'arte bianca. Lo stesso Gabriele mi aveva proposto più volte di mostrarmi le tecniche di impasto e di produzione.

La prima occasione mi è stata offerta dall'invito ricevuto a frequentare la lezione di Pizza Gourmet con lo chef Luigi Pomata, nella sede dei Grandi Molini Italiani a Livorno, dove i  tecnici istruttori pizzaioli, fra cui Gabriele, preparavano le basi e lo chef le completava con gustosi ed originali toppings quali la carbonara sbagliata, l'arrabbiata di mare, la mousse di mortadella e tartufo, elargendo consigli e trucchi ai giovani pizzaioli, avidi di conoscere, che strabuzzavano gli occhi mentre lo chef carlofortino apriva le cozze nel microonde e usava lo stesso strumento per far scoppiare le croste di parmigiano come dei pop corn!!
Stimolata da quell'esperienza,  sentivo il bisogno di completare l'istruzione, anzi di ripartire dall'ABC per rinfrescre ed approfondire alcune nozioni di cui avevo una conoscenza sommaria e affrontare gli aspetti più tecnici teorici e pratici.  Alla fine  siamo riusciti a ritagliarci delle giornate libere, destreggiandoci  fra i vari impegni e ci siamo divertiti tantissimo, perchè oltre alla lezione vera e propria, abbiamo anche cucinato, mangiato, riso e bevuto!!
Eccoci a conclusione della seconda "lezione" nella pausa pranzo in cui io ho cucinato la mia pasta patate e cozze per tutto lo staff, che ha visibilmente apprezzato!!

Siamo partiti dalla composizione del chicco di grano, come viene macinato e come, attraverso i diversi "abburrattamenti", cioè le progressive setacciature, si distinguono  le farine in integrale, tipo 2, tipo 1, 0 e 00.  Ho capito quali sono le proteine importanti che creano la famigerata "maglia glutinica" e ho appreso dati tecnici come il P/L cioè il rapporto tra tenacità ed estensibilità, così come si misurano e si esprimono con la lettera W  i valori della forza delle farine, con l'alveografo di Chopin (omonimo del famoso compositore).
Ho riso dei lieviti che  "fagocitano"gli zuccheri e mi sono sorpresa nello scoprire che esiste una lievitazione fisica oltre che biologica. Ho capito l'importanza di una lievitazione lenta, l'utilizzo di diverse farine in base al prodotto che si vuole ottenere, l'importanza della durezza  dell'acqua e la formula per calcolarne la giusta temperatura con la regola dei 60° C,  in rapporto a quella di farina e pre-fermento e ambiente, per la tipologia da teglia. Anche sale e olio fanno la loro parte e le percentuali vanno rispettate con precisione come in pasticceria.  Insomma, è chimica, fisica e matematica perché c'è  anche la formulina per calcolare la massa d'impasto in proporzione alla superficie della teglia.
Non  ultimo, è fondamentale distinguere le varie cotture:  in teglia, alla pala, in forno a legna, gas o elettrico e ho scoperto  che anche il cornicione ha il suo perché!
E dopo la teoria, la pratica!

Il primo giorno abbiamo affrontato l'impasto per pizze in teglia con  pre-fermento o biga, 24 h di lievitazione a 4° C, rinfresco il giorno successivo, formatura di panini, palline per pizza e lievitazione. Abbiamo prodotto dei pani tipo ciabattine  croccanti e con meravigliosa alveolatura interna  nonostante qualcuno l'avessi maltrattato io con le mie mani!
 Prontamente farciti e assaggiati!

E ancora focacce in teglia, semplicemente irrorate d'olio o  in stile "barese", nappate cioè senza parsimonia con un mix di pomodori rossi e gialli, privati dei semi, conditi con olio extravergine d'oliva, sale e profumatissimo origano secco siciliano e basilico fresco. Una goduria! Anche il marito conferma perchè ho portato parte delle nostre opere a casa naturalmente




Seconda lezione: impasto diretto e produzione di grissini con farina multicereali e semi oleosi, panini al latte e tecniche di formatura e chiusura palline. Sono una frana in questo, devo esercitarmi!!

Ho dei video ma non riesco a caricarli. Accontentiamoci di questa foto del maestro :


E la mia soddisfazione nel realizzare una pallina decente??

