Quantcast
Channel: POVERIMABELLIEBUONI
Viewing all 470 articles
Browse latest View live

GUSTO GIAPPONESE, SAPORE TOSCANO

$
0
0

Viene presentato oggi, martedì 26 novembre 2019 alle ore 17 nel Salone del quotidiano Il Tirreno, in viale Alfieri 9 a Livorno, il volumetto“Gusto giapponese, sapore toscano -  Le ricette creative della chef Kazuyo Haha” Editoriale Programma (nelle edicole diffuso dal Tirreno e nelle librerie)
Il libro  è stato scritto da Elisabetta Arrighi, giornalista, che in appendice ha intervistato anche la sottoscritta per una chiacchierata su cucina etnica e fusion e sono state inserite anche 4 ricette fusion  made in Poverimabelliebuoni. 
La presentazione, che vedrà l’autrice Elisabetta Arrighi conversare con il giornalista Giuseppe Boi alla presenza della chef Kazuyo e della food blogger Cristina Galliti, cioè io ;-)  offrirà anche l’occasione per degustare un piccolo aperitivo con stuzzichini che fondono tradizione enogastronomiche toscane e giapponesi.

IL LIBRO, LA STORIA, LE RICETTE – C’era una volta… non una fatina o una principessa delle favole. Ma una modella giapponese in carne ed ossa che spesso arrivava in Europa per lavoro. Un bel giorno sbarcò in Toscana dove rimase colpita dal paesaggio, dalla cultura e dal cibo. E siccome amava cucinare, decise di fermarsi per frequentare un corso per chef (a Lucca). Poi per amore di un sommelier decise di restare per sempre in Italia.


La ex modella, oggi chef, si chiama Kazuyo Hada. Il sommelier, Simone Cavallini, nel frattempo è diventato suo marito e insieme gestiscono (dalla metà degli anni Duemila) l’Enoteca Vinalia, nel cuore di Cecina, in provincia di Livorno. Vinalia è un piccolo ristorante dove il gusto giapponese (anche dell’estetica) e il sapore toscano si fondono in piatti della nostra tradizione ma rivisitati con quel tocco “made in Japan” che fa la differenza. Kazuyo, in cucina, è riuscita e riesce a mescolare e bilanciare in maniera creativa due mondi distanti fra di loro, ma che sotto il profilo dell’importanza delle tradizioni hanno molti punti in comune.

Nelle ricette di Vinalia, la maggior parte delle quali a base di pesce, si percepiscono in maniera forte il rigore del Sol Levante e i sapori del territorio. Così il sushi e sashimi offrono il profumo del salmastro, perché vengono utilizzati (opportunamente abbattuti) pesci pescati nelle acque del Tirreno, e anche il condimento si può scegliere “all’italiana” oppure “alla giapponese” con ginger marinato, alghe wakame, salsa di soia, wasabi e insalate di stagione. Gli spiedini di sarago sposano le alghe kombu mentre il baccalà alla livornese viene fritto in tempura. Non mancano, poi, la focaccia toscana che sceglie come ingrediente anche i fiori di sakura, il ciliegio giapponese dal sapore delicato. E in inverno in menu c’è anche il piatto-conforto per eccellenza, per difendersi dai rigori del freddo: si chiama Misonikomi udon, una specie di minestrone con gli udon (gli “spaghetti” giapponesi) capace di emanare i freschi sentori dell’orto di casa nostra.


GLI ACQUERELLI DELLA CHEF KAZUYO – In “Gusto giapponese, sapore toscano” la chef Kazuyo Hada  firma e in alcuni casi illustra con propri disegni, 25 ricette tutte da degustare e soprattutto da provare a cucinare anche a casa. Non mancano alcuni capitoli dedicati alla “spesa alla giapponese”, un focus sull’abbattimento del pesce, e una chiacchierata con Simone Cavallini, sommelier e direttore di sala di Vinalia. È lui a suggerire alcuni accostamenti con il vino per i piatti illustrati.

Per quanto riguarda la mia parte, marginale ma non banale, e ringrazio di cuore Elisabetta per avermi proposto di partecipare a questa deliziosa pubblicazione,  ho espresso il mio punto divista sulle contaminazioni in cucina che sono inevitabili in una società sempre più multietnica, anche in Italia.
A livello di ricette, ho solo dovuto scegliere fra le numerose ricette fusion che ho sul blog e ho optato per: cuoricini sushi d'acciughe, tataki di palamita con crema di bruschetta, sciabu sciabu di pesce azzurro e un dolce!! Ebbene sì, ogni tanto ci vuole:  cake al tè matcha con ganache al cioccolato bianco.

Per l'aperitivo invece sfodero un inedito....a presto sul blog!


ENOGASTRONOMICA, L'ECCELLENZA MADE IN TUSCANY DAL 6 ALL'8 DICEMBRE A FORTEZZA DA BASSO, FIRENZE

$
0
0



Enogastronomica, in Fortezza l’eccellenza made in Tuscany
Tre giorni di mostra mercato con 22 cooking show, masterclass e workshop
La 7° edizione in scena dal 6 all’ 8 dicembre all’attico del padiglione centrale


Ben 22 cooking show, tra chef stellati e pizzaioli di fama, più degustazioni, mostra mercato, masterclass e workshop: manca ormai poco a Enogastronomica – la rassegna nata dopo l’esperienza della “Biennale” e organizzata da Confesercenti Firenze in collaborazione con Cia Toscana Centro,Legacoop Toscana, Consorzio Vino Chianti e Fisar Firenze, e con il contributo della Camera di Commercio di Firenze –andrà in scena da venerdì 6 a domenica 8 dicembre 2019 alla Fortezza da Basso, al piano attico del padiglione Spadolini. Cambiano gli spazi e la location, quindi, ma non lo spirito e la formula di un evento che intende valorizzare le materie prime e i protagonisti del mondo enogastronomico toscano e italiano, mettendone in mostra le eccellenze produttive e raccontando la Toscana dal punto di vista della cultura e dei valori legati all’enogastronomia. 

Enogastronomica ha il patrocinio delle Regione Toscana, della Città Metropolitana di Firenze, del
Comune di Firenze e di Vetrina Toscana, il progetto di Regione e Unioncamere Toscana che promuove ristoranti e botteghe che utilizzano prodotti tipici del territorio



Rivolta non solo agli addetti ai lavori ma al grande pubblico di curiosi e appassionati, e con un occhio di riguardo a momenti interattivi come degustazioni guidate, curate da Leonardo Romanelli, masterlass e cooking show, Enogastronomica 2019 darà ampio spazio al bello, al buono e al ben fatto della Toscana. In particolare, il mondo dell’agroalimentare di qualità viene declinato in una serie di appuntamenti tematici: oltre alla mostra mercato, sono previsti infatti incontri con i produttori, degustazioni guidate di vino, olio e birra, cooking show e workshop su diversi prodotti, a partire dagli “spirits” made in Tuscany, ribadendo così il ruolo della manifestazione come osservatorio delle tendenze del settore.

Se nei tre giorni di Enogastronomica il piano attico del padiglione Spadolini ospiterà oltre 100 produttori, a cucinare per i visitatori saranno 9 chef (Cristian Borchi, Deborah Corsi, Ardit Curri, Andrea Perini, Stefano Pinciaroli, Maria Probst, Beatrice Segoni, Gentian Shehi ed Edoardo Tilli) e 13 pizzaioli (Giovanni Santarpia, Romualdo Rizzuti, Mario Cipriano, Marco Manzi, Michele Leo, Gabriele Dani, Matteo Aloe, Gabriele Tonti, Alfonso Vitale, Pierluigi Madeo, Michele Viceconte, Donato Menechella e Carmine Salzano). Nelle sale degustazione, con l’aiuto di Fisar verranno raccontati alcuni dei vini più interessanti del panorama enologico toscano. Spazio anche all’olio, con assaggi a tema, e agli spirits made in Tuscany, con masterclass su vermouth e Negronitenute dal barman Paolo Ponzo. In tutti gli eventi, prezioso è il supporto degli studenti dell’istituto alberghiero “Chino Chini” di Borgo San Lorenzo (Fi) coordinati dal professor Michele Occhibove.
A gestire i contenuti sono i giornalisti Leonardo Romanelli e Marco Gemelli, rispettivamente per la parte del vino e del food. Obiettivo è dar vita a tre giornate di full immersion per far conoscere, assaggiare e acquistare le eccellenze del patrimonio enogastronomico toscano e italiano. Inoltre, venerdì 6 dicembre alle 15 andrà in scena un workshop dedicato al presente e al futuro dell’informazione enogastronomica periodica cartacea nazionale, organizzato insieme ad Aset Toscana con la partecipazione di direttori e capiredattori di testate come Food & Wine, Italia a Tavola, Ristoranti, Italia Squisita, Food & Travel, La Cucina Italiana, Pambianco Wine & Food e Firenze Spettacolo, moderata dal giornalista Stefano Tesi.

Dopo la positiva esperienza del 2018, inoltre,Università della BirraTM, l’innovativo polo didattico di Heineken Italia focalizzato sulla formazione professionale in ambito birrario per gli operatori del canale Ho.Re.Ca. e della distribuzione moderna, torna anche nell’edizione 2019 a Enogastronomica aprendo, per l’occasione, i propri corsi anche agli appassionati di questa bevanda millenaria. Il calendario prevede incontri con pillole di cultura birraria, a cura dei docenti dell’Università dellaBirraTM, dedicati agli ingredienti e alle fasi di produzione, agli stili, alla spillatura e ai segreti per il servizio della birra perfetta.
Infine, nei giorni di Enogastronomica verrà allestito un momento speciale con gli chef fiorentini e toscani che hanno aderito all’iniziativa di solidarietà con Venezia– lanciata da Paolo Gori (Da Burde) e coordinata da Gemelli e Romanelli – di servire nei rispettivi ristoranti un piatto di baccalà mantecato e devolvere il ricavato a favore della ricostruzione post-allagamento.

Informazioni:
Per partecipare a Enogastronomica è necessario essere in possesso del kit degustazione composto dal calice in vetro e una tracolla porta-bicchiere, grazie al quale si potrà godere di una serie di assaggi gratuiti agli stand che partecipano all’evento, con esclusione dei punti ristoro nell’area dedicata.

Orari:
venerdì 6 dicembre: 14.30 – 22 (area ristoro fino a mezzanotte)
sabato 7 dicembre: 11 – 22 (area ristoro fino alle 23)
domenica 8 dicembre: 22 – 21 (area ristoro fino alle 22,30)



Per accrediti stampa:
Marco Gemelli
338.5624777
marcogemelli.press@gmail.com

FROLLINI AL TE' MATCHA CON FARCIA ALLE ACCIUGHE E LIMONE PER LA PRESENTAZIONE LIVORNESE DI GUSTO GIAPPONESE, SAPORE TOSCANO

$
0
0

Come avevo annunciato nel mio precedente post, questi frollini al tè matcha con farcia alle acciughe rappresentano l'inedito che ho ideato e realizzato espressamente per il buffet aperitivo che ha concluso la bella presentazione di martedì 26 novembre a Livorno, nella sede del quotidiano Il Tirreno, del libro di Elisabetta Arrighi : Gusto giapponese, sapore toscano, dedicato alla chef giapponese Kazuyo Hada, del ristorante enoteca Vinalia di Cecina. Nel libro compaio anch'io con un'intervista sulle contaminazioni in cucina e propongo quattro ricette  fusion est-ovest. 


Un inedito perché le mie ricette contenute nel bel volumetto non erano adatte ad un aperitivo, ci voleva qualcosa di appropriato, facile e soprattutto pratico da preparare e trasportare senza problemi come il classico snack salato da forno. Mi sono inventata, quindi,  dei biscotti salati con un  ingrediente utilizzato in una ricetta dolce contenuta nel libro : il tè matcha, a cui avrei aggiunto un tocco acciugoso naturalmente. 
Il tè matcha si trova per lo più in ricette di torte e biscotti dolci, non sapendo come potesse funzionare col salato, ho fatto una ricerca on line e non ti salta fuori la ricetta di frollini salati della mia amica blogger Sara di Pixelicious?  La sua versione prevede il parmigiano nell'impasto e una farcia ai fagioli verdi. Faccio le dovute  sostituzioni, pensando che se l'umami del parmigiano può funzionare, anche l'umami delle acciughe ben dosato avrebbe fatto il suo dovere!
Primo esperimento bocciato: ho caricato troppo i frollini di tè, sono venuti scuri, amari e salati perché anche l'equilibrio tra  zucchero e sale non l'ho preso al primo tentativo. Aggiusto le dosi, faccio una seconda prova e funziona tutto! Quindi procedo con i calcoli di quanti dischetti ho ricavato dalla dose prova,  faccio le dovute proporzioni e il giorno precedente all'evento mi metto all'opera, hai visto mai che sbaglio qualcosa? quindi mi tengo un giorno di riserva ;-)
Invece tutto procede abbastanza bene, triplico le dosi, faccio tre infornate e tiro fuori un'ottantina di frollini. 

La presentazione è andata molto bene, è stata intensa e ben moderata dal giornalista del Tirreno Giuseppe Boi,  alla presenza di un discreto numero di persone, fra cui alcuni amici sostenitori. 

L'aperitivo è stato un vero successo con proposte molto carine e una presentazione di buon gusto, merito di Kazuyo e del marito sommelier Simone Cavallini che ha portato anche un bel bottiglione di Sakè, che, senza saperlo, stava benissimo con i miei frollini ma anche con  le loro straordinarie arachidi al wasabi. 


C'era inoltre uno spumante da uve durello e io ho proposto Donna Olimpia Doc Bolgheri bianco 2017 (vermentino, viognier, petit manseng) dell'azienda Donna Olimpia 1898 di Bolgheri, con la quale collaboro, che invece si sposava con la focaccia alla maionese di Vinalia preparata da Kazuyo:  maionese nell'impasto e poi colata sopra, una goduria!!!

Ed eccoci alla foto di rito finale con il nostro libricino in bella vista! E tutto è bene quel che finisce bene...e mi raccomando, non perdetevelo, prossimamente sarà di nuovo in edicola col Tirreno!

E la ricetta dei frollini? Eccola!

FROLLINI AL TE' MATCHA CON FARCIA ALLE ACCIUGHE E LIMONE

Dosi per ca 20 frollini 
diametro 3 cm, spessore 3 mm 

farina di riso 80 g
farina 0 20 g
burro 50 g
zucchero di canna finissimo 30 g
tuorlo 15 g
tè matcha 6 g
sale fino 4 g
acqua fredda qb

robiola 30 g 
burro 10 g
3-4 filetti d'acciughe salate o sott'olio
scorza di limone grattugiata qb

Setacciate le farine insieme allo zucchero, al sale e al tè matcha. Fate una fontana su una spianatoia create un buco al centro, mettetevi il burro freddo a tocchetti e il tuorlo. Impastate con la punta delle dita, aggiungendo un po' d'acqua, se necessario, compattate la pasta senza lavorarla eccessivamente. Formate una palla, coprite con pellicola e fate riposare in frigorifero 30' ca. 
Accendete il forno a 150-160° C.
Togliete la pasta dal frigorifero, fate riposare 5 minuti, infine stendetela col matterello su un piano infarinato, in modo da ottenere uno spessore di ca 3 mm. Ritagliate ca 40 dischetti con un coppa pasta da 3 cm, reimpastando anche i ritagli fino ad esaurimento della pasta. 
Mettete i dischetti su una teglia rivestita con apposito tappetino antiaderente o carta da forno. Coprite con carta stagnola bucherellata (per preservare il colore verde altrimenti in cottura diventa un po' marroncino ai bordi), infornate e dopo 7-8 minuti, togliete la stagnola e continuate la cottura per altri 6-7 minuti. Togliete subito i biscotti dal forno, non preoccupatevi se risulteranno ancora morbidi, metteteli su una griglia a raffreddare, in pochi minuti diventerranno secchi ma friabili.

Preparate la farcia, lavorando la robiola con il burro ammorbidito e le acciughe tritate, ridotte in pasta e una grattugiata di scorza di limone. Le dosi sono abbastanza indicative, dipende molto dal grado di sapidità delle acciughe utilizzate. L'acciuga si deve sentire ma la farcia non deve essere eccessivamente sapida per non penalizzare il gusto del tè verde.

Mettete la farcia in una tasca da pasticceria, disponete metà dei  dischetti su un vassoio, spremete una piccola nocciola di farcia al centro di ogni dischetto, infine coprite con il secondo dischetto imprimendo una leggera pressione in modo che la farcia si stenda uniformemente all'interno e colmi il disco, senza debordare. Farciteli e mangiateli subito e se avete un buon  saké, sentirete che spettacolo!!

PS: una volta farciti si possono conservare in una scatola di latta anche fuori dal frigorifero ma non più di 24h

ANIMELLE E PUNTARELLE

$
0
0

Animelle fa rima con puntarelle! Ma non fa solo rima, vanno proprio a braccetto, anzi danzano amorevolmente insieme, insomma si amano!! Ahahahahah, non sto farneticando! Ma questo è l'effetto che mi ha fatto il piatto che sono riuscita a creare, troppo buono!! Mi sono sconvolta da sola per il risultato ottenuto! E ora basta coi punti esclamativi.

A onor del vero, mentre cercavo un video tutorial on line su come trattare e pulire le animelle, perché, pur piacendomi moltissimo, non ho mai osato affrontarle nella mia cucina, ho preso spunto da un'idea trovata su  Sfizioso.it dello chef Paolo Ribotto del Bricks di Torino: animelle in crosta di grissini, patate alla senape e puntarelle.
A differenza del piatto dello chef, la mia panatura delle animelle è costituita dalla farina di mais, con le patate ho fatto una crema e ho pure fatto la senape da me! Inoltre le puntarelle le ho condite in modo classico con le acciughe e ho aggiunto una spruzzata di succo di bergamotto che adoro; ne ho grattugiato anche la scorza  sopra a tutto il piatto, in cui compaiono anche le foglie esterne delle puntarelle, cioè la cicoria catalogna, saltate in padella con olio e aglio.

L'ho costruito mentalmente per giorni, per trovare la quadratura del cerchio e pur figurandomi gli ingredienti insieme, fino a che non si assaggia, non si ha la prova finale e pratica delle proprie intuizioni teoriche. Devo dire che la sorpresa più grande all'assaggio, non è stato tanto il connubio puntarelle animelle  (ero abbastanza tranquilla che la dolcezza delle animelle avrebbe trovato il suo contraltare nell'amaro delle puntarelle) bensì  il bel gioco a rincorrersi tra la sfumatura della senape e quella del bergamotto, davvero sorprendente per la sinfonia aromatica che scaturisce dall'insieme.

Curiosi di provare? Qui sotto la ricetta anche se le dosi sono un po' a sentimento, non ho preso nota, ho mescolato, assaggiato, condito...insomma..bisogna affidarsi alla propria sensibilità!


ANIMELLE E PUNTARELLE 
animelle panate al mais, crema di patate alla senape, puntarelle acciughe e bergamotto, cicoria saltata, scorza di bergamotto 


Animelle di vitello freschissime
farina di mais
albume
olio evo dal gusto delicato

patate a pasta gialla
acqua, latte, olio evo delicato
senape in polvere
senape in grani
aceto di mele  o vino bianco
acqua
sale e zucchero

Puntarelle
foglie di cicoria catalogna
aglio 
acciughe sotto sale o sott'olio
bergamotto non trattato


Pulite le animelle dal grasso, mettele a spurgare in acqua e aceto per 3-4 h cambiando spesso l'acqua.
Infine scolatele, tamponatele con carta assorbente, cercate di rimuovere la pellicina che le ricopre.
Scottatele per 10-15 minuti in acqua bollente con un pizzico di sale.
Scolatele, completate la rimozione della pellicina, se rimasta, mettetele in un colino con un peso sopra e fate depurare ancora. 

Per la salsa alla senape ho le dosi! Più o meno.. perché tutto dipende dal tipo di senape che trovate e dal tipo di aceto utilizzato, io avevo solo quello di mele in casa : pesate 50 g di senape in polvere, 40 g di acqua e 30 g di aceto di mele o di vino bianco, sale e zucchero qb
Miscelate l'acqua con l'aceto. Versate il liquido ottenuto poco alla volta  sopra alla polvere di senape e mescolate velocemente per non formare grumi, fermatevi alla consistenza desiderata. A seconda del tipo di polvere potrebbe essere sufficiente anche meno liquido di quello indicato. Condite con un po' di sale e zucchero, assaggiando e dosando poco alla volta a proprio gusto. 


Bollite la patata con la buccia (io le bucherello e le cuocio dai 4 ai 6-8 minuti nel microonde a potenza max, a seconda della grandezza, girandole a metà cottura). Tagliatele a metà ancora calde e senza sbucciarle passatele nello schiacciapatate (non è necessario bruciarsi le dita e sbucciarle bollenti, la buccia rimarra nel filtro dello schiacciapatate!!!) 
Raccogliete la purea ottenuta nel bicchiere di un frullatore ad immersione, aggiungete un po' d'acqua, un po' di latte e un filo d'olio e frullate, aggiungendo gli ingredienti poco alla volta, fino ad ottenere una consistenza liscia fluido/cremosa. (meglio passarle prima nello schiacciapatate e poi nel frullatore perché se si frullano direttamente diventano collose). A questo punto insaporite con una cucchiaiata di senape, assaggiate, aggiustate con altra senape ed eventualmente sale e zucchero. La senape si deve sentire ma non deve annullare il gusto delle patate. L'acidità dell'aceto della senape sarà smorzata dal latte e dallo zucchero ma ne deve rimanere traccia. Insomma va trovato il giusto equilibrio.

Mondate le puntarelle, tagliatele a julienne finissima e fatele arricciare in acqua e ghiaccio per qualche ora. Scolatele bene, conditele con un'emulsione di olio, acciughe ridotte in pasta e succo di bergamotto. 

Mondate, lavate e tagliate a striscioline le foglie della cicoria catalogna, fatele saltare brevemente in padella con un filo d'olio e uno spicchio d'aglio che poi toglierete. Insaporite con poco sale. Tenete in caldo mentre friggete le animelle.

Pronti con tutti gli annessi e connessi, riscaldate la crema di patate e tenete in caldo. 
Per la cottura delle animelle  vi offro due opzioni, mi sono piaciute entrambe, a ciascuno la sua: tagliate le animelle a fette spesse, passatele nell'albume leggermente battuto, poi nella farina di mais e infine friggetele in padella antiaderente abbondantemente irrorata d'olio evo. Salate alla fine, mettete a scolare su carta assorbente prima di impiattare.
Oppure, cospargetele con la farina di mais senza passarle nell'albume e rosolatele. Nel primo caso si forma una crosticina netta, croccante e consistente. Nel secondo caso la rosolatura è più lieve, si formerà un velo croccante ma meno consistente e il gusto risulterà più delicato.

Versate un po' di crema di patate alla senape a specchio sul fondo di un piatto, date dei colpetti sotto al piatto per farla distendere, come si fa per il risotto. Contornate la crema con le animelle, intervallate da mucchietti di catalogna cotta e puntarelle alle acciughe. Cospargete con una grattugiatina di scorza di bergamotto e senape in grani e buon divertimento!


SALSICCIA DI PESCE E FRIARIELLI

$
0
0

Sembra una salsiccia e friarielli in piena regola, vero? Effettivamente lo è, solo che la salsiccia anzichè di suino, è di pesce!!

Salsiccia di pesce che ho fatto io e che è finita sulla pizza dell'amico pizzaiolo Gabriele Dani di Disapore Pizzeria Contemporanea, Cecina:  base bianca con farina 0, impasto e cottura verace e mozzarella fiordilatte, realizzata qualche sera fa quando gli ho fatto una sorpresa e mi sono presentata, tutta gongolante e orgogliosa,  con le mie salsicce fresche fresche. Inevitabile pensare ad uno dei grandi classici napoletani e di questi tempi da lui i friarielli non mancano mai!


Era da tempo che mi frullava in testa questa idea, l'ho programmata con calma e infine mi sono ritagliata una mattinata per metterla in pratica. Devo dire che è stato meno drammatico del previsto, temevo di fare un gran pastrocchio, invece me la sono cavata benino dai...Non avendo l'attrezzo per formare le salsicce, ho adottato il metodo casalingo suggerito dall'amica chef Gabriella Pizzi , ho utilizzato, cioè, una bottiglia mozzata a mo' di imbuto su cui ho infilato il budello e gli ho spremuto dentro il ripieno con una tasca da pasticceria. Semplice, no?  E quanto mi sono divertita!!


Gabriele all'opera con la sua pizza e le mie salsicce:




Ingredienti per 5 salsicce :

Polpa di palamita g 400 ca (al netto degli scarti, della pelle e delle spine)
Calamari puliti (solo il corpo, senza tentacoli e pinne) g 300 ca
1 albume
1 spicchietto d'aglio
una cucchiaiata di semi di finocchio
una cucchiaiata di erbe aromatiche secche in polvere (alloro, rosmarino, salvia, timo)
sale fino e pepe nero di mulinello abbondante

budello di maiale sotto sale
spago da cucina
una bottiglia di plastica o un imbuto con bocchetta grande

Reidratate il budello mettendolo in acqua per almeno un'ora, poi scolatelo, asciugate e distendetelo su un vassoio.

Tritate al coltello la polpa di palamita  e i calamari, mescolateli in una ciotola con l'albume, l'aglio passato nello spremiaglio  e tutti i sapori. Mettete il composto in una tasca da pasticceria.


NB: prima di riempire le salsicce, ho fatto la prova del sale: ho preso un cucchiaino di composto, l'ho fatto cuocere brevemente in padella e l'ho assaggiato, a quel punto ho regolato di conseguenza con altro sale e pepe

Fate calzare il budello sul collo della bottiglia, eventualmente fermatela con dello spago o un elastico, spremete il composto nella salsiccia attraverso l'imbuto-bottiglia e, aiutandovi con le mani, schiacciate e fate scendere nel budello man mano.
Al termine legate le salsicce con lo spago e godetevi il risultato!!!


Si conservano per 2-3 gg in frigorifero e si  cucinano e si consumano come delle normali salsicce, ci potete abbinare del puré di patate, o i classici fagioli o i friarielli, o quello che volete! Ovviamente si possono realizzare anche con altri pesci, il pesce spada per esempio o il tonno, il tombarello....
Per l'utilizzo sulla pizza, Gabriele ha preferito sbollentarle velocemente in acqua, in modo da sigillarle,  ma lasciandole ancora crude all'interno, e poterle agevolmente tagliare. Hanno finito di cuocere pochi minuti in forno sopra alla pizza. A mio avviso non è necessario spellarle, il budello è finissimo, si può mangiare...in ogni caso, degustibus..

Lo spumante rosé delle Ripalte della Tenuta delle Ripalte, Isola d'Elba, un gradevole metodo classico da uve aleatico, ha accompagnato egregiamente la salsiccia e friarielli "ammarata", come l'ha soprannominata Gabriele.
I friarielli provengono dall' orto di sua suocera, spadellati con aglio e un pizzico di peperoncino in cucina da Disapore. E che ve lo dico a fà, una goduria!!! E una bella soddisfazione, dai..


RISOTTO AL PESTO DI CAVOLO NERO, TRIGLIE, ARANCIA E BOTTARGA

$
0
0

Per questo risotto al pesto di cavolo nero, triglie e bottarga ho preso spunto da una ricetta trovata su Sale&Pepe di novembre che prevedeva una pasta fatta con farina di ceci. Io l'ho declinata in versione risotto, che ultimamente è la mia passione, e poi ho aggiunto del mio perché mi piaceva molto la combinazione proposta dalla rivista: cavolo nero e triglie ma, nonostante mi ripeta continuamente di essere essenziale, di non esagerare con gli ingredienti, così com'era mi sembrava un po' troppo semplice.
Insomma la base c'era, ho lasciato decantare un po' l'idea, presa anche da altre preparazioni, eventi e lavoro ma non l'ho abbandonata, l'ho solo riservata al momento propizio in cui mi si sarebbe accesa la lampadina per completarla in modo più soddisfacente con un tocco speciale ma ben ponderato, non solo per creare un effetto sorprendente a tutti i costi.
E il bel giorno è arrivato, di primo mattino, appena sveglia, e mi capita spesso di alzarmi con l'illuminazione; a mente fresca, si sa, si ragiona meglio, soprattutto se la sera prima siamo andati a letto presto e sobri!!
Mi interrogavo sul fatto che una spintarella sapida ci potesse stare bene e ho pensato alla bottarga ...in più, volevo anche una nota agrumata che si integrasse in modo armonioso con l'insieme e l'arancia mi è sembrata la risposta giusta con la sua acidità garbata e l'aromaticità della buccia (quest'ultima avrebbe aggiunto anche un ulteriore contrasto di colore)

L'assaggio è stato più che positivo, c'era tutto quello che volevo. Che soddisfazione quando tutte le tue congetture mentali si materializzano esattamente come le hai concepite e il gusto non tradisce le aspettative....

Taglio corto, volete sapere come si prepara il RISOTTO AL PESTO DI CAVOLO NERO, TRIGLIE E BOTTARGA? E' facile, non velocissimo ma facile. Ecco la ricetta:

Ingredienti per 4 persone


320 g di riso vialone nano
1000-1200 ml di brodo di verdura
200 g di foglie di cavolo nero
25 g di pinoli
½ spicchio d’aglio rosa
1 arancia non trattata
4-6 triglie da 100-120 g cad
Bottarga di muggine o di sgombro (la mia, autoprodotta, è di sgombro)
(Olio evo all’aglio qb )
Olio evo qb
Sale fino qb


Per il pesto di cavolo nero: mondare le foglie, togliere le coste centrali (non si buttano via ma si lessano a parte e si possono utilizzare come contorno, magari rosolate in padella con aglio e acciughe salate). Tenere da parte qualche fogliolina tenera del cuore del cavolo nero. Sbollentare le foglie per 3-4 minuti in acqua bollente con un po’ di sale.
Scolarle, metterle in un recipiente con acqua e ghiaccio per raffreddarle velocemente e mantenere un bel verde brillante. Scolarle, strizzarle bene, tamponarle con carta assorbente, tritatele al coltello e infine metterle nel bicchiere di un frullatore con i pinoli, 2-3 cucchiai d’olio e un cubetto di ghiaccio. Frullare fino ad ottenere un pesto cremoso, regolare di sale. Versare in un recipiente, coprire con pellicola a contatto della superficie, tenere in frigorifero fino all’utilizzo.

Pulire e sfilettare le triglie, rimuovere tutte le spine con l’aiuto dell’apposita pinzetta.

Avviare il risotto facendo tostare il riso con poco olio e portarlo a cottura aggiungendo poco alla volta del brodo leggero di verdure. Mentre cuoce il riso, marinare le triglie con del succo d’ arancia.

A pochi minuti dalla cottura, spegnere il riso piuttosto bagnato, far riposare un paio di minuti. Mentre il riso riposa, rosolare in padella antiaderente appena velata d’olio le foglioline di cavolo e i filetti di triglia prelevati dalla marinata senza scolarli troppo, tostandoli velocemente dalla parte della polpa, regolare di sale. Tenere in caldo.

Infine, mantecare il risotto, sempre lontano dal fuoco, con due cucchiaiate di pesto di cavolo nero, una spruzzata di succo d’arancia e un po’ d’olio evo, eventualmente aromatizzato all’aglio, se gradito, per un tono più marcato, mescolando e scuotendo la pentola vigorosamente. Aggiustare di sale se necessario. Coprire, far riposare ancora un minuto.