Tra una lievitazione e l'altra e la formatura di palline e grissini,  c'è stata la pausa pranzo, vedi sopra. Eccomi mentre sono nella fase delicata di mantecatura di quasi un chilo di pasta nel padellone che poi ha trasportato Gabriele a tavola perché io rischiavo di fare danni!!


Potevamo resistere a provare gli stessi  ingredienti della mia pasta patate e cozze  sulla pizza? E' stato subito amore!! Base con farina tipo 2 macinata a pietra, mozzarella  e anche del pecorino fresco che nella pasta non c'è ma sulla pizza stava divinamente.

Ed è nata La Cozzara come l'ha rinominata mio marito che per trovare nomi e nomignoli, a volte è proprio bravo e si è meritato i grissini e i panini al latte, prodotti nella seconda giornata con impasti diretti,  che ho portato a casa!

E per concludere, avrei voluto fare una sorpresa a Gabriele ed immortalare trionfalmente le immagini dei miei "compiti a casa"  ma mentre ero in lavorazione, ho avuto un attimo di défaillance, un dubbio che non mi faceva progredire, ho dovuto mostrargli in diretta cosa stavo combinando e addio sorpresa!
Ho lavorato tanto ma da ultimo, un intoppo, mi ha distratta e mi sono incasinata. L'impasto mi sembrava bello, morbido e gonfio, 70% di idratazione, ero gasata, non male per la prima volta e con un trabiccolo di planetaria domestica!! Però la foto della biga ha inequivocabilmente rivelato l'errore di partenza: temperatura del frigo non idonea, troppo alta. L'ho tolta a 10° C. Avrei dovuto rinunciare subito, invece sono andata avanti.


I panini erano accettabili, le focacce le ho cotte troppo  ma l'errore più grossolano è stato il condimento delle pizze. Non ho fatto scolare sufficientemente la mozzarella che ha inesorabilmente rilasciato liquido e bagnato la pasta ma anche la salsa utilizzata era un po' liquidina.

Ed ecco  la mia pizza in giallo (quella rossa non oso mostrarla) con le acciughe che ho messo io sotto sale a luglio, pomodorini gialli campani conservati nel loro succo, mozzarella di bufala, origano fresco.  Recuperata alla bell'e meglio: ho scolato un po' di acquina della mozzarella e ho appoggiato la teglia direttamente sulla base del forno per farla asciugare bene. Ovviamente un po' d'acqua era colata e sfrigugliava allegramente. Ma insomma, sono riuscita a finire di cuocerla bene anche sotto e ce la siamo pappata! Il gusto era perfetto, sulla cottura stendiamo un pietoso velo...


Errori banali, di sbadataggine e di mancanza di concentrazione dovuta alla stanchezza? Quante scuse, errori e basta! Ma riconoscere dove si è sbagliato è già positivo, infatti, come dice il proverbio, sbagliando si impara!! E allora... calma e sangue freddo, caro Gabriele, ci riproverò e ti stupirò!

BUON ANNIVERSARIO!!




TAGLIOLINI DEL PASTIFICIO CHIESA CON CREMA DI CAVOLFIORE, COLATURA DI ALICI E TARTUFO BIANCO

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Non c'è bisogno di aspettare fino a Natale per trattarsi bene, soprattutto quando capitano certe occasioni! E allora? Piatto ricco, mi ci ficco, dice il proverbio! Ed ecco che un grigio mercoledì di dicembre si illumina e anche in casa si gioisce grazie ad un piatto voluttuoso e dal profumo inebriante.

L'occasione è capitata pochi giorni fa e ringrazio l'amica livornese Paola Picchi, chef e titolare del catering Momenti Conviviali per avermi fatto conoscere una realtà d'eccellenza nel cuore della città di Livorno. All'interno dell'ottocentesco monumentale e poco noto ma affascinante Mercato Centrale, detto "Alle Vettovaglie", ho scoperto infatti, grazie a Paola,  il Pastificio Chiesa, creato e condotto dalla famiglia Chiesa dal 1969, costituito da laboratorio e  bottega, recentemente trasformata in una vera boutique della pasta, o  "butìcche" per dirla alla livornese!
Giunti alla terza generazione, oggi il Re della Pasta, anzi il re Mida della Pasta perchè è riuscito a fare la pasta d'oro,  è il giovane spumeggiante ed  entusiasta Valerio Chiesa, che prosegue con orgoglio la tradizione della sua famiglia, utilizzando macchinari tradizionali "gioiello" e tecniche artigianali, intrecciate con studio e sperimentazione, ma soprattutto tanta determinazione, per dare origine a prodotti unici.


La selezione delle materie prime è molto scrupolosa per garantire sempre freschezza e qualità. Per gli impasti vengono utilizzate uova di galline allevate a terra e semola di grano duro extra arancio di provenienza pugliese. Inoltre la pasta è prodotta con macchinari a cilindro che, al contrario del sistema ad estrusione, ne mantiene inalterate le proprietà e la rende elastica e morbida, come mi spiega lo stesso Valerio mentre la svolge per tagliarla.


Tagliolini, tagliatelle, pappardelle vengono tagliati al momento e ogni giorno il laboratorio prepara anche ricche paste ripiene, chicche e gnocchi

I prodotti d'eccellenza di Valerio hanno conquistato vip e teste coronate e hanno deliziato persino Papa Francesco e l'ex presidente degli Stati Uniti Barak Obama!! Non si contano infine i premi ricevuti, come il Leone d'Oro del Gran Premio Internazionale nel 2017. Non ultimo, ad ottobre, all'inaugurazione del locale attiguo alla boutique, dove sono in programma incontri con chef che intepreteranno le stupende paste fresche del pastificio, era presente nientepopodimeno che il mitico  Giovanni Rana!!


Ma ciò che rende veramente unico Valerio Chiesa è la produzione del tortello d'oro a 23 carati!
Dopo anni di studio e sperimentazioni, l'abile maestro pastaio è riuscito a mettere a punto una pasta fresca a base di Manitoba, semola di grano duro, uova, zafferano abruzzese con  microparticelle di oro commestibile a 23 carati che  mantiene inalterata, anche dopo la cottura, l'essenza brillante dell'oro!
Il ripieno è sontuoso, noblesse oblige : foie gras, ricotta e tartufo nero Prestige. Intrigante davvero questo tortello che  è già super richiesto da ogni parte del mondo!!

Neanche a farlo apposta, avevo appena acquistato dei bei tartufetti bianchi, quindi Valerio mi consiglia e prepara sotto i miei occhi dei tagliolini, ideali per il tartufo. Ma mi impacchetta anche un po' delle sue ottime chicche di patate, che non resisto ad assaggiare pure crude!!

Basterebbe del buon burro e una grattugiata di tartufo sui suoi tagliolini e l'uomo gode (anche la donna ovviamente, ma il modo di dire è al maschile, si sa...), ma  per onorare Valerio e ringraziarlo per la sua disponibilità e l'amabile accoglienza, ho voluto creare un piattino ad hoc, semplicissimo ma in linea con Poverimabelliebuoni, ho aggiunto in mantecatura del cavolfiore, che, come tutta la famiglia dei cavoli, si sposa benissimo col tartufo per le affinità aromatiche, e qualche goccia di colatura di alici per accentuare la sapidità.
La pasta ha una consistenza fantastica, si impregna bene del condimento eppure mantiene una piacevole elasticità ed ha un ottimo sapore anche da sola, immaginatela con tutto il resto....



Ingredienti :

tagliolini all'uovo del Pastificio Chiesa di Livorno - Mercato Alle Vettovaglie
cavolfiore bianco
burro, non salato,  di ottima qualità
tartufo bianco fresco di San Miniato
colatura di alici di Cetara
parmigiano reggiano 36 mesi - facoltativo

Dividere il cavolfiore in cimette. Tagliarne alcune a fettine sottili e tostarle in padella antiaderente con un filo d'olio. Cuocere le restanti cimette al vapore e ridurle infine in  briciole.
Lessare un paio di minuti  la pasta in abbondante acqua con poco sale.
In una padellina far fondere una generosa noce di burro, unire le briciole di cavolfiore e condire con qualche goccia di colatura di alici. Scolare i tagliolini  con un forchettone o una pinza da pasta e trasferirli nel burro, mantecare facendo ben roteare e saltare la pasta, aggiungendo un poco di acqua di cottura fino a che si formerà una bella cremina.  Trasferire nei piatti da portata, cospargere con scaglie di tartufo bianco ed eventuale parmigiano grattugiato al momento, guarnire con le fettine di cavolfiore tostate. Inebriarsi degli effluivi che il piatto sprigionerà, accompagnando con un calice di buon vino bianco secco, aromatico, avvolgente e morbido ma con sufficiente acidità a contrastare la grassezza complessiva.



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