Servire il riso ben allargato in piatti fondi, guarnire con i filetti di triglia, le foglioline di cavolo, della bottarga a scaglie e una grattugiata di scorza d’arancia. Condire il tutto con il fondo di cottura delle triglie.

E' anche bello cromaticamente, vero?



FEGATO DI RANA PESCATRICE, PORRI E FICHI DA FINCHE' C'E' TRIPPA DI DIEGO ROSSI

$
0
0

La mia pescheria, la Punto Mare di Rosignano S,  è speciale, l'ho detto e lo ripeto.. Scelgo una bella razza, mi assicuro che mi lascino il fegato ma è inutile chiederlo, lo sanno bene e mi accontentano sempre, anzi, la mia amica Valentina preleva anche due bei fegatini da due piccole rane pescatrici e me li mette in una busta, "tanto non se li piglia nessuno!!"
A casa, pulisco il pesce, scarto il pacchetto dei fegati  e scopro con sorpresa che quelli delle rane pescatrici sono chiazzati di rosso, segno che le buongustaie si sono alimentate a gamberi e i loro fegati avranno un gusto più morbido ed aromatico, in altre parole, saranno più buoni!!


Ho scoperto questa curiosità, e tanto altro, nel bel libro dedicato al quinto quarto sia di terra che di mare: Finché c'è trippa, scritto dallo chef Diego Rossi e dalla giornalista Barbara Giglioli, edito da Guido Tommasi, uscito a metà ottobre e subito acquistato. Il libro non è una semplice raccolta di ricette ma una vera opera, un racconto che trasmette emozioni e per me grande fonte di ispirazione.

Diego Rossi, veronese di nascita,  ha aperto nel 2015 a Milano, con il socio Pietro Caroli, Trippa,  una trattoria moderna che è diventata un vero cult e che offre cibo popolare che attinge alla tradizione contadina riproposta con guizzi di genialità sregolata e "libera" per usare un termine che lui stesso utilizza per definire la sua cucina.
Trippa  è anche una filosofia di cucina, non si riferisce solo a tutto il quinto quarto, nella sua accezione più classica di interiora e frattaglie ma si estende anche ad ogni tipologia di ingrediente il cui uso si è un po' perduto come le erbe spontanee, e recupera antiche sapienze e preparazioni dimenticate.

Grazie a questo  libro, mi si riaccende, dunque, la passione un po' sopita per il quinto quarto, peraltro presente qui sul blog nella versione marina e sulla mia seconda pagina Insalata Mista, in versione terrestre,  e mi viene voglia di sperimentare. Ma non solo,  il concetto che Trippa esprime mi provoca un'illuminazione! Forse dovrei inglobare in  Poverimabelliebuoni anche  tutto il quinto quarto terrestre, animale e "vegetale" , e non pesci dimenticati o negletti da una parte e carni, frattaglie animali e verdure e dolci dall'altra..una parola, boh..prima o poi lo faccio e unisco le due pagine.

Nel frattempo, mi sono così appassionata che, innanzitutto, ho osato affrontare per la prima volta le animelle bovine, vedi Animelle e puntarelle (ma il piatto forse è un po' troppo fighetto, almeno nella composizione estetica, per essere in sintonia con il pensiero del Rossi.... )  Non contenta, ho prenotato, ben cinque settimane prima, da Trippa e ci sono stata il 13 dicembre e mi sono divertita moltissimo. E' stata una piacevolissima esperienza, sola, soletta, accomodata al bancone in pole position, di fronte alla cucina a godermi lo spettacolo! Non potevo chiedere di meglio!



Lo chef mi ha anche fatto la dedica sulla mia copia del libro e su un'altra che devo regalare a Natale.

L'happening è stato ampiamente documentato in tempo reale sui social ovviamente con condivisione e commenti ad ogni singolo piatto : trippa fritta da sgranocchiare come aperitivo a mo' di patatine fritte sorseggiando un delizioso Franciacorta; testina di vitello con salsa verde e rafano (fantastica, sono tornata bambina con quella salsetta verde, uguale a quella della mia mamma che accompagnava il bollito di cui ero ghiotta. Il tocco del rafano è un guizzo indovinatissimo)
Poi mi ero prenotata il midollo che cuociono alla brace e servono nel suo osso con il cucchiaino. Mamma mia, che goduria!! E scarpettare col pane è d'obbligo naturalmente!
Ma prima del midollo, ci ripenso e chiedo un piatto allo chef  a sua scelta, seppur rigorosamente quinto quartista. Arriva una roba mai vista, pazzesca: esofago in insalata con cavolo viola in agrodolce e maionese all'acciuga.
Mi trattengo dal finirlo perché altrimenti il mio "esofago" si sarebbe ribellato e mi avrebbe torturato tutta notte, ma era un delitto lasciarlo.
Non riesco a mangiarmi il dessert, chiudo con il voluttuoso midollo.  Saluti e baci e chissà quando riuscirò a tornarci...sigh...

E oggi, si è riaccesa la lampadina con i fegatini di pescatrice, del resto, si cucina secondo il mercato e quando si trovano certe leccornie, non si può farsele scappare!!

FEGATO DI RANA PESCATRICE, PORRI E FICHI

Ma quale foie gras????!!! Vai col foie de mer che anche sulla tavola di Natale farebbe la sua porca figura, perché no? Squisito e sopraffino, provare per credere...


Per la ricetta, riporto le dosi indicate dal libro, con le mie note e piccole sostituzioni perché alcuni ingredienti sono stagionali come i fichi e le loro foglie :

400 g di fegato  freschissimo di rana pescatrice (se averte la fortuna di trovarli colorati di rosso/arancio, vedi sopra, sentirete che meraviglia)
200 g di porro
4 fichi neri o  verdi (sostituiti con dei fichi verdi che ho fatto essiccare quest'estate e ne avevo ancora un paio superstiti, abbastanza morbidi e poco dolci, al naturale)
4 foglie di fico (ovviamente queste ora non si trovano proprio!!)
4 cucchiai di mosto cotto di fichi (io d'uva)
1 spicchio d'aglio
1/2 bicchiere di Marsala secco (io avevo della Vernaccia di Oristano, degna sostituta)
qualche goccia di aceto di Jerez
50 g di burro
timo
sale fino e pepe nero qb

Tagliate il porro a losanghe di mezzo centimetro (io forse ho abbondato nello spessore...) e fatelo cuocere molto lentamente in una noce di burro, così da dorarlo senza però bruciarlo.
Lavate i fegati, fate dorare in padella a fuoco vivo per un paio di minuti con una noce di burro. Sfumate con il Marsala, quindi togliete dal fuoco e insaporite con aglio e foglioline di timo. Fate riposare circa 3 minuti in modo che il calore penetri dolcemente all'interno.
Tagliate i fichi a metà, scottateli in poco burro dal lato del taglio, infine glassateli con il mosto e l'aceto.
Servite (in stagione) su un letto di foglie di fico tostate in forno. Spolverate di pepe nero di macinato al momento al mulinello.

PS: incredibile ma vero ho perso un sacco di tempo per impiattarlo e dargli un aspetto aggraziato, ho persino cambiato piatto due volte, mai soddisfatta. Ho vuotato il contenuto in un terzo piatto a casaccio, il risultato mi è sembrato perfetto e quello è stato immortalato!!! Bello ma non troppo "leccato"  e sicuramente allo chef piacerà di più così :-D 

I SALAIOLI A PISTOIA, LA CASA DELE COSE BUONE

$
0
0
Uso con parsimonia il termine "gourmet" sfruttato all'inverosimile e troppo spesso a sproposito. Ma la definizione calza a pennello al luogo di delizie gastronomiche che ho appena scoperto, su suggerimento dell'amico fotografo e giornalista enogastronomico Claudio Mollo,  a Pistoia, in piazza della Sala, nel centro della troppo poco conosciuta bella cittadina toscana.
La caratteristica piazzetta, deputata  sin dal medioevo a sede di mercato, oggi ospita esclusivamente i banchi di frutta e verdura di giorno e di sera si trasforma in un vero salotto grazie ai locali che la circondano.


Un intero lato della piazza è occupato dalla bottega/caffetteria/osteria I  Salaioli, della famiglia Bovani, bottegai da più di cinquant'anni. Partiti dal "cacio", ora la bottega si è evoluta e si è arricchita di specialità gastronomiche di ogni tipo. La bontà e la genuinità da loro sono di casa e la scrupolosa selezione di prodotti buoni e sani, di orgine artigiana, a kilometro corto, provenienti da aziende biologiche o biodinamiche, è l'orgoglio dei patron Simone e Federica che portano avanti con determinazione e convinzione il loro nuovo format dal 2012: una casa aperta 7 giorni su 7, dalle h 7.30 a mezzanotte dove poter passare per colazione, per un caffè, per una merenda, a pranzo, a cena e fare  la spesa ad ogni ora..
Uno dei punti forti è proprio il banco della gastronomia con una sorprendente e vasta selezione di formaggi e latticini, la loro specializzazione storica,  oltre a  salumi irresistibili, con una predilezione per la tradizione toscana e molti presidi Slow Food, ma anche pane, focacce e dolci sfornati quotidianamente.
Non mancano eccellenze italiane come le paste di pastifici artigianali, oli extravergine d'oliva, aceti,  birre e vini,  tutti di provenienza biologica o biodinamica.

Non ultimo, i prodotti in vendita vengono utilizzati in cucina, oltre che per i piatti del menu dell'osteria, anche per la preparazione di bontà pronte da portare a casa e rigenerare in pochi minuti.
E siccome anche l'occhio vuole la sua parte, il packaging dei prodotti, i loghi, il design e gli arredi dei begli ambienti formano un insieme molto coerente di grande piacevolezza, con dettagli che trasudano buon gusto e personalità, come questa macchina per grattare il formaggio degli anni '50 che ora funge da soprammobile nella bella saletta del soppalco
 o la vecchia lampadina trasformata da un'amica artigiana in contenitore per piantine...

o l'originale lampadario che domina la sala principale..


Ora, vi starete chiedendo, se ho approfittato di tutto quel bendidio.. certo che sì!! Come compagno di merenda è venuto con me dai Salaioli, l'amico e collega food blogger, nonchè architetto, Fabio Campetti di Kamp Secret Kitchen  col quale condivido la passione per il pesce, povero e azzurro principalmente. Ma non si vive di solo pesce....pronti? via!

Simone, dopo averci accolto con grande cordialità  e mostrato il locale, raccontandocene la storia e la filosofia, ci affida al giovanissimo chef  spezino Marco Bagordo, con loro da tre anni,  che ci spiega il percorso gustativo che intende proporci, partendo da un classico tagliere di salumi e formaggi che è quello che maggiormente caratterizza la bottega, proseguendo poi con alcuni assaggi di antipasti, primi e secondi piatti sia di pesce che di carne. 
Ci siamo accomodati ad un bel tavolo davanti alla finestra che dà sulla piazza da cui filtra una buona luce per fare le foto, dall'altro lato possiamo vedere Simone all'opera dietro il banco, mentre serve i suoi clienti. E lui vede noi e interagisce per tutto il pranzo, alternandosi con Rosanna, la ragazza di sala,  nel proporci  i vini in abbinamento.

Partiamo dal tagliere, una piccola selezione (anche perché il percorso è lungo...), solo la punta dell'iceberg, come giustamente ha scritto anche il Kamp, della vasta scelta dei Salaioli. Ma è una selezione notevole e rappresentativa: prosciutto sambucano e mortadella del produttore della provincia pistoiese Savigni, dall'equilibrio sorprendente, succulenti e gustosi senza essere eccessivamente sapidi; il "capofreddo" del Val d'Arno della Macelleria Fabbrini, più saporito e speziato, un delicato pecorino fresco a latte crudo dell'Azienda Uffiziatura di San Marcello Pistoiese e "guttus" un potente erborinato di pecora maremmano accompagnato da una confettura di mele e arance prodotta nella loro cucina.  Il tutto annaffiato da Segreto, un gradevolissimo brut metodo classico a base di pinot nero e chardonnay,  dell'azienda lucchese Mariani, che già conoscevo e che ho riassaggiato volentieri, perfetto per accompagnare soprattutto i salumi


Curiosando l'attività di Simone dietro il banco, non ho potuto fare a meno di ammirare  i due bei cosci di prosciutto in bella vista, da tagliare al coltello, uno di cinta senese e uno del blasonatissimo pata negra Joselito, l'unico straniero, e che straniero,  in mezzo agli autoctoni.  Non ho resistito, sfacciatamente ho chiesto un assaggio del pata negra e Simone mi fa notare la stagionatura: 2014!!! e quando mi ricapita?? Così, ci godiamo anche una mini degustazione del famoso prosciutto iberico in tre tagli, dal garretto alla parte alta della coscia, percependo le differenze di consistenza, sapidità e aromi di un prodotto unico ed eccezionale. Non ce ne vogliano i toscani.. 

Il pane, le focacce e le schiaccine croccanti, inutile sottolinearlo, come si legge nella foto, sono prodotti nel forno di casa con farine selezionate di grande qualità fra cui anche dei grani antichi!



Dall'aperitivo si passa subito all'amuse bouche del pranzo vero e proprio: un bocconcino scioglievole e voluttuoso di classico paté di fegatini alla toscana, montato col burro e servito con qualche granello di fleur de sel, accompagnato da una composta di cachi e una sfogliatina alla salvia. Giusto contrasto fra il caratteristico amarognolo del fegato e la nota dolce del cachi. Un bell'apripista.


Ecco un sandwich di triglia che è una meraviglia e la rima è inevitabile! Bravo Marco, un bell'esercizio di stile e di tecnica. Se il vincente gioco con il foie gras come farcia può sembrare facile perché conosciuto, scrupoli etici a parte, non è altrettanto facile e sorprende piacevolmente il ruolo della julienne di mortadella che insaporisce con garbo la triglia, umida e morbidissima grazie alla perfetta brevissima cottura. Forse la pennellata di salsa di pistacchio poteva essere più generosa, magari un po' più diluita, come abbiamo commentato con lo chef  che accettava, anzi, cercava volentieri i nostri pareri, ma è solo un piccolo particolare per rendere perfetto un piatto già riuscito al 99%, direi. Era  un esperimento, entrerà nel prossimo menu a breve 

Bottoni di pasta fresca bicolori, all'alga spirulina e al nero di seppia, farciti con patate fondenti mantecate con acqua di cozze (ecco lo zampino dello spezzino ;-), conditi con l'acqua delle cozze e succo di prezzemolo,  finta maionese ottenuta dalla spremitura delle teste e degli scarti delle cicale (meglio dette canocchie), cicale crude, salicornia, polvere di bucce di pomodoro essiccate.  Altro piatto per cui abbiamo fatto volentieri da cavie!! Il mio preferito in assoluto di tutto il pranzo e non solo perché sono di parte e adoro le cicale ma perché è un capolavoro di equilibrio e di carattere. E bisogna essere dei bravi equilibristi per non crollare dal filo sottile che lega tutti gli elementi di questa complessa composizione. Ma il giovane chef l'ha ben studiata ed architettata, rendendo ben percebibile ogni singolo ingrediente, dove il dolce rincorre il sapido e viceversa e tutti vissero felici e contenti in un piatto davvero godibile, divertente e pure bello da vedere! Applausi.
Degno supporter dei bottoni bicolori il succoso, intenso e minerale Monte dei Frati,  Liguria di Levante bianco Igt dell'Azienda La Felce di Luni. 



Un superclassico e goloso tagliolino all'uovo con ragù d'anatra fatto a regola d'arte e arricchito con piccoli e indovinati tocchi personali: il timo nell'impasto dei tagliolini, briciole di olive taggiasche, il ragù d'anatra cotto in bianco, sfumato col vino rosso e infine l'avvolgenza del fondo bruno che Marco versa nel piatto personalmente al tavolo, chiude il cerchio.

Qui, Simone sfodera Sonoro, il  prezioso merlot Bolgheri Doc Superiore 2016, fiore all'occhiello  dell'azienda Ceralti.

Lo stesso vino accompagna anche un altro evergreen carnivoro per intenditori: la guancia di maialino stufata a bassa temperatura. La versione "bagorda" (ricordate il cognome dello chef? lui stesso ci gioca...) è accompagnata da cavoletti di Bruxelles, crema di cipolle bionde cotte in forno, fondo di cottura e...tadam...qualche goccia di frutto della passione!! Inteso, naturalmente, come elemento di rottura di natura acida per contrastare la generale dolcezza e grassezza del piatto. Quest'ultimo esperimento ci trova divisi nell'apprezzamento. Fabio ne è entusiasta e ne vorrebbe in maggiore quantità per percepirlo con più decisione e sicuramente privato dai nocciolini, coreografici ma fastidiosi sotto i denti e su questo concordo. Per quanto riguarda il contrasto, a mio avviso è troppo o il piatto non è sufficientemente grasso per meritarlo, personalmente gradirei più un contrasto dolce amaro magari con delle erbette come cicoria o cime di rapa. Ne discutiamo con Marco che annuisce e ci informa che lo proverà su una pancia di maiale, ben più grassa e sicuramente più adatta alla spiccata e aromatica acidità del frutto della passione. Del resto gli esperimenti non possono riuscire tutti al primo colpo! E noi si torna, se ha bisogno di assaggiatori!!!

Finiamo in dolcezza con un delicato dessert al cucchiaio con la nocciola come protagonista nella mousse e nel croccante, accompagnati da una salsa inglese al caffé. Sobria, lieve e confortante bontà.


E non vuoi farti un gottino di Moscadello di Montalcino vendemmia tardiva 2015?


Foto finale di gruppo con i proprietari  e Marco e Rosanna che si devono congedare, mentre Simone e Federica rimangono con noi ancora un po' a  scambiare le ultime chiacchiere gustando un ottimo caffè Illy accompagnato da un raffinato cioccolatino realizzato con grand cru Ecuador Valrhona che ormai, rilassati e appagati, ci dimentichiamo di immortalare.

La squadra completa dei Salaioli ovviamente è ben più numerosa, per far funzionare la macchina a ciclo continuo, lo staff conta una quindicina di persone! Scelta impegnativa e coraggiosa quella di Simone e Federica, a cui va tutta la mia ammirazione. Ma le scelte giuste e gli sforzi fatti vengono ben ripagati dall'apprezzamento del pubblico che li considera, a ragione,  una garanzia di qualità e un vero orgoglio cittadino così come confermano il loro successo i recenti riconoscimenti di guide prestigiose quali la Michelin e i Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso.

Che altro aggiungere, I Salaioli sono una tappa gastronomica imperdibile per chi è sensibile alla qualità e alla salubrità del cibo ed è un luogo sincero che rispetta le promesse, in altre parole c'è fumo e c'è arrosto, tanto arrosto!! 
Non vedo l'ora di tornarci. Grazie e tanti tanti complimenti ancora a Simone, Federica, Marco e tutti i loro collaboratori. Avanti così, avanti tutta!

I Salaioli
Piazza della Sala 20, 21, 22
057320225 PISTOIA
www.isalaioli.it


ps: non dimenticate di visitare Pistoia



SARDE IMBOTTITE AL MAIS LACCATE AL BERGAMOTTO E MIELE

$
0
0

Premetto che non c'è nessun riferimento politico ;-) ma prferisco da sempre le acciughe alle sarde, per affetto e per gusto ma anche per praticità, perché si puliscono più facilmente e,  del resto, il blog parla da solo, basta contare le ricette con le acciughe in rapporto a quelle con le sarde....
Lungo il litorale livornese le acciughe d'inverno scarseggiano, i pescatori si riposano e fanno riposare anche le mie azzurre preferite. Così arrivano dall'Adriatico, perchè quelle della Liguria si fermano in Versilia! La seppur breve trasferta  non giova all'integrità delle carni e spesso sono molto piccole, come quelle che ho trovato qualche giorno fa al banco della mia pescheria. Per contro avevo notato delle sarde di buona taglia e dall'aspetto ben turgido.  Come spesso accade, è il mercato che decide il menu della giornata, quindi opto per le sarde, anche per una sorta di nostalgia del recente viaggio in Sicilia.
Come le cucino? A beccafico? Troppo scontato? Però ricordavo delle sarde a beccafico con piccole varianti personali nel blog Kamp Secret Kitchen, dell'amico Fabio Campetti,  appassionato come me di pesce azzurro e suo grande interprete: Sarde a beccafico con panforte di Siena e   Sarde a beccafico con miele e limone. Ha vinto la seconda, non avendo a disposizione il panforte. Però al solito, rielaboro a modo mio, non sono proprio a beccafico, ho sfruttato solo la laccatura con il miele e il limone che ho sostituito col bergamotto, che adoro e la cui stagione dura poco, quindi bisogna approfittarne!!
Non avevo molta voglia di fare i classici rotolini, allora le ho accoppiate e farcite a mo' di tramezzini, più veloci da preparare. Per quanto riguarda la farcia, uso spesso la farina di mais al posto del pane grattugiato per panature o gratinature, di conseguenza ho deciso di utilizzarla anche nella farcia che ho composto a sentimento dopo qualche ora di elaborazione mentale. Forse per aumentare la spinta sapida/piccante, non ci starebbe male anche un po' di provolone grattugiato nel ripieno, che spesso compare nelle ricette di pesce azzurro del sud.
Già mentre la preparavo il profumo del bergamotto fuso con quello del cumino era inebriante. In cottura non vi dico, esaltati entrambi anche dall'alloro. Una sinfonia. E il tocco finale, la laccatura al miele e succo di bergamotto. Una vera delizia.


Le verdure non mancano mai nei miei piatti, il frigo era ben fornito. Ho deciso dunque di andare sul classico scegliendo un'accoppiata semplice come cavolo cappuccio bianco e carote, da fare in agrodolce. Si può fare anche un bel mix con il cavolo viola o cavolfiori di vari colori, il sedano, le cipolle, i finocchi e normalmente  aromatizzo con lo stesso cumino o coriandolo ma in questo caso ho preferito evitare perchè c'erano già tanti profumi nelle sarde.


SARDE IMBOTTITE AL MAIS, LACCATE AL BERGAMOTTO E MIELE
con verdure in agrodolce

Ingredienti per 15-16 imbottiti

30-32 sarde fresche di medie dimensioni
foglie di alloro

per l'imbottitura:
100 g di farina di mais fioretto
1 bergamotto di Calabria non trattato
1 cucchiaio di capperi sotto sale di Pantelleria
1 cucchiaio di pinoli bio di San Rossore
1 cucchiaino di colatura di alici di Cetara
1 cucchiaino di semi di cumino
1 cucchiaino di pepe di Sichuan
1 spicchio d'aglio rosso di Nubia
olio evo, acqua, sale fino qb

per la laccatura:
una generosa cucchiaiata di miele millefiori (o altro miele biondo es. d'acacia o d'agrumi)
succo di un bergamotto qb
olio evo qb

per le verdure in agrodolce:
300 g di cavolo cappuccio bianco
200 g di carote
(ma anche cipolle, sedano, finocchi...)
olio evo, aceto di mele, salsa teryaki, salsa worchester, sale, zucchero

Squamate e decapitate le sarde, evisceratele, privatele della lisca e mettetele a bagno con acqua e ghiaccio, cambiandola due o tre volte. Scolatele, disponetele aperte a libro su carta assorbente, tamponatele con altra carta.
Dissalate bene i capperi, tritateli grossolanamente. Tritate finemente i semi di cumino e il pepe di Sichuan.
Miscelate la farina di mais con i capperi tritati, l'aglio passato nello spremiaglio, i semi di cumino e il pepe di Sichuan. Aggiungete anche i pinoli, la scorza grattugiata di un bergamotto, condite con la colatura di alici e amalgamate il tutto con un po' d'olio evo e un po' d'acqua in modo da compattare un poco il composto.
Prendete una sarda, mettetela nel palmo della mano, copritela con uno strato di composto, chiudete con una seconda sarda e così fino ad esaurimento. Disponete le sarde imbottite in una pirofila irrorata d'olio e rivestita di foglie d'alloro spezzate sui bordi (così sprigionano meglio l'aroma).
Se avanza della farcia, cospargetela sulla superficie delle sarde e infine laccatele con un'emulsione di miele, succo di bergamotto e olio. La laccatura dovrà essere fluida ma consistente quindi regolatevi e assaggiate, nel momento in cui sciogliete il miele con il succo di bergamotto e l'olio.
Passate in forno pre-riscaldato a 180° C per una quindicina di minuti. Fate riposare 5 minuti fuori dal forno prima di servire.

Per le verdure: tagliate a julienne il cavolo, pelate le carote.
Fate rosolare il cavolo con un po' d'olio, sfumate con due cucchiaiate di aceto di mele, un cucchiaio di teryaki e uno di worchester, fate insaporire a fiamma vivace, poi aggiungete le carote tagliate a lamelle con il pela carote direttamente sopra alla padella, aggiungete un pizzico di sale e zucchero, mescolate, fate andare pochi minuti, devono asciugare e appassire appena e rimanere ancora croccanti.

Servite le sarde accompagnate dalle verdure in agrodolce

LA BELLA CUCINA DELLA LOCANDA LO SCOPICCIO A PERIGNANO

$
0
0
La sala principale dello Scopiccio con il tavolo conviviale della "contessa" 

Perignano è il regno dei mobili, sta alla Toscana come Cantù alla Lombardia. 
Ma nell'operosa cittadina dell'entroterra pisano non ci sono solo mobilifici e show row d'arredamento, vi si cela  anche un gioiellino gastronomico : la Locanda Lo Scopiccio, di cui avevo sentito parlare ma che ho scoperto personalmente solo qualche giorno fa. 
E' una locanda di campagna dall'atmosfera romantica e accogliente, ricavata nella porzione denominata "Lo Scopiccio"  della ormai dismessa fattoria di Perignano, dal 1870 di proprietà dei conti Sanminiatelli.
"Scopiccio"è il nome che gli agricoltori davano  al terreno argilloso, comune in Toscana, che quando è secco si crepa e spolvera ed è difficile da lavorare.

Dopo un' accurata ristrutturazione, apre i battenti nel 2013 il ristorante, voluto fortemente da Barbara Simoncini col marito Fabrizio Becherini, che, pur provenendo da esperienze lavorative diverse, coltivavano da tempo il loro sogno di aprire un locale in cui far rivivere ricette tradizionali, rielaborate, personalizzate e soprattutto attualizzate, utilizzando prodotti contadini e artigianali, nel rispetto dei ritmi della natura.
Ai fornelli dello Scopiccio troviamo Barbara, che si  si è sempre dilettata in cucina e dal momento che inizia a confrontarsi con la clientela, frequenta corsi professionali come l'Accademia di Gualtiero Marchesi. Significativi per la sua crescita sono stati anche gli incontri con il noto chef stella Michelin Mauro Ricciardi della Locanda dell'Angelo di Ameglia, dove  rimane folgorata anche dalla creatività di ospiti del Ricciardi  del calibro di Paolo Lopriore e del giovane Matteo Lorenzini.
Fabrizio invece, grande appassionato di vini, gestisce la sala, proponendo vini mai scontati, in sintonia con la cucina.

La cucina proposta da Barbara con entusiasmo e passione quasi incontenibili e contagiosi, è gustosa, varia, divertente e curiosa, a tratti audace, e sorprende con contaminazioni ben riuscite, vedi l'uso di spezie ed ingredienti tipicamente orientali in piatti toscanissimi ma anche i continui riferimenti alla cucina classica d'oltralpe e le  influenze spagnoleggianti.  La sua creatività e la sua voglia di sperimentare a volte la deviano  un po'  dall'obiettivo iniziale di trovare un'identità propria ben definita quale custode di piatti della memoria da riproporre con personali guizzi creativi e tecniche contemporanee, cosa in cui riesce molto bene,  e, anche se la carta comunque va in questa direzione, privilegiando dunque il territorio con preparazioni in cui le carni sono protagoniste, non mancano escursioni verso l'irresistibile  richiamo del mare non lontano.

Sara in azione

Con due blogger sperimentatrici in cucina, come la sottoscritta e Sara di Pixelicious, mia compagna della bella esperienza gustativa allo Scopiccio,  ovviamente la chef si è sbizzaritta proponendoci piatti piuttosto inusuali che ci hanno divertito molto ma per rassicurare i tradizionalisti, c'è pane (e ciccia) per tutti i denti!!

Si parte con un gradevole benvenuto: sablé breton e fegatini toscani, presentato su un romantico vassoio con centrino retrò, dentro piccoli scrigni di cristallo

Il primo assaggio che ci si strappa la prima esclamazione di stupore  è questo bocconcino di coda di rospo o rana pescatrice che dir si voglia, che nuota in una zuppetta di latte di cocco e miso, guarnito con cavolo cinese sfumato con l'aceto tosazu, prezioso aceto di vino giapponese affumicato. La rana pescatrice è materia duttile e divertente, si presta a giochi di gusti e contrasti e questo è ben equilibrato tra il dolce, il sapido e la nota affumicata che completa il cerchio.


Carciofo alla giudìa, spuma di pecorino dolce maremmano, calamaretti butterfly appena scottati e polvere di pomodoro essiccato. Ci complimentiamo con la chef per l'impeccabile gestione di carciofo e calamari e per il gusto d'insieme del piatto che, potrebbe risultare ancora più godibile con un semplice alleggerimento della sapidià della spuma di pecorino per accarezzare la delicatezza dei calamari

"non risotto" di sedano rapa al nero di seppia con vongole veraci e la loro acqua di cottura. Sapore intenso salmastro che ti scaraventa immediatamente sulla battigia a goderti le onde del mare, perfettamente bilanciato dalla dolce/fresca aromaticità del sedano rapa, tritato grossolanamente e mantecato col nero di seppia, a ricordare il riso nero livornese, e completato con l'acqua delle vongole. Inutile dire che per la sottoscritta, m anche per Sara,  è stato innamoramento al primo boccone!


Dopo un non risotto, segue una pasta vera! Spaghettone Benedetto Cavalieri mantecato con una voluttuosa  fonduta a base del penetrante Guttus, l'erborinato di pecora della Fattoria La Parrina di Alibinia (Gr) che Barbara addomestica con la panna e completa con gocce di garum, miele salato e granella di nocciole piemontesi. Ma Guttus è difficile da domare e forse richiederebbe maggiore contrasto in dolcezza per accontentare tutti i palati. Sicuramente gli amanti dell'erborinato ci andranno a nozze.

Suprema di faraona laccata al miso, i miei amati finocchi gratinati e riduzione di yuzu. Saporita, morbida e succulenta, semplicemente confortante. Punto.

A questo punto la chef ci mostra la carta e ci invita a scegliere un altro piatto. Forse, eccitate dalle proposte inusuali, abbiamo trascurato alcuni primi piatti meritevoli di attenzione ma eravamo troppo incuriosite da un invitante mix di mare e terra che figura fra i secondi e si rivela notevole: "uovo" di scorfano ripieno di chorizo, civet di seppia,  porri fritti e una spolverata di paprica affumicata. Una preparazione elaborata ed ardita ma ben riuscita,  dove tutti i sapori si distinguono nettamente e risultano nel contempo anche ben amalgamati fra loro. Da applausi!

Prima di arrivare al dolce, una menzione va ai vini e un ringraziamento a Fabrizio per le interessanti proposte

Enigma 2018 moscato di Canelli secco Azienda Agricola 499 Camo (Cn)
Kerner 2018 Lona Ester Trentino
Rotulaia 2019 Igt Toscana Ciliegiolo bio  Az. Rascioni e Cecconello, Fonteblanda (Gr)
Vino rosso  (sangiovese) 2017  Simone Setti - Az Quasi un ettaro, Montescudaio (Pi)
Bonico (sangiovese e cabernet sauvignon) Igt Toscana - Tenute Bichi Borghesi, Scorgiano (Si)
Champ Divin, Crémant du Jura Zéro Dosage AOC - chardonnay e savagnin

Tutti i dolci in carta, ci informa Barbara, sono senza glutine, giustamente per non appesantire il fine pasto. Nella squisita e leggerissima mini pavlova con chantilly e frutti rossi, la crema pasticcera alla base della diplomatica o "chantilly" all'uso italiano, viene preparata infatti con farina di riso.
In carta figura anche un dessert firmato dalla famosa pastry chef Loretta Fanella : mousse al torroncino, gelée al mandarino e biscotto al caramello. Ma c'è un altro caramello che attira la nostra attenzione e Barbara ce lo fa assaggiare direttamente dal barattolo: un caramello salato preparato, guarda un po'...col miso!! E' proprio la sua passione questo miso e come ci sta bene!!

Dopo il caffè, Fabrizio ci offre un ottimo amaro : Hypoclas, aromatico speziato, con chiodi di garofano e cannella in evidenza ma con un tocco anche di agrumi. Prodotto da Sarandrea, la sua ricetta risale ad un manoscritto di uno speziale fiorentino del 1593.

A fine cena, decisamente felici ed appagate, ci tratteniamo  in piacevoli chiacchiere con Barbara e Fabrizio  e non vorremmo mai andar via ma l'ora tarda ci obbliga a decidere e rientriamo all'ovile con la promessa di rivederci presto naturalmente!

Ancora una volta l'amico Claudio Mollo, che ringrazio,  mi ha proposto un ristorante meritevole di attenzione,  sono contenta di aver fatto questa bella esperienza e di aver conosciuto una coppia così appassionata e la  condivido volentieri  per esortare chi legge a provare Lo Scopiccio, se già non lo conosce! Mi scuso solo per le foto indegne ma l'atmosfera romantica con luci soffuse non è il set ideale per fare foto ma insomma rendono l'idea..

E ora chissà dove mi porterà la prossima avventura gastronomica da condividere con qualche amico blogger? Come si suol dire...chi mi ama mi segua...


Locanda Lo Scopiccio
Via delle Casine, 5
Perignano (Pi)
tel 370 327 5680

RISOTTO AI CARCIOFI CON CALAMARI, BOTTARGA E ARANCIA

$
0
0
Come si vede bene dalla foto, non è un risotto impeccabile, ho avuto fretta di impiattare e fotografare, l'ho mantecato poco e non l'ho fatto riposare a sufficienza quindi non è bello cremoso come dovrebbe. E' sempre un problema fotografare il risotto se non lo si vuole mangiare scotto!!
In ogni caso la combinazione di sapori mi è piaciuta, lo metto sul blog così non me lo scordo...
L'idea mi è venuta nel recupare degli avanzi, avanzi di carciofi e di vino soprattutto.
Avevo aperto una signora bottiglia da abbinare ad un piatto che ho già fatto un paio di volte ma sempre di sera e quindi impossibile da fotografare con le luci artificiali non professionali che non ho e non voglio prendere perché mi piace la luce naturale.
Era una rana pescatrice o coda di rospo all'arancia con carciofi, per cui ho sacrificato un Hermitage Blanc, che mi avevano regalato degli ospiti olandesi quest'estate, Blanche 2013 di J.L. Chave, un produttore storico della prestigiosa appellation della Côte du Rhône (visita anni fa, vedi qui e qui). Blanche è un blend  di Marsanne e Roussanne con un naso importante, molto intenso,  al palato è caldo e rotondo, quasi opulento, con evidenti note mielate, di frutta matura a pasta gialla e speziatura boisée ma con un bel finale asciutto e agrumato che ne garantisce l'equilibrio gustativo. Molti Hermitage blanc, al pari dei  rossi,  sono vini longevi e questo 2013 avrebbe avuto ancora lunga vita avanti a sé ma mi andava di assaggiarlo! Ne ho un'altra bottiglia però, quella la voglio conservare e se ne riparla fra qualche anno..
Mio marito ed io non finiamo mai una bottiglia in un pasto, sia a casa che al ristorante. Quindi per il secondo round di Blanche dovevo cucinare qualcos'altro di adatto. Sulla rana pescatrice all'arancia con i carciofi era semplicemente perfetto. Allora sfrutto gli stessi ingredienti, ho avanzato dei carciofi (che non sarebbero proprio  il massimo per l'abbinamento col vino ma sono difficili da gestire da soli e soprattutto crudi, invece cotti e in compagnia di altri ingredienti la musica cambia), in parte li frullo e in parte li lascio a fettine e decido di fare un bel risotto da abbinare ad un crostaceo o un mollusco grassino, vedi il classico seppie o calamari coi carciofi che mi piace tanto. Vada per i calamari e poi strada facendo mi vengono altri guizzi et voilà...niente male, proprio niente male anche il risotto anche se la mantecatura non è perfetta! E la bottiglia è andata :-)



RISOTTO AI CARCIOFI CON CALAMARI, BOTTARGA E ARANCIA

Ingredienti per 2 persone

170 g di riso vialone nano o carnaroli
2 calamari medi
3 carciofi violetti
1 spicchio d'aglio rosso di Nubia
basilico fresco qb
scorza di arancia non trattata
bottarga di muggine non troppo stagionata 
brodo di verdura leggero 
vino bianco secco
sale, olio evo, burro qb

Pulire i calamari, tagliare a striscioline non troppo fini i corpi, separare i ciuffi.
Mondare i carciofi, tagliarli a fettine e metterli a bagno in acqua acidulata, sciacquarli, cuocerli in padellina antiaderente con l'aglio tritato, un filo d'olio e un po' d'acqua. Frullarne la metà con del basilico fresco, allungando eventualmente con del brodo e tenere da parte.
Avviare il risotto facendo tostare il riso con un cucchiaio d'olio, sfumare con 1/2 bicchiere di vino bianco (lo stesso che userete per accompagnare il risotto meglio se corposo e profumato), poi allungate con il brodo e portate a cottura aggiungendone via via. A 5 minuti della fine unite la purea di carciofi e i carciofi a fettine, negli ultimi 2 minuti unite anche le striscioline di calamari. Spegnete lasciando il riso ben bagnato. Coprite e fate riposare un paio di minuti. Nel frattempo tuffate per pochi secondi i ciuffi dei calamari nel brodo per farli arricciare (cosa che mi sono dimenticata) e poi tostateli in padella antiaderente con un filino d'olio a fiamma vivace fino a che tenderanno a caramellare. Salateli.
Mentre i ciuffi dei calamari finiscono di caramellarsi, mantecate il risotto con un tocchetto di burro ben freddo scuotendo bene la pentola e girando continuamente con un cucchiaio. Coprite e lasciate riposare ancora un minutino. Impiattate, disponete i ciuffi di calamari sulla superficie e cospargete con un po' di bottarga e scorza di arancia grattugiata. 

ZUPPA DI LENTICCHIE BELUGA E COZZE AL PROFUMO DI CUMINO E LIMONE

$
0
0
A volte ritornano..immagini, suoni, colori, sapori, profumi, suggestioni e dettagli di viaggi ormai lontani ma che si fermano indelebili nella mente. A distanza di anni, all'improvviso, rispuntano prepotentemente come la voglia di rifare una zuppa di lenticchie e cozze, assaggiata diversi anni fa durante il primo viaggio in inverno in Sardegna, ad Alghero precisamente.
La Sardegna viene sempre associata all'estate e al  mare, del resto è un mare meraviglioso e mio marito ed io lo adoriamo e  ne abbiamo approfittato e goduto in tutti i modi, andandoci in aereo e prendendo un'auto a noleggio o traghettando la nostra direttamente da Livorno o da Civitavecchia o  attraverso la Corsica. Ma l'emozione più grande è stata quando ci siamo arrivati con la nostra barca a vela e ci siamo spinti giù fino a Tavolara, per noi un traguardo, in quanto principianti della vela. Che bei ricordi...
Bellissimi comunque anche i ricordi  della nostra prima volta ad ovest e d'inverno, da Stintino fino a Cagliari lungo il litorale: Alghero, Bosa, Oristano, Tharros, Cabras, Sant'Antioco, Carloforte ma anche escursioni verso l'interno selvaggio con il suo patrimonio archeologico unico come Su Nuraxi di  Barumini.
Per non parlare di tutte le singolari specialità gastronomiche e dei vini da rari vitigni autoctoni  che ogni località ha da offrire per il piacere di noi goderecci!!

Ma veniamo alla zuppa di lenticchie. La zuppa di lenticchie tradizionale sarda rispecchia la realtà contadina, infatti prevede la pancetta di maiale, fregola e pecorino. Immagino che il ristorante di Alghero, essendo una località di mare, volesse offrire un classico connubio terra e mare.
Da parte mia, faccio spesso una  zuppa d'ispirazione thai con le lenticchie rosse  che mi piace molto ed è velocissima perché uso quelle decorticate che si cuociono velocemente.
Con le beluga, quelle piccole nere che ricordano appunto le palline del caviale, ho fatto invece un mix di due ricette, una super collaudata e profumatissima dell'Araba Felice: lenticchie, cumino e limone adottata da anni, a cui ho aggiunto semplicemente le cozze e il loro liquido ripensando a quella mangiata ad Alghero. Il risultato mi ha piacevolmente stupita perché non riuscivo a figurarmi a priori le cozze col cumino,  è sempre una bella soddisfazione quando si riscontra nella pratica il successo del progetto!!

ZUPPA DI LENTICCHIE BELUGA E COZZE AL PROFUMO DI CUMINO E LIMONE

Ingredienti per 4 persone

600 g di cozze di Olbia
240 g di lenticchie Beluga
trito abbondante di sedano, carota, cipolla bionda e aglio
1-2 foglie di alloro 
1 cucchiaino di cumino macinato
1 limone non trattato
acqua qb
olio evo 
sale e pepe di mulinello

Fate rosolare in un paio di cucchiai  d'olio e un goccio d' acqua il trito aromatico con le foglie di alloro incise su un lato (in modo che sprigionino meglio l'aroma) e il cumino. Unitevi le lenticchie, fate insaporire, poi coprite con abbondante acqua calda e cuocete fino a che saranno morbide (20-30 minuti circa).
Pulite le cozze, fatele aprire in una padella antiaderente a  fuoco medio con coperchio. Appena si schiudono, spegnete e lasciatele riposare. Sgusciatele, mettetele da parte e filtrate il liquido che avranno rilasciato. 
Prelevate qualche cucchiaiata di lenticchie e mettetele da parte, frullate il resto, unendo altra acqua calda, se necessario. Rimettete al fuoco la purea di lenticchie, le lenticchie intere, versate il liquido delle cozze, ancora acqua, se necessario, in modo da avere una zuppa non troppo densa. Regolate di sale e pepe e insaporite anche con una spruzzata di limone, assaggiando e dosando poco alla volta per ottenre un gusto equilibrato. Tuffatevi infine le cozze sgusciate e spegnete, il calore della zuppa sarà sufficiente a riscaldarle, non devono cuocere ulteriormente. 
Condite con un filo d'olio a crudo e una grattugiatina di scorza di limone al momento di portare in tavola. Sentirete che profumo e che sapore!! 



INZIMINO DI SEPPIE E CAVOLO NERO AL CUMINO

$
0
0

Confortatemi con le seppie! Parafrasando "Confortatemi con le mele" di Ruth Reichl, brillante interprete del giornalismo e della letteratura enogastronomica, in un momento come quello che stiamo vivendo,  in cui si ha maggiormente bisogno di conforto, anche il cibo ovviamente assolve a questo compito!
Non solo dolci però, perché troppi zuccheri sono controproducenti per il mantenimento di un buon equilibrio fisico. E in questo momento non dobbiamo abbassare le difese immunitarie, al contrario, bisogna rafforzarle. Alimentarsi bene, pensare positivo e usare cautela per prevenire..
Senza entrare troppo nel merito dell'emergenza sanitaria di questi tempi che ci sta mettendo tutti alla prova, in attesa di vedere la luce in fondo al tunnel e che torni anche la voglia di sperimentare, di creare, io, per ora,  oltre a riscoprire il piacere di stare con se stessi, di leggere, camminare sul mare, pulire casa e sanificare ogni cosa come una forsennata e programmare tutte quelle attività che si sono accantonate da tempo, per quanto riguarda la cucina, preferisco affidarmi agli amati e confortevoli classici come l'inzimino di seppie, specialità ligure-toscana, che notoriamente viene preparata con le bietole, sostituite nella mia versione dal cavolo nero, il superstar dell'inverno toscano. e protagonista di molti piatti tipici.
Ma c'è un altro tocco che proprio toscano non è ma coi cavoli  va a nozze e lo uso spesso: il cumino che profuma e rinfresca l'insieme.
Del resto l'avevo già osato nel mio polpo bria'o di qualche anno fa, non ho avuto esitazioni a riciclarlo con le seppie.
C'è chi si conforta con le mele e chi con le seppie! E allora che inzimino sia..

INZIMINO DI SEPPIE E CAVOLO NERO AL CUMINO

Ingredienti per 2 persone 

500 g di seppie 
300 g di cavolo nero
250 g di pomodori datterini rossi conservati nel loro succo
2 spicchi d'aglio rosa di Nubia
1 foglia di alloro
1/2 cucchiaino di semi di cumino tritati
olio evo 
sale, peperoncino jalapeño macinato
Pane casalingo toscano o fette di polenta di mais per accompagnare

Pulire le seppie, senza sbiancarle troppo, un po' di nero non guasta, dà carattere al piatto. Tagliarle a tocchetti. Separare i ciuffi. 
Passare l'aglio nello spremiaglio e farlo stufare in padella con un po' d'olio e acqua calda, la foglia d'alloro spezzata, i semi di cumino. Appena inizia ad asciugarsi, unire le seppie, farle insaporire a fiamma vivace, unire i pomodori spaccati, il loro succo allungato con un mestolo di acqua calda. Far andare una ventina di minuti, avendo cura di tenere il sughetto sempre ben bagnato, aggiungendo via via, acqua calda. 
Nel frattempo lavare e mondare il cavolo nero, rimuovendo le coste interne più dure e tagliando le foglie più lunghe. Sbollentarlo 10 minuti in acqua, scolarlo e passarlo nel sughetto di seppie. Completare la cottura per altri 10-15 minuti in modo che rimanga morbido ma non si spappoli.
Verso fine cottura salare e a cottura ultimata unire anche il peperoncino, un paio di cucchiai d'olio a crudo e lasciar riposare una decina di minuti prima di servire. 
Tostare il pane o le fette di polenta, ravvivare la fiamma dell'inzimino e servire ben caldo nappando il pane o la polenta a piacere. 
Annaffiatelo con un buon rosso di medio corpo, fruttato-aromatico, con buona acidità ma poco tannico. (il nostro era un Alicante di Fattoria delle Ripalte che non ho immortalato)


10 ANNI DI POVERIMABELLIEBUONI

$
0
0

10 anni di Poverimabelliebuoni e nessuna voglia di festeggiare, non mi va neanche un bicchiere di spumante per brindare alla ricorrenza e per scacciare la tristezza e l’angoscia che ci accompagnano quotidianamente da settimane. Anzi, quasi quasi me ne stavo scordando, ma contando i giorni che passano e notando le date per scandire il tempo come i carcerati, durante questa reclusione forzata dovuta all’emergenza sanitaria, due giorni fa mi sono accorta che si avvicinava il 27 marzo, data di creazione del blog, AD 2010.

Mi sono chiesta che avrei fatto in tempi normali. Eppure fino a metà febbraio circa, sembravano ancora tempi normali , almeno per noi in Toscana, ma già si temeva il dilagare dell'epidemia e l'ultimo dei miei pensieri era il compleanno del blog. Sarebbe stato divertente organizzare un evento, ospite in cucina di qualche amico chef di quei ristoranti che hanno sempre dimostrato affetto per Poverimabelliebuoni magari con un bell’acciuga party che è in stand by da anni o acciughe e champagne? Ma il condizionale passato mai come ora è l’inutile e triste tempo dei rimpianti..

Vista la situazione, sotto data mi sarei potuta inventare qualcosa, avrei potuto proporre un flash mob acciugoso fra blogger ma con quale coraggio?? Oppure avrei potuto cucinare semplicemente un piattino ad hoc, fare una bella foto, scrivere il solito post celebrativo, ma ora non ho voglia neanche di sentimentali amarcord, di carrellate di foto e ricordi di momenti salienti come usa fare in certe ricorrenze. Non ne sento il bisogno. Del resto, basta scorrere la barra del menu del blog o l’archivio ricette, la sua storia è tutta qui, post dopo post, ricetta dopo ricetta, contest, pubblicazioni, eventi, reportage. Mi sono anche chiesta se fosse il caso di pubblicare questi pensieri. Sto tenendo un diario privato, anche il blog è un diario, quindi, perché no?

Sto bene, mi sento fortunata e grata, sono a casa, al sicuro, in un bell’appartamento con vista mare, in una quadrifamigliare dove viviamo da soli, mio marito ed io, perché gli altri appartamenti appartengono a vacanzieri. Stessa situazione nelle case intorno, ci sono poche famiglie residenti. C’è un silenzio irreale, interrotto solo da qualche voce ovattata qua e là, l’abbaiare di un cane, una macchina ogni tanto. Come vorrei sentire un martello pneumatico che mi ha sempre rotto le scatole la mattina, quando attaccavano i lavori di ristrutturazione in qualche casa intorno e che gli tiravo gli accidenti perché ogni anno, puntualmente, nel momento più bello, in primavera, c’è una nuova ristrutturazione. Come mi piacerebbe lamentarmi per il rumore, per i vicini chiassosi, per il motorino puzzolente che sfreccia mentre fai una passeggiata intorno a casa e ti spacca i timpani o il camion della spazzatura che pare aspetti proprio te sul cancello per passare.

Devo solo preoccuparmi di organizzare la nostra nuova vita, pulire, sanificare ossessivamente ogni cosa, ottimizzare la spesa, uscendo il meno possibile, usufruendo di servizi a domicilio, pensare all’alimentazione, fare un po’ di salutare movimento in giardino o col tempo brutto un po' di ginnastica in casa. Leggo libri, finalmente, faccio lavoretti che rimandavo da tempo e cerco di resistere alla tentazione di stare troppo sui social ma a volte è inevitabile ed è corrosivo. 
Ci tocca immensamente quello che vediamo in tv o apprendiamo da chi sta vivendo il dramma più cruento in prima linea, soprattutto in Lombardia, dove vivono i miei genitori anziani. Sono molto in ansia per loro, chiusi in casa da soli, mia sorella a duecento metri per fortuna, ma ho anche parenti, amici, alcuni anche in trincea negli ospedali. Un incubo. Una guerra. Ecco, a proposito di guerra, mi sono sempre augurata di non doverne mai conoscere una nella mia vita ma questa è molto simile. E’ qualcosa che sta drasticamente cambiando il nostro modo di vivere e di interagire. Navighiamo a vista, spaventati, angosciati e attoniti di fronte allo sviluppo drammatico di questa pandemia globale, preoccupati per il futuro, se saremo sempre qui a viverlo. Ormai ho ridotto i miei pensieri ai minimi termini. A tratti, un'ansia incontrollabile mi attanaglia le viscere, come i primi giorni, ora mi alleno ad essere fatalista..

Probabilmente dovremo convivere con questo nemico invisibile per molto tempo, e se mai si troverà un vaccino o miglioreranno le condizioni sanitarie e sarà più facile curarsi, non so se torneremo mai alla nostra vita precedente; sicuramente ci adatteremo, modificando i nostri modi comportamentali sia nel privato che nell’interazione sociale e forse cambierà il nostro stesso pensiero. Saremo migliori di prima? Ci servirà da lezione? chissà.. Oggi ho sentito in tv un paragone con una delle tante epidemie di peste dei secoli passati, a Firenze nel 1300, a cui è seguito nientemeno che il Rinascimento. Certo, ma parliamo di decine di anni, sicuramente i nostri figli vedranno il nuovo Rinascimento e la datazione BC assumerà un nuovo significato? Oppure ne sarà coniata una nuova : BC19, ovvero Before Covid-19?

Via, basta, ho cambiato idea, vado a mettere in fresco lo Champagne, anche se non ho cucinato niente di adatto ma basta un po’ di pane, burro e acciughe ed è subito festa! Che il virus non abbia a trovarci depressi e deboli..


POLPO, SEDANO RAPA, HARISSA NERA

$
0
0

Ieri, per la prima volta,  ho ascoltato la voce della mia affezionata e attenta lettrice Pellegrina. Oltre ai puntuali botta e risposta nei commenti sotto ai post qui sul blog, avevamo comunicato anche per email e in una di queste, lei mi aveva dato il suo numero. Ho aspettato un po' a chiamarla,  perché quando non ero in vena, quando ero giù di corda, quando non ero pronta, ieri, improvvisamente, era arrivato il momento. 
Di solito, siamo impazienti di dare un volto ad una voce, in questo caso la sorpresa è stata la voce, vivace e squillante con una simpatica erre moscia e un modo di colloquiare cordiale ed entusiasta. Mi sarei aspettata una voce dal tono più profondo e un modo di colloquiare più contenuto. Invece è stato piacevolissimo, dolcissimo, sembrava cinguettassimo, complice forse anche il contesto, io me ne stavo in giardino a crogiolarmi al sole come una lucertola, seduta sul prato cosparso di margherite. Che scena idilliaca eh? 
Era dai tempi dei raduni Mtc e Aifb che non provavo una simile emozione. Conoscere fisicamente persone con le quali hai intrattenuto solo una corrispondenza virtuale è molto stimolante, è qualcosa che genera eccitazione, aspettative, emozioni, appunto. Per ora mi accontento di una voce..Chissà se quando questo incubo finirà, ci incontreremo da qualche parte..
Mi vien da ridere perché abbiamo chiacchierato quasi tre quarti d'ora e solo quando ci siamo salutate, terminata la conversazione, mi sono resa conto che non so il suo nome!! Non gliel'ho chiesto..va beh..alla prossima telefonata..


Perché pubblico una ricetta oggi? Perché l'ho fatta ieri e merita! E Pellegrina mi ha stimolata, perché no? Viviamo in una sorta di clausura e la storia della cucina è fatta anche di ricette dei conventi di clausura, no? Va beh, non sono così presuntuosa, questa si limita a scrivere la storia del blog! hahahaha..

L'harissa è la mia recente passione. L'avevo trovata in una ricetta dell'Araba Felice per Starbooks, in una curiosa e invitante crema di pomodoro con un ingrediente inimmaginabile: il cioccolato!! E all'interno pure l'harissa. L'avevo comperata per fare quella crema ma aspettavo i pomodori buoni e nel frattempo l'ho già usata in altri piatti, per esempio in una buonissima zuppa di lenticchie nere con il classico trito sedano, carote, cipolle, aglio, alloro, pomodoro conservato Mediterranea Belfiore e harissa. Conferisce quel tocco in più che gli inglesi definiscono "twist" ma preferisco usare l'italiano in onore di Pellegrina che critica gli inglesismi superflui e ha ragione.
Ho pensato di usarla per preparare una salsa al nero di seppia con tutti gli ingredienti che si usano per  il livornesissimo riso nero: aglio, erba salvia, nero di seppia e peperoncino. Per creare la salsa ho usato il brodo del polpo (col quale poi ho fatto anche un risotto squisito e riciclato gli avanzi di polpo e salsa, sarebbe stato da immortalare pure quello ma ormai avevo queste foto pronte, consideratelo un'altra valida possibilità) e l'ho arricchita con l'harissa, che non è solo piccante, ha una complessità di gusto importante e interessante. Ho dosato a sentimento, cercherò di dare indicazioni e grammature ma fidatevi del vostro gusto, mescolate e assaggiate..

Ingredienti per 2-3 persone (oppure 2 e successivamente fate il risotto con gli avanzi, vedi sopra)

1 polpo 700-800 g
200 g di sedano rapa (al netto della corteccia) 
1 sacchettino di nero di seppia fresco
180-200 ml di acqua di cottura del polpo
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro e verdure (Ortolina)
1-2 cucchiai di harissa
1 cucchiaino di fecola di patate
1/2 spicchio d'aglio rosa
2 foglie di erba salvia
olio evo

Io cuocio il polpo in pentola pressione con poca acqua perchè poi il polpo ne rilascia altra. Dal fischio ca 20-25 minuti (per la pezzatura indicata, se è più grosso i tempi si allungano un pochino e se è più piccolo diminuite di conseguenza)
Spengo e lascio il polpo nella sua acqua fino a raffreddamento. 
Lo tolgo, lo seziono, rimuovo le parti più collose ma non lo pulisco completamente, lo lascio un po' sporco, con le sue belle ventose, come si nota nelle foto. Non si possono vedere quei polpi 'gnudi che sembrano lavati in candeggina!!
Preparo la purea di sedano rapa : sedano tagliato a fettine, cotto in microonde 5-6 minuti e infine frullato con acqua e un po' d'olio. Condisco con pochissimo sale. 
Per la salsa, spremete l'aglio nello spremi aglio, fatelo stufare con la salvia, l'olio e un cucchiaino di brodo di polpo. A parte diluite la fecola con due o tre cucchiai di brodo di polpo freddo, unitela al trito di aglio, diluite con il brodo riscaldato, poco alla volta. Deve addensare ma rimanere ancora fluida, quindi potete diluire anche alla fine se sembra troppo densa. Condite con il concentrato e l'harissa (anche questa poco alla volta, assaggiate e dosate secondo la vostra soglia piccante), unite infine anche il nero di seppia. Fate cuocere un minuto a fuoco basso, giusto il tempo di amalgamare tutti gli ingredienti fra di loro. Rimuovete l'erba salvia. Non dovrebbe essere necessario salare perché il brodo di polpo è sufficientemente sapido, ma, come dico sempre, assaggiate...assaggiate...assaggiate..
Poco prima di portare in tavola. Mettete in caldo la purea e la salsa. Tostate le granfie di polpo su una piastra antiaderente appena "sporcata" d'olio, fino a che si formerà una bella crosticina croccante.. 
Disponete a specchio in un piatto la purea di sedano rapa, date dei colpetti sotto al piatto per distenderla, come si fa per i risotti, posizionate due o tre granfie di polpo, schizzate alla Pollock (più o meno..) con la salsa all'harissa nera e decorate con foglioline di salvia fresca (meglio se fritte, io ci ho pensato dopo...ops!)
Buon divertimento!









MEZZE MANICHE AL RAGU' DI SCARTI VERDI CON MUDDICA ALLISCATA

$
0
0


E' un mondo difficile
è vita intensa
felicità a momenti
e futuro incerto..

Sul "mondo difficile e futuro incerto" non ci sono dubbi...per quanto riguarda la felicità, quella del momento è tornare a giocare con l'Mtchallenge, perché la febbre da Mtc non si placa mai!
Eh sì, ogni tanto c'è un piccolo rigurgito, qualcuno lancia un'idea ed è un attimo riprendere. Seppure in tono dimesso e in punta di piedi, in considerazione della gravità del momento che stiamo vivendo, quindi senza tutte le attività collaterali e il cazzeggio che ci contraddistingue, tornare a giocare ci offre uno sprazzo di spensieratezza e leggerezza, di cui abbiamo tutti bisogno.

Ringrazio quindi Alessandra e Greta per aver lanciato questa bella sfida, consona al periodo, sulla cucina con gli scarti, perché se il dictat "non si butta via nulla"è sempre stata cosa buona e giusta, oggi assume ancora più senso perché non si sa cosa ci aspetta il domani e bisogna approfittare di ogni singola briciola (non solo di cibo) che il presente ci offre.

Il tema preciso di questo MTC da quarantena è LA PASTA CON GLI SCARTI. Pasta secca, non fresca e scarti, non avanzi. Scarti di qualsiasi tipo: vegetali e animali. 

Dall'annuncio del tema, ho iniziato a mettere da parte tutti gli scarti papabili di verdure che avevo in frigo e piano piano prendeva forma la mia ricetta. Avrei fatto un ragù con soli scarti verdi: estremità di zucchine, gambi di carciofi e asparagi, ciuffi e gambi di finocchi, talli di aglio selvatico, parte verde del porro, gambi di prezzemolo e basilico. Ma lungi da me dall'essere vegetariana! Infatti, mentre mangiavo un ottimo prosciutto toscano artigianale, di cui ahimé, sono costretta a scartare un po' di  grasso per tenere sotto controllo il colesterolo (lo so per qualcuno è un'eresia e quant'è buono il grassino dolce mangiato insieme al prosciutto saporito e speziato...)  ho pensato di mettere da parte il grasso da usare come base del mio ragù, a mo' di guanciale o pancetta, perché no?
Poi pensavo di usare la crosta del parmigiano che era lì lì per finire, l'avrei fatto scoppiare in micro come i pop corn, da usare come crumble sulla pasta anziché la classica grattugiata di parmigiano. Però il marito non era stato avvisato e ha buttato la crosta..sigh! 
Ora, di questi tempi, non si esce per comperare solo un po' di parmigiano e togliere la crosta per farci i pops!! E la spesa grossa  l'avevo appena fatta. Su cosa ripiego? L'idea del crumble e di una sferzata di umami mi piace, non voglio rinunciarci. Non si sorprenderà nessuno se la soluzione mi viene offerta dalle acciughe, vero? 
Avevo giusto un rimasuglio di lische d'acciughe essiccate che ho usato spesso a mo' di briciole croccanti e mi piacciono moltissimo ed ecco il perché della "muddica alliscata", parafrasando la "muddica atturrata" sicula..hahahahaha voglio il copy right!! 


MEZZE MANICHE AL RAGU' DI SCARTI VERDI CON MUDDICA ALLISCATA



Ingredienti per 2 persone

Gambi e ciuffi di 2 finocchi
Estremità di 3-4 zucchine chiare piccole
Un mazzetto di talli di aglio selvatico
Gambi di un mazzetto di asparagi
Gambi di 4 carciofi
Cuore verde di un piccolo porro*
Gambi e foglie di prezzemolo e basilico
Lische di acciughe essiccate 
Grasso di prosciutto (20-25 g)

50-60 ml di latte parzialmente scremato
qualche pistillo di zafferano
colatura di alici
Olio evo
sale e pepe di mulinello qb

Pasta secca corta a piacere: mezze maniche, rigatoni, fusilli, penne..

* ho usato solo il cuore, le foglie esterne più scure e dure le ho cotte separatamente e le ho usate come contorno in un'altra occasione

Mettete lo zafferano a macerare nel latte, ponete in frigo per almeno 8 h. Al momento dell'utilizzo, filtrare e intiepidire. 

Per le lische d'acciughe: quando pulite le acciughe, mettete da parte le lische, pulitele bene e fatele sbiancare spurgare in acqua fredda, cambiando l'acqua frequentemente fino a che non sarà chiara. Fatele asciugare in forno a 180° C per 10-15 minuti. Si possono conservare in un recipiente di latta o anche di acetato per settimane. Al momento dell'utilizzo: si friggono in padella con un pochino d'olio e qualche goccia di colatura di alici. Si fanno scolare bene su carta assorbente e poi con i rebbi di una forchetta si sbriciolano completamente.


Per il ragù: pulite bene e lavate tutti gli scarti verdi,  tritateli a dadini separatamente. Mettete da parte le foglie di basilico e prezzemolo. Per quanto riguarda gli asparagi, tagliateli prima a rondelle fino a quando affonda il coltello, mondate le estremità  più dure rimuovendo con il coltello la buccia come per i gambi di carciofo, scartate quelle proprio legnose (normalmente con questi scarti ci faccio il risotto!!)

Fate sciogliere a fuoco dolce il grassino del prosciutto con un po' d'olio, unite i talli dell'aglio selvatico e il porro, fate insaporire bene, allungate con un po' d'acqua calda e aggiungete tutte le altri parti verdi.  Fate andare con coperchio per 20-30 minuti, allungando di tanto in tanto con acqua calda. Infine unite il latte allo zafferano e lasciate il sughetto molto lento. Regolate di sale e pepe. Fate riposare qualche ora prima di usarlo per condire la pasta. 

Cuocete la pasta al dente, prelevatela con un mestolo forato e buttatela nel sughetto, aggiungete ancora un po' d'olio e un po' d'acqua di cottura della pasta, unite un trito di basilico e prezzemolo, mantecate vigorosamente scuotendo la padella fino a che si formerà una bella cremina. Impiattate e cospargete di muddica alliscata a piacere.

FUSILLI RISOTTATI CON QUEL CHE RESTA DI CECI E BACCALA'

$
0
0

Quando scatta il neurone, causa Mtchallenge, scatta e non si può che assecondarlo. Del resto, il tema è stimolante, la materia prima c'è,  il tempo non manca e ci si può dedicare con tutta calma. Ricordo quando facevo i salti mortali pur di partecipare alla gara, costruivo mentalmente il piatto all'annuncio del tema mensile, eccitata e stimolata dalla sfida, mi procuravo gli ingredienti e mi programmavo diligentemente l'esecuzione che doveva trovare spazio zigzagando tra un impegno e l'altro, a volte anche in modo rocambolesco ma quanto mi piaceva ritagliarmi quei momenti in cui mi dedicavo anima e core alla preparazione del piatto per il nostro amatissimo gioco on line! 

Ma anche ora è un piacere, diverso, ma è un bel momento di svago e spensieratezza. 
Allora, prima di cadere in tristi amarcord della nostra vita negli anni  BC19, ovvero prima dell'innominabile, andrò dritta al punto.
Ieri la mia prima proposta per questo revival emmeticino : MEZZE MANICHE CON RAGU' DI SCARTI VERDI E MUDDICA ALLISCATA. Oggi, del tutto estemporanea, ecco la mia seconda proposta secondo il  tema: la pasta con gli scarti
Non buttare via nulla e riciclare gli scarti è sempre cosa buona e giusta, a maggior ragione di questi tempi grami. 
Oggi avevo programmato un super classico: ceci e baccalà. E proprio in virtù della sfida, mi sono detta "perché non cuocere la pasta nell'acqua di cottura del baccalà e dei ceci? E poi tutto il resto è venuto da sé, anzi no, la pelle croccante me la volevo giocare da tempo, finalmente è arrivato il suo momento ed è un omaggio all'amico chef Luciano Zazzeri, scomparso tragicamente lo scorso anno, devo a lui l'utilizzo della pelle di baccalà di cui era ghiotto, così come quella di altri pesci!

Il risultato è stato superiore alle aspettative. La collosità dell'acqua faba (l'acqua di cottura dei ceci) unita al glutine rilasciato dalla pasta hanno creato una deliziosa e avvolgente cremina (difficile da fotografare perché si asciuga velocemente); i due sapori si fondono tra dolcezza e sapidità e si impregnano delle sfumature di aglio e rosmarino, si completano col tocco gentile agrumato della scorza di limone e olio al limone, e infine la graffiata della paprica affumicata e il croccante sapido della pelle del baccalà regalano un tocco intenso e di carattere. Insomma, m'è garbata parecchio e scommetto garberà anche agli amici livornesi!! 

FUSILLI RISOTTATI CON QUEL CHE RESTA DI CECI E BACCALA'


Ingredienti per 2 porzioni ca

600-700 g di baccalà già ammollato 
600-700 ml ca d'acqua
200-300 ml di acqua faba (acqua di cottura dei ceci)
1 spicchio d'aglio rosa
1 rametto di rosmarino fresco
olio evo igp toscano con buon piccante e amaro
olio evo al limone bio (olio franto con i limoni, non aromatizzato al limone!!)
scorza di limone non trattato qb 
paprica affumicata (o paprica dolce/piccante a piacere) qb
sale, pepe di mulinello

180 g di pasta secca di semola di grano duro tipo fusilli o torciglioni/penne....

Rimuovere la pelle del baccalà con un coltellino ben affilato. Lessare in una pentola con coperchio (in modo da non fare evaporare troppa acqua che ci servirà)  i filetti di baccalà senza pelle, per 10-15 minuti (a seconda dello spessore) in acqua sufficiente a coprirli abbondantemente. 
Far essiccare la pelle  in forno a 150-160° C per 40-50 minuti o fino a che si sarà sufficientemente disidratata. Infine ridurla in briciole e renderle croccanti in una padellina appena velata d'olio evo. Mettere da parte. Non è necessario salare.


Se si vuole risottare la pasta da cruda, premurarsi di avere molta acqua di baccalà e ceci, per 180 g di pasta, 400-500 ml di acqua in totale. Se invece si vuole lessare la pasta prima in acqua, senza sale, si calcoli metà tempo e poi la rimanente metà in padella con l'acqua di baccalà e ceci aggiunta poco alla volta qb.
In ogni caso, si parte facendo stufare l'aglio sbucciato e intero, se si vuole rimuovere alla fine o  passato nello spremi aglio, se si lascia nel sughetto (a noi l'aglio piace e ce lo lasciamo), con un po' d'olio evo, un rametto di rosmarino fresco (perché i ceci chiamano tradizionalmente il rosmarino mentre i fagioli la salvia) e  qualche cucchiaiata delle due acque,  unite la pasta, risottatela completamente, aggiungendo le acque via via, oppure aggiungetela cotta per metà tempo e finite di risottarla con lo stesso sistema. Da ultimo, lasciate il sughetto abbastanza fluido e fuori dal fuoco mantecate con l'olio al limone. Impiattate, cospargete di scorza di limone grattugiata, pepe nero di mulinello (altro must con i ceci a Livorno), paprica affumicata se piace (è una mia mania, anche nell'hummus di ceci a me piace affumicata) oppure paprica dolce o piccante, a ciascuno la sua..

Conclusioni: 
Lo so che chi si loda si imbroda ma quando ci vuole...Se siete amanti di ceci e baccalà, penso che mi ringrazierete.  E' un omaggio alla tradizione popolare toscana e non solo perché ceci e baccalà è un classico di molte regioni, un piatto di riciclo che profuma d'amore e dedizione, saporito e gustoso e fatto praticamente con niente!!  Vi sembra poco?

ACCIUGHE IN CARPIONE MULTICOLOR

$
0
0

Non è una novità che mi piaccia curare l'estetica e l'effetto cromatico dei piatti ma questo, giuro, è stato del tutto casuale ed estemporaneo (o forse mi è venuto naturale). 
Come casuale ed estemporaneo è stato il carpione (e naturale di conseguenza).
Non capita spesso di avanzare le acciughe fritte ma è capitato! Sono così buone che una tira l'altra come le ciliegie. L'avevo già scritto:  per capire quante ne mangio, lascio nel piatto le codine e poi le conto, proprio come si fa coi noccioli delle ciliegie!! Solo per questa funzione, altrimenti non avrei problemi a sgranocchiarle, dato che lascio anche la lisca centrale così che le acciughe rimangano molto più umide e succose al loro interno. 
Beh, è capitato che me ne avessero regalate un bel po', saranno state un chiletto e per due decisamente abbondanti ma erano belle e freschissime, le ho infarinate tutte, le ho fritte fino all'ultima, poi ho fritto anche dei fiori di zucca, quindi stavamo scoppiando e qualche acciuga è avanzata. E che ci vuoi fare con le acciughe fritte avanzate se non un carpione?
Detto, fatto, con quello che mi ispirava il momento, leggermente speziate, tanto per cambiare un po'. Buone oltre che colorate e divertenti!! 


ACCIUGHE IN CARPIONE MULTICOLOR

Ingredienti:

acciughe fritte ("scapate", eviscerate ma non diliscate, passate solo nella farina di riso e fritte in olio profondo a 170° C - olio extravergine d'oliva dal gusto delicato/olio o di semi di arachidi o di semi alto oleico) 
cipolle rosse di Tropea
aceto di sherry
aceto di mele
coriandolo in polvere 
coriandolo fresco - foglie
sale, zucchero
arancia non trattata, scorza e succo

Affettate le cipolle non finissime, scottatele 30-40 sec in aceto di mele, zucchero e sale. Scolatele subito, devono rimanere ancora un po' croccanti. 
Mescolate il fondo di aceto delle cipolle con altro aceto di sherry quanto basta a coprire le acciughe e un po' di succo d'arancia. Unite anche il coriandolo in polvere mescolando bene. Assaggiate e regolate. Deve risultare leggermente agrodolce,  con la nota acetosa più marcata
Mettete le acciughe in un recipiente. Versate il liquido ancora tiepido sopra le acciughe. Cospargete con arancia grattugiata e infine disponete anche le fettine di cipolla.
Coprite con pellicola, fate riposare in frigorifero, bagnate di tanto in tanto la superficie pescando il liquido dal fondo. 
Se riuscite, aspettate 48 h prima di consumarle, in modo che si  insaporiscano bene. 
Togliete dal frigo almeno un'ora prima di consumarle e, se piace, decorate con qualche fogliolina di coriandolo fresco.


IL MIO BACCALA' CBT ALL'AMATRICIANA

$
0
0

La  CBT  mi ha sempre affascinato e ne ho conosciuto e riconosciuto i pregi e i vantaggi grazie alle spiegazioni di amici chef ma, ammetto che, a livello domestico non l'ho mai voluta prendere in considerazione, l'ho sempre scansata,  sin da quando si incominciavano a vedere i primi roner o circolatori ad uso domestico e in seguito  è scoppiata la mania! Non volevo prendere anche questo vizio!! Perché sapevo che poi non ne avrei più potuto fare a meno e mi sarei riempita di aggeggi a cui poi bisognava trovare spazio. E comunque un po' mi ha sempre inquietato il fatto di mettere su una busta con dentro del cibo e dimenticarselo per ore e ore. "e se mi fulmina qualcosa?" - "e se scoppia la busta e mi schizzano brandelli di cibo ovunque?"- e mio marito che "ma figuriamoci, tutte quelle ore, si mangia al ristorante!!" . Insomma tante paranoie e titubanze che mi hanno fatto desistere fino a quando,  pochi giorni fa  l'Mtc propone la cottura sottovuoto a bassa temperatura. Tema libero, qualsiasi cosa purché cotta secondo questa tecnica.
Ma non ho ceduto subito! Non era neanche una sfida che mi entusiasmava, preferisco, infatti, quando viene proposto un tema obbligato da reinterpretare con guizzi personali,  è quello che mi stimola maggiormente.
La nostra super tecnica Greta ci ha dato anche delle dritte per poter gestire questo tipo di cottura senza attrezzature speciali, con tecniche casalinghe ma poi vedendo tante acquistare circolatori e macchine per il sottovuoto e ripensando al fatto che nulla vietava di fare un piatto di quelli che piacciono a me, che si ispirano a ricette classiche, reinterpretate a modo mio ma con elementi del piatto in CBT, mi son detta perchè no?
Detto, fatto. Comprato macchinetta sottovuoto, buste idonee e circolatore. Ho voluto spendere poco, sono sincera, hai visto mai che fa tutto la fine del robot che lo userò due volte l'anno?
Ora ci sto prendendo gusto e mi pento di non aver valutato meglio gli acquisti. Per esempio il mio circolatore funziona bene, certo, ma è un po' basico, per impostare la temperatura bisogna star lì col ditino a far scorrere i singoli minuti....parte da 2 h per default, se devi muoverti in un range di 1 -2 h o 30 minuti, è una cosa, se devi arrivare a 12 o 24 h aiutooooo, mi viene il crampo al dito! Idem per la temperatura, parte da 55° C,  ma almeno quella al massimo si imposta sugli 84° C per le verdure, secondo le tabelle che ho visionato. E va beh...ci s'accontenta, ci sto prendendo la mano e, inutile dire, che mi sto divertendo molto perché i risultati rispondono alle aspettative.
Ho fatto pratica con un semplice trancio di salmone e asparagi, dopo aver letto  tanti articoli on line e scoperto piccoli importanti trucchi sull'argomento.  Desidero inoltre ringraziare per gli ottimi consigli, la gentilissima e disponibilissima Claudia di La pagnotta innamorata, a cui mi ero sfacciatamente rivolta, vedendola nel gruppo sperimentare di tutto!

La ricetta che segue non è proprio farina del mio sacco ma si ispira ad una preparazione dello chef torinese stella Michelin Marcello "Mago" Trentini, contenuta nel suo bellissimo libro a cui attingo spesso:  "Il Pescecarne", ovvero ricette in cui il mare e il mondo animale si fondono creando connubi  impensabili, a tratti irriverenti!! In questo caso, siamo a livelli moderati di eccentricità. Il suo piatto "Château di spada all'amatriciana" consiste in un "castello" di quadrotti di pesce spada impanati con uovo e pangrattato e fritti, adagiati su una crema di pecorino, pomodori datterini confit e guanciale croccante. Mi tentava anche il baccalà alla cacciatora. Ha vinto l'amatriciana però col baccalà e ho fatto i miei soliti mix!

Ho sostituito quindi lo spada con il baccalà che non volevo fritto ma cotto al naturale e sottovuoto ovviamente. La base di crema di pecorino, pomodori e guanciale è la stessa ma con cotture diverse, ho messo sottovuoto anche i datterini che lo chef invece appassisce in forno (come si fa di solito del resto). I datterini sottovuoto sono stati una rivelazione! Una concentrazione di sapore e una naturalezza che conquista con una texture setosa. E il liquido che ho filtrato l'ho usato per condire delle patate, una delizia!! Lo chef realizza la crema di pecorino nel Bimby che non ho, io l'ho fatta in un pentolino normale. Infine  ho essiccato e fritto la pelle del baccalà perché è irrinunciabile, nonostante la croccantezza fosse già appannaggio del guanciale ma hanno una consistenza e friabilità diversa. Diciamo che è la classica ciliegina sulla torta.

E' un bel gioco di equilibri e contrasti tra gli elementi sapidi e "dolci" . Ritengo di averlo gestito bene, assaggiando e riassaggiando le materie prime per un risultato davvero soddisfacente.
Ma il mio baccalà ha un gusto delicato con sapidità lieve e non ha il classico odore penetrante del baccalà. Infatti non è un vero baccalà messo sotto sale e poi ammollato ma è un cuore di filetto di merluzzo (islandese) che viene immerso in una salamoia per dare un po' di sapidità e compattezza alle carni e poi surgelato, quindi non raggiunge il grado salino di quello sotto sale ma viene comunque chiamato baccalà. Inoltre, essendo surgelato, è già adatto alla cottura con temperature inferiori ai 60° C, nel rispetto delle norme igienico sanitarie.

IL MIO BACCALA' CBT ALL'AMATRICIANA

Ingredienti per 2 persone

Per il baccalà
Un cuore di filetto di baccalà islandese surgelato h 400 ca (con la pelle) - altezza 2,5-3 cm
1 cucchiaio di olio evo
2 foglie piccole di alloro fresco

Per i datterini confit
250 g di pomodori datterini bio ben maturi
1 cucchiaio di olio evo
3 rametti di timo limone
1 rametto di timo
5 g di sale bilanciato ( 100 g di sale fino + 80 g di zucchero di canna biondo)

Per la crema di pecorino
100 g di pecorino romano
150 ml di latte parzialmente scremato
una noce di burro

50 g di guanciale stagionato al netto degli scarti
pepe nero qb


Decongelate il baccalà passandolo in frigorifero. Al momento dell'utilizzo, tamponatelo bene con carta assorbente. Rimuovete la pelle. Tagliatelo in quattro tranci. Conditelo con un l'olio e mettetelo sottovuoto con le foglie di alloro spezzate.  Ponete in frigorifero. Fate essiccare la pelle in forno a 150° C per 30-40' ca.


Nel frattempo preparate i datterini. Tagliateli a metà nel senso della lunghezza, metteteli in un colino per almeno mezz'ora per far perdere un po' di acqua. Conditeli con l'olio, il sale bilanciato, le foglioline di timo. Metteteli sottovuoto e cuoceteli nel roner a 84° C per 15 minuti. Abbattete la temperatura mettendoli a bagno con acqua e ghiaccio. Riponeteli in frigo fino all'utilizzo.


Cuocete il baccalà nel roner a  52° C per 30'. Nel frattempo preparate la crema di pecorino e il guanciale.

Incredibile, stecchini della stessa misura del diametro interno della pentola!!

Sciogliete il pecorino con la fecola nel latte, fate andare a fuoco dolce fino a che si formerà una crema vellutata. Unite una noce di burro.
Pulite il guanciale, rimuovendo un po' di pepe. Tagliate a fettine sottili, fatelo rosolare dolcemente in padella antiaderente, senza altri grassi. Togliete le fettine con una pinza, quando sono ancora rosa, passatele in forno a 180° C per 10-15 minuti o fino a che saranno ben dorate. Non buttate il grasso del guanciale.
Friggete in un velo d'olio la pelle di baccalà.
Togliete il baccalà dalla busta, eliminate il liquido che si sarà formato. Rosolate brevemente i tranci di baccalà nel grasso del guanciale. Contemporaneamente rigenerate i pomodori, tuffandoli pochi minuti nell'acqua ancora calda del roner. Scolateli, raccogliete il liquido di cottura per condire altre verdure o patate, è buonissimo. 
Disponete a specchio un po' di crema di pecorino sul fondo di un piatto, unite i datterini, adagiatevi sopra uno o due tranci di baccalà, le briciole di guanciale croccante e sopra al baccalà anche un pezzetto della sua pelle fritta. 
Per un tocco più mordente, date un giro di pepe nero macinato al momento

POLLOCK DI SEPPIE ALLA CARBONARA CBT

$
0
0

La cottura sottovuoto a bassa temperatura mi sta appassionando. Dopo il riscaldamento con il baccalà all'amatriciana, prima proposta facile per l'Mtc smart che verte su questa tecnica, mi sono impegnata in un'interpretazione piuttosto laboriosa, ma divertente, di un vero mostro sacro della tradizione culinaria italica: la carbonara.
Anche per questa ricetta traggo ispirazione da un piatto di uno chef che ho avuto il piacere di gustare ed apprezzare più volte, essendo un suo cavallo di battaglia, sempre presente in carta: i voluttuosi calamari all'amatriciana  di Angelo Torcigliani de Il Merlo di Lido di Camaiore. Non avendo trovato  i calamari il giorno in cui volevo eseguire il piatto, ho ripiegato sulle seppie e non mi sono pentita. Anzi, le seppie mi hanno offerto delle idee per personalizzare la combinazione: avrei usato il nero di seppia e  avrei aromatizzato le seppie con ingredienti che omaggiano la livornesità come aglio e salvia, binomio base imprescindibile del risotto al nero e delle seppie con le bietole, così come del cacciucco.
Indecisa su due versioni, le ho preparate entrambe. La prima che presento qui è la prima a cui ho pensato, dove la salsa al nero di seppia gioca con il dripping,  omaggio a Pollock e a Marchesi soprattutto. La seconda invece è un'imitazione della pasta alla carbonara dove la pasta è costituita dalle seppie e il nero di seppia si trasforma in caviale: TAGLIATELLE DI SEPPIE E ASPARAGI ALLA CARBONARA CBT 


Ma veniamo al Pollock di seppie alla carbonara cbt. Il calamaro  del Torcigliani  viene spadellato e servito su una cremosa salsa d'uova e pecorino, il tutto viene cosparso con briciole di guanciale croccante. Io invece ho cotto le seppie a bassa temperatura, poi le ho fatte tostare su una piastra, ho accompagnato la salsa alla carabonara con guanciale rosolato dolcemente, dorato ma ancora morbido. Il lato croccante è garantito dalle cotenne soffiate, altra aggiunta mia, suggerita comunque dall'autore della salsa alla carbonara, vedi qui sotto. Ho inoltre servito a parte degli asparagi in cbt che mi ero dimenticata nella foto. Quindi al posto delle foglioline di salvia, fate finta che ci siano delle punte di asparagi, l'effetto cromatico è lo stesso e sull'abbinamento uova e asparagi non si discute!


Per la salsa alla carbonara, da cui è partito tutto questo progetto, ho studiato e seguito scrupolosamente le indicazioni di uno chef che ho scoperto on line, un vero guru della CBT Marco Pirotta che presenta così sui social la sua ricetta e mi ha divertita oltre che incuriosita:

LA CARBONARA CBT (ricetta pro in versione definitiva)


Non credevo in tanto interesse nella carbonara CBT, ma evidentemente mi sbagliavo.
In ogni caso non mi faccio trovare impreparato e oggi, rullo di tamburi, esco la ricetta.
Questa cosa provocherà degli effetti che si distingueranno sostanzialmente in 2 filoni:

1) Gli entusiasti, con la mente aperta, potranno godere di questo immenso regalo (frutto di qualche anno di prove e studi) a costo zero. ZERO

2) I tradizionalisti dagli orifizi celebrali opercolati (come le lumache in letargo) che non perderanno occasione per donarci il loro prezioso punto di vista. In omaggio avranno un tradizionalissimo BAN.

Date le opportune premesse, ora mi sento pronto per illustrarvi la ricetta, che per inciso è composta da TRE ricette.
Ognuno dei procedimenti e degli ingredienti elencati nella ricetta sono fondamentali per la riuscita della CARBONARA CBT e gli ingredienti non sono messi li per caso, sono, come ho detto, frutto di molte e molte prove.
Quindi non rompete le scatole con “ma se non metto questo o quello”? “tutto questo lavoro per una carbonara”? perché la risposta non sarà certo come ve la aspettate e soprattutto, non rompete le scatole.
I vantaggi di avere questa preparazione a disposizione sempre e in quantità sono innumerevoli, oltre ovviamente ad essere particolarmente buona. Scopriteli da soli.
E’ una ricetta che segue pedissequamente tutti i dettami della CBT in modo preciso e rigoroso.
Un piccolo consiglio buono per tutti: infilare nella busta gli ingredienti della ricetta tradizionale e cuocerli in un roner non è fare CBT, bensì è invece la miglior strada per combinare un pasticcio. E questa ricetta ne è un esempio significativo.
Le tre ricette andranno preparate nella sequenza indicata. Prendetevi del tempo e organizzatevi per bene.
1) GUANCIALE CBT (da mettere sul piatto finito)
2) ESSENZA DI GUANCIALE CBT (ingrediente fondamentale che porta il sapore del guanciale e la sua succulenza all’interno della salsa carbonara CBT)
3) SALSA CARBONARA CBT (la grande protagonista)


A dire il vero, sono arrivata a Pirotta tramite il  sito CucinaLi  che spiega la ricetta minuziosamente, corredandola di tutte le foto dei passaggi,  e suggerisce alcuni utili trucchetti da adottare in mancanza di strumentazione professionale adeguata. Infatti questa ricetta nasce dall'esigenza di organizzazione della linea e della massimizzazione dei tempi di cucina dei ristoranti. Le dosi indicate sono per 10-12 porzioni. Io ho fatto le debite proporzioni adattandola a  2 porzioni abbondanti ma tornassi indietro, vista la laboriosità e in virtù anche dell' ottimizzazione del consumo energetico, ne preparerei almeno la metà indicata da suddividere in tante porzioni e conservare in freezer.

Pronti? Programmiamoci per tempo e via! Di seguito trascrivo la ricetta originale con le mie annotazioni in corsivo

RICETTA CARBONARA CBT (DOSE PER 10/12 porzioni) di Marco Pirotta io ho diviso per 10 e moltiplicato per 2

1) GUANCIALE CBT
Ingredienti:
1 kg di guanciale di maiale stagionato, con la cotenna - in questo caso io ne ho fatto la metà
Procedimento:
Lava e spazzola il guanciale sotto l’acqua corrente affinché tutto il pepe in superficie si sia lavato via. Asciugalo e separa la cotenna con un coltello ben affilato e para il guanciale levando tutti i bordi ingialliti e la parte con il pepe, dandogli una forma squadrata. Tieni da parte la cotenna e tutti i ritagli ottenuti dalla pulitura.
Condiziona sottovuoto il guanciale e cuocilo a 68°C per 24 ore, dopodiché abbatti a +3°C
questo passaggio serve a far perdere parte del grasso e ad ammorbidire il guanciale. Io l'ho omesso perché non volevo un guanciale morbidone da amalgamare nella salsa come si fa quando si manteca la pasta, ma lo volevo croccante da mettere sopra. Ma chi volesse provare l'originale dello chef...

2) ESSENZA DI GUANCIALE CBT una vera figata!
Ingredienti:
le cotenne e i ritagli del guanciale tutto tagliato in piccoli pezzi (saranno circa 200/250g) io ho ottenuto 100 g di ritagli e 60 g di essenza
acqua fredda semi ghiacciata - GHIACCIO fatto con acqua minerale naturale, per chi ha una macchina sottovuoto casalinga che non riesce a sottovuotare i liquidi come una macchina professionale a campana

Procedimento:
Pesa le cotenne e i ritagli del guanciale e condizionali sottovuoto con ghiaccio di pari peso, cuoci a 85°C per 12 ore e a fine cottura, a caldo, separa i liquidi dalle parti solide con un setaccio a rete finissima. Abbatti i liquidi a 3°C  (immergendo la busta in acqua e ghiaccio e poi riponendo in frigorifero, in mancanza di abbattitore) e successivamente elimina la parte grassa che si formerà per decantazione sulla superficie (le cotenne saranno perfette due possibili preparazioni: seccarle e soffiarle oppure usarle per cuocere un godurioso piatto di fagioli con le cotiche). Conserva la parte acquosa sottostante, che sarà appunto l’essenza di guanciale. Se non intendi utilizzarla subito per fare la salsa carbonara CBT puoi anche conservala sottovuoto a -18°C fino al momento dell’utilizzo

Per limitare l'evaporazione...


3) SALSA CARBONARA CBT (le mie dosi in corsivo)
Ingredienti:
250g tuorli d’uovo - 50 g
220 g essenza di guanciale fredda (ricetta precedente) - 44g
60 g pecorino romano grattugiato - 12g
60 g parmigiano reggiano grattugiato - 12g
10 g amido di mais - 2g
10 g amido di riso - 2g
Procedimento:
Unisci tutti gli ingredienti in una caraffa graduata e omogeneizzali con un frullatore ad immersione senza però incorporare aria. Trasferisci il composto in una vaschetta bassa e sgasa il composto usando il sottovuoto o lasciandolo  in frigorifero per un'ora, scoperto, in modo da perdere aria.  Una volta sgasato trasferisci il composto in una grossa busta da cottura e raffreddala fino che arrivi a 0°C. Questo passaggio ti servirà per ottenere il sottovuoto perfetto. Condiziona sottovuoto* e cuoci a 66°C per 1 ora e 30 minuti, mescolando (questa non l'ho capita) il contenuto della busta ogni 15 minuti. A fine cottura abbatti a 3°C. (immergendo la busta in acqua e ghiaccio e poi riponendo in frigorifero, in mancanza di abbattitore) 
* Trucchetto per sottovuotare i liquidi o le salse in mancanza di campana: congelare la salsa e poi infilarla nella busta e creare il sottovuoto oppure sigillare la busta della salsa, infilare la busta in una busta più grande e creare il vuoto. 




Al momento di utilizzarla, se vuoi ottenere un risultato dannatamente vellutato, puoi frullarla per pochi secondi, ma in realtà se l’hai fatta bene sarà già sufficientemente liscia. Devo dire che era cremosa perfetta, da non resistere ad aprire la busta e mangiarsela a cucchiaiate

Per la pasta seguite il resto delle istruzioni qui

COTENNE SOFFIATE

Fate essiccare le cotenne cotte sottovuoto per una notte a 60 ° C, infine spezzettatele, mettetele in un sacchettino di carta per alimenti e fatele soffiare in microonde a colpetti di 20-30" a seconda dello spessore e toglietele comunque appena smettono di scoppiettare.

PER LE SEPPIE

per 2 persone
4 seppie fresche da ca 200 g cad (se ve le fate pulire dal pescivendolo, fatevi mettere da parte i sacchettini di inchiostro)
1 foglia di alloro
4 foglie grandi di erba salvia
1 rametto di timo
2 cucchiai di vino bianco tipo sauvignon (acidità per smorzare il dolce delle seppie e note vegetali che si accordano con le erbe)
1 cucchiaino di aglio in polvere
1 cucchiaio di olio evo
1/2 cucchiaino di sale fino

Tritate le erbe, mescolate tutti gli ingredienti e fatevi  marinare i corpi e i tentacoli delle seppie per ca 30'. Sgocciolatele, infilatele i corpi e i tentacoli in due buste separate. Cuocete nel roner a 66° C per 2 h i corpi delle seppie e 2 h 30 i tentacoli (si possono cuocere insieme alla salsa se si dispone di un contenitore capiente)

PER LA SALSA AL NERO
2 vesciche di inchiostro di seppia
120 ml di acqua
1 cucchiaino di colatura di alici di Cetara
1 cucchiaio d'olio
1/2 cucchiaino di xantana
Aprire le vesciche, estrarre il nero, diluirlo con l'acqua, far addensare a fuoco dolce. Infine insaporire con la colatura. Inserire nel bicchiere di un frullatore ad immersione con la xantana e l'olio, emulsionare fino ad ottenere una salsa liscia, vellutata, consistente ma fluida. 

FINITURA E COMPOSIZIONE PIATTO
40 g di guanciale
un mazzetto di asparagi verdi fini (mancano in foto, sorry)

Tagliare qualche strisciolina dal guanciale, farlo rosolare dolcemente in padella senza grassi. Appena inizia a dorare, toglierlo e farlo sgocciolare su carta assorbente.
Estrarre le seppie dalle buste, tostarle brevemente su una piastra appena velata d'olio evo.
Rigenerare la salsa a bagno maria 60-80° C per 10' - Versarla in un padellino già caldo, diluire, a fuoco spento,  con un pochino di acqua calda, se fosse troppo densa. Versarla a specchio sui piatti da portata, fare un dripping con la salsa al nero di seppia tiepida o a temperatura ambiente, adagiarvi le seppie, guarnire con il guanciale croccante e le cotenne soffiate. Aggiungete anche delle punte di asparagi abbastanza fini, cotti sottovuoto a 85° C per 30'. Dare un bel giro di pepe nero macinato al momento.

NOTE: una porcata galattica. E' un piatto di una golosità pazzesca. La salsa è notevole davvero. Quell'essenza di guanciale fa la differenza, come sottolineava il suo inventore. Sapida e cremosa al punto giusto, perfetta sul dolce delle seppie, leggermente caramellate per via della tostatura e profumate dalle erbe e dall'aglio della marinata. La salsa al nero è gustosa e abbastanza delicata, quindi non aumenta la sapidità ma la asseconda. I due elementi croccanti che ve lo dico a fa...un peccato di gola che ci si può concedere di tanto in tanto. E, come ho già scritto, sull'abbinamento uova- asparagi, non si dicute.
Un piatto che mi ha divertita e commossa, non pensavo che sarei riuscita in una tale impresa!!
Ma andata a sbirciare anche le tagliatelle di seppia e asparagi alla carbonara, anche quelle hanno regalato belle soddisfazioni sia al mio  palato che al mio ego ;-)





Viewing all 470 articles
Browse latest View